Home Blog Page 7

Il Fico bianco del Cilento: simbiosi tra prodotto e territorio

Il fico bianco del Cilento è tra i prodotti che meglio riesce a raccontare questo territorio, le sue tradizioni e la sua identità culturale e gastronomica.

Vediamo brevemente la sua storia e scopriamo le caratteristiche di questo prodotto così strettamente legato al suo territorio di produzione.

Un po’ di storia

Il fico è una pianta conosciuta e coltivata già dai popoli antichi e indicata nell’Antico Testamento, insieme alla vite, come simbolo di fertilità. In Grecia i frutti del fico erano considerati “degni di nutrire filosofi e oratori”. Furono molto apprezzati anche dai Romani che probabilmente hanno contribuito alla loro diffusione e coltivazione nei paesi del Mediterraneo. Nel Cilento, sembra essere stato introdotto prima del VI secolo a.C. ad opera dei coloni greci, che proprio in questo territorio fondarono le prime città. Filosofi e poeti romani come Catone e Varrone ne decantavano le qualità e raccontavano che i fichi essiccati erano usati come alimento dagli operai che lavoravano nei campi.

Il “Quaterno doganale delle marine del Cilento” del 1486 documenta una fiorente produzione e commercializzazione di fichi secchi destinata ai principali mercati italiani. È così che da “pane per i poveri” diventano un prodotto di valore, importante fonte di reddito per le popolazioni locali.

La coltivazione del Fico Bianco nel Cilento

Nel Cilento, in particolare, viene coltivata la varietà Dottato, conosciuta come Fico Bianco del Cilento. Questa pianta è riuscita ad esprime le sue qualità grazie a questo territorio, ai fattori ambientali e climatici che lo contraddistinguono, che hanno reso il frutto un prodotto unico e di grande pregio. Grazie alla facilità di coltivazione e alla resistenza ad agenti fitopatogeni, la sua coltura, sia specializzata che consociata, ha trovato e continua ad avere ampio spazio. Infatti la coltivazione di fichi è stata ed è sempre più parte integrante del paesaggio e dell’ambiente rurale, di cui ne è espressione.

I riconoscimenti come D.O.P. e presidio Slow Food

Il Fico bianco del Cilento, varietà Dottato, può essere consumato fresco ma è considerato il migliore al mondo per l’essiccazione. Dal 2006 il Fico Bianco del Cilento, riferito al prodotto secco, è diventato una D.O.P.. La zona di produzione si trova a sud di Salerno e comprende 68 comuni, che ricadono quasi tutti nel Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano.

I frutti vengono raccolti a mano dalla fine di agosto fino a settembre inoltrato, quando la fase di essiccazione è già avviata sulla pianta. Vengono disposti su graticci di canna e  lasciati al sole per un periodo variabile in base al punto di maturazione e alla pezzatura. In questa fase vengono girati più volte per far si che l’essiccazione naturale del frutto avvenga in maniera omogenea. Durante la notte, nei giorni umidi o di pioggia vengono protetti in appositi locali per evitare che si deteriorino o ne venga compromessa l’integrità.

Il fico monnato di Prignano Cilento è un presidio Slow Food e riunisce i pochi produttori che praticano questa complessa lavorazione seguendo un disciplinare basato sui principi dell’agricoltura biologica. Si tratta di un’eccellenza di questo territorio che ha caratteristiche di grande pregio. I produttori sbucciano i fichi appena raccolti, facendo attenzione a non incidere la polpa, prima di metterli ad essiccare. Da qui il nome monnati che vuol dire mondati, sbucciati. Il colore dei fichi secchi monnati è bianco latte con leggere sfumature color crema, il loro sapore è molto intenso, la loro consistenza morbida.

Le proprietà nutrizionali dei fichi secchi

I fichi Bianchi del Cilento contengono le vitamine A, B1, B2, PP, C e sono ricchi di sali minerali come potassio, calcio, magnesio, fosforo e ferro. Sono fonte di antiossidanti come il beta-carotene e il licopene che combattono i radicali liberi e proteggono l’organismo dalle malattie degenerative. La presenza di fibre favorisce la digestione e contribuisce al controllo del colesterolo e della glicemia. Proprio per tali proprietà Ancel Keys, che visse in Cilento e qui coniò il termine di Dieta Mediterranea come stile di vita, mangiava due fichi secchi ogni sera prima di andare a dormire.

La lavorazione dei fichi secchi

I fichi secchi vengono consumati al naturale o trasformati in tanti modi che deliziano il palato. Possono essere farciti con mandorle o noci e aromatizzati con bucce di agrumi, semi di finocchietto, cannella e foglie di alloro. Sono molto apprezzati quelli ricoperti al cioccolato, al cacao o immersi nel rhum. Grandi classici sono quelli in foglia di fico o maritati. Ogni azienda propone una o più specialità come il salame, capicollo o soppressa di fichi, la melassa, distillato o vino aromatizzato ai fichi. Secondo la tradizione sono ampiamente consumati e regalati soprattutto nel periodo natalizio come dolce di fine pasto.

I fichi in cucina

I fichi sono ottimi da mangiare come frutto, sia freschi che secchi. Trovano ampio spazio nella cucina, nella panificazione e nella pasticceria. Partendo dall’antipasto, dove i fichi freschi sono serviti con prosciutto, formaggio caprino e miele, o con formaggi importanti e saporiti, si passa ai primi, come i ravioli ai fichi, oppure secondi a base di carne cotta in foglia di fico o arricchita con salsa ai fichi. Innumerevoli sono i dolci in cui è possibile assaporarli: cannoli o torta con ricotta e fichi, crepes e crostate con marmellata di fichi, torte e tiramisù ai fichi, ciambella e biscotti con fichi, noci e cioccolato.

Settembre è il mese in cui il Fico Bianco del Cilento viene celebrato nel suo territorio di produzione attraverso varie manifestazioni che si svolgono nel borgo di Giungano, Orria e San Mauro Cilento. Non vi resta che segnare le tappe per scoprire nuovi luoghi e sapori.

Le mandorle

0

Le mandorle sono il seme commestibile del mandorlo. La loro produzione in Italia avviene soprattutto in Sicilia, Puglia e Calabria.

Proprietà

Secondo alcuni nutrizionisti, mangiare mandorle aiuta a velocizzare i tempi con cui i carboidrati si trasformano in zuccheri. Le fibre contenute contribuiscono a mantenere in equilibrio i livelli di zucchero nel sangue. Le mandorle sono molto ricche di fibre, calcio, potassio, proteine, minerali e in particolare di vitamina E. Esse sono un potente antiossidante, hanno la capacità di difendere il nostro organismo dall’azione dei radicali liberi,  perchè ricche di grassi mono-insaturi, ossia i grassi “buoni”.  Sebbene siano un alimento calorico, in alcuni regimi alimentari sono consigliate come spuntino spezza appetito. Il segreto delle proprietà benefiche di questa frutta a guscio, potrebbe essere racchiuso nella loro buccia. Le mandorle hanno un indice glicemico estremamente basso e per questo motivo, sono indicate nei pazienti con diabete, per la prevenzione del cancro e delle malattie cardiovascolari. Recenti studi hanno dimostrato che poche mandorle prima di mangiare un pasto ricco di amido, riducono i livelli di glucosio. L’assunzione di circa 20-30 grammi (15 mandorle) apportano il fabbisogno necessario per una corretta e sana alimentazione soprattutto se mangiate con la loro buccia.

Usi delle mandorle

Le mandorle per le loro proprietà organolettiche, sono un alimento preziosissimo e versatile. Ottime nella preparazione di dolci, torroni, bevande vegetali, nelle ricette salate e  nei liquori. Hanno un ruolo molto importante anche nella cosmetica per il loro olio emolliente e lenitivo, prevenendo anche le smagliature. Lo si trova spesso in alcune creme, saponi e bagnoschiuma ed è usato anche per capelli secchi o sfibrati.

Prodotti a base di mandorle

In commercio si trovano mandorle essiccate, al naturale o con l’aggiunta di sale e zucchero, con la buccia oppure senza. Molto famosa è la pasta di mandorle in Sicilia, che è stata inserita nella lista dei prodotti tradizionali italiani. L’uso della pasta di mandorle è famosa nella produzione dei pasticcini tipici siciliani. Anche la farina a base di questi semi,  trova impiego per alcuni tipi di alimentazione: quella celiaca, perché non contiene glutine e per quella vegana, grazie all’elevato apporto di proteine.

 

 

Il Ramadan: un mese di spiritualità e digiuno

0

Il Ramadan: un momento di riflessione e purificazione

Il Ramadan è uno dei cinque pilastri dell’Islam ed è il mese sacro dei musulmani, in cui il Corano fu rivelato al profeta Maometto. Il Ramadan è il nono mese del calendario islamico e segna l’inizio della rivelazione del Corano al profeta Maometto. Durante questo mese, i musulmani digiunano dalle prime luci dell’alba fino al tramonto, astenendosi dal cibo, dalle bevande e dal fumo. Rappresenta una forma di purificazione del corpo e dell’anima, ma anche un modo per dimostrare la propria devozione.

Significato e pratiche del Ramadan

Il significato del Ramadan è profondo e rappresenta l’importanza della disciplina e della devozione nell’Islam. Il digiuno è considerato una forma di auto-controllo e rinuncia alle tentazioni, in modo da concentrarsi sulla preghiera e sulla connessione con Dio.

Durante il Ramadan, i musulmani si svegliano presto per la preghiera del Fajr e consumano l’ultimo pasto prima dell’alba, noto come Sahur. Durante il giorno, non possono mangiare, bere o avere relazioni sessuali. La rottura del digiuno avviene al tramonto, con il pasto notturno chiamato Iftar. I musulmani invitano spesso parenti e amici a condividere il pasto con loro e a celebrare la fine del digiuno.

Inoltre, durante il Ramadan, i musulmani cercano di essere più generosi e di fare opere di bene, come la carità e la beneficenza. È un momento in cui la comunità musulmana si unisce per pregare e condividere la propria fede. Molte moschee offrono servizi di preghiera speciali e attività comunitarie durante questo periodo.

In conclusione, il Ramadan è un momento sacro e importante per i musulmani in tutto il mondo. Rappresenta un periodo di rinuncia, preghiera e spiritualità, in cui i fedeli cercano di avvicinarsi a Dio e di impegnarsi in azioni buone. È un’occasione per riflettere sulla vita, la fede e la generosità, e per rafforzare i legami con la comunità musulmana.

 

Uber Eats e Ramadan: il marketing dietro la religione

Dal 22 marzo per gli islamici è iniziato il Ramadan, trenta giorni di digiuno dall’alba al tramonto con l’astensione anche dell’acqua. L’astinenza termina ogni giorno al tramonto con l’Iftar, ed è proprio con il pasto serale che Uber Eats ha trovato una strategia di marketing. In particolare, ha dato inizio alla campagna ‘Iftar incoming‘: delle affissioni digitali per aggiornare le persone sull’inizio dell’Iftar e ricordare di prenotare il proprio pasto su Uber Eats da quell’ora.

Che cos’è Uber Eats

Uber Eats è un servizio di consegna di cibo a domicilio lanciato da Uber Technologies Inc. nel 2014, un’azienda multinazionale americana che opera nel settore dei trasporti e dei servizi di ride-sharing fondata nel 2009 a San Francisco, in California. Nato come progetto pilota per testare la consegna di cibo a domicilio, Uber Eats si è espanso prima a livello nazionale negli Stati Uniti e in seguito in 45 paesi in tutto il mondo, diventando uno dei principali servizi di consegna di cibo a domicilio a livello internazionale.

Come funziona

Uber Eats permette ai clienti di ordinare cibo dai loro ristoranti preferiti tramite un’applicazione mobile. Basta scaricare l’app, registrarsi e scrivere l’indirizzo di consegna e scegliere il ristorante da cui ordinare. Il cibo preparato viene consegnano ai clienti attraverso la rete di conducenti Uber, che utilizzano le loro auto o biciclette per effettuare le consegne.

La campagna Iftar Incoming

In questi giorni, tra le strade delle principali città del Regno Unito, si possono notare delle affissioni digitali con la scritta ‘Iftar incoming’ e un orario che varia ogni giorno da città in città. È la nuova campagna DOOH di Uber Eats per riconoscere i clienti della piattaforma che rispettano il mese sacro del Ramadan. Ogni giorno l’affissione digitale viene aggiornata con i nuovi orari del tramonto per ricordare alle persone a che ora inizia il pasto serale e quindi, quando ordinare il proprio cibo.

L’obiettivo della campagna

Il responsabile del marketing EMEA ha dichiarato che:

“la campagna del Ramadan non solo celebra i fantastici piatti che sono al centro delle cene Iftar, ma ricorda anche ai clienti musulmani la data e gli orari Iftar specifici della città in modo che possano programmare le loro consegne per gustare deliziosi pasti Iftar”. 

I piatti di cui parla Can Akar, e che vengono mostrati sulle affissioni, sono quelli più caratteristici e popolari tra le comunità musulmane in tutto il Regno Unito e provenienti da diverse regioni islamiche globali quali anguria, fattoush e datteri.

Le strategie di Marketing di Uber Eats

Con questa iniziativa il brand si vuole posizionare in un mercato che rispetta e include le diverse religioni, soddisfacendo anche le loro esigenze. Ma è davvero così? Diciamo che Uber Eats ha agito più di strategia che di buon senso, ha sfruttato un mese sacro per spingere le persone a scegliere il suo di brand e non acquistare dai competitor. Oltre a questa campagna ‘digital out of the home’, l’azienda ha sempre sviluppato diverse strategie di marketing durante questo periodo per attirare nuovi clienti, nello specifico:

  • Ha creato una sezione speciale per il Ramadan nella sua app, dove i clienti possono trovare ristoranti che offrono pasti speciali per l’Iftar.
  • Ha lavorato con i ristoranti per creare menu speciali per il Ramadan, che offrono piatti tipici della cucina araba e del Medio Oriente come il falafel, l’hummus e il tabbouleh. Ci sono anche opzioni per i dessert tradizionali come il baklava e il kunafa.
  • Punta sulla stanchezza dei musulmani che si sentono affamati dopo una giornata di digiuno. Ordinare il cibo a casa propria consente loro di risparmiare tempo e di concentrarsi sulla preghiera e la riflessione.
  • Offre un servizio di consegna rapido e affidabile, garantendo che i pasti arrivino a destinazione in tempo per la cena dell’Iftar.

Inclusione o ingegno?

Uber Eats davvero fa tutto ciò per includere le diverse religioni? È quello il suo scopo principale? Di certo la strategia di marketing dell’azienda per il Ramadan rappresenta un esempio di come le imprese possono sfruttare gli eventi religiosi per promuovere la propria attività, acquisire nuovi clienti e aumentare i ricavi. Insomma, ogni occasione è buona per fare marketing.

 

 

 

Vini ancestrali: il metodo

0

Il significato del termine “ancestrale” rimanda a qualcosa che ha una lunga storia e radici nel passato. Di solito viene utilizzato per descrivere pratiche culturali, credenze, conoscenze o legami di famiglia. Evoca un senso di rispetto e reverenza per ciò che è stato tramandato dai nostri antenati e per la conoscenza e la saggezza che hanno acquisito durante la loro vita. Ma perchè questo termine è usato per determinare una tecnica vinicola? Cosa sono i vini ancestrali?

Vini ancestrali significato

Ecco perché il vini ancestrali possono essere visti come un omaggio alle radici della cultura vinicola. Si riferisce a un tipo di vino che viene prodotto utilizzando tecniche che spesso prevedono l’uso di lieviti selvaggi, fermentazioni naturali e/o l’invecchiamento in botti di legno. L’aggiunta di sostanze chimiche o di altri ingredienti moderni viene raramente utilizzato. Questo tipo di vino viene considerato di alta qualità grazie alla sua produzione artigianale e al rispetto delle tecniche tradizionali, che mantengono le caratteristiche naturali dell’uva e della fermentazione.

Nascita e sviluppo del metodo  

Si crede che l’origine dei vini ancestrali possa risalire all’antica Roma: ci sono prove che particolari anfore, dotate di una doppia maniglia e di una struttura in piombo, venivano utilizzate per mantenere una pressione di un’atmosfera all’interno del contenitore, in modo da rendere il vino “titillans“.

Sviluppatosi poi in Francia dai monaci di St-Hilaire nel 1531 nella regione nel dipartimento dell’Aude noto come Vin de Blanquette. Con l’invenzione della pressa per il vetro e all’abbassamento del costo dello zucchero, il metodo ancestrale venne abbandonato. 

Nel 1824, la produzione di champagne con il metodo ancestrale fu addirittura vietata in Francia a favore del nouveau méthode de champagne, che sarebbe stato utilizzato in tutta Europa. 

Nel 1938 il vino méthode rurale fu riconosciuto come una denominazione AOC separata, chiamata Blanquette méthode ancestrale.

Il metodo per la produzione di vini ancestrali

Il metodo per la produzione di vini ancestrali è una tecnica di produzione di vino frizzante e di spumante.

La prima fermentazione

La prima fermentazione avviene in vasche di acciaio inox. La temperatura è molto importante ed è per questo che viene controllata costantemente. Dopo questa prima fase si abbassano le temperature, la fermentazione si blocca e i lieviti interrompono il nutrimento dello zucchero.

La seconda fermentazione

La seconda fermentazione avviene naturalmente all’interno della bottiglia, grazie ai lieviti presenti nell’uva, e il processo di autolisi delle fecce contribuisce a sviluppare il carattere e il profilo aromatico del vino. 

Il mosto continua la sua fermentazione all’interno della bottiglia per un certo periodo di tempo, solitamente da 6 a 18 mesi. 

Le temperature si alzano e i lieviti ripartono con il consumano degli zuccheri, producendo anidride carbonica che rimane intrappolata nella bottiglia. Questo processo crea la pressione all’interno della bottiglia che conferisce effervescenza.

Avverrà dunque, quella che nel metodo classico è chiamata: presa di spuma, ma le bollicine saranno più delicate e meno aggressive. Questo perché durante la fermentazione i lieviti hanno consumato meno zucchero rispetto alla stessa fase del processo di vinificazione del metodo classico.

Il vino, dopo la seconda fermentazione, non viene sottoposto ad una serie di operazioni come la rimozione dei lieviti morti chiamata sboccatura e dunque il vino risulta quasi torbido. Il tappo di sughero viene sostituito con un tappo di metallo chiamato capsula. 

I vini metodo ancestrale sono conosciuti anche con la dicitura “sur lies” (sui lieviti) o “col fondo“.

Il metodo ancestrale in Italia

Il metodo ancestrale era già noto in Italia nei primi anni del ‘900 in Emilia Romagna, Marche, Veneto e Valle d’Aosta. Negli ultimi anni la domanda dei consumatori è cresciuta in modo esponenziale. Questa tecnica, infatti, valorizza la varietà ampelografica della penisola, ricca di vitigni autoctoni.

Le aziende vitivinicole sfruttano così al meglio le potenzialità dei loro vitigni e creano spumanti che sono espressione del territorio in cui nascono, con una buona acidità e mantenendo un grado alcolemico basso.

E’ importante notare che il termine “vino ancestrale” non è strettamente regolamentato e può essere usato in modo improprio da alcuni produttori per cercare di sfruttare la crescente popolarità. Tuttavia è sempre consigliabile fare ricerche approfondite sui produttori e sulla loro filosofia di produzione prima di acquistare un vino che si presenta come “ancestrale”.

La Morte della Critica Gastronomica: Cosi continua L’Ottimo Cibo

 

Perché arriva la morte della Critica Gastronomica?

Ma cosa perde il pubblico quando diminuisce il numero di critici gastronomici schietti e premurosi? Alcuni potrebbero obiettare che la maggior parte dei frequentatori di ristoranti in questi giorni preferisce Google, Yelp ed  Instagram.

Che cercano per punti rapidi sul menu e l’atmosfera, e si preoccupa meno della qualità, del metodo di preparazione del contesto storico del cibo stesso.

La verità sulle recensione

Le recensione sul cibo sono davvero per il pubblico, quindi, o semplicemente una camera di eco all’interno del settore, che fornisce foraggi agli investitori nemici su cui ridacchiare?

Le recensione dannose sui ristoranti potrebbero non scoraggiare nemmeno i clienti dall’effettuare una prenotazione. Diversi ristoranti rimangono costantemente affollati nonostante le recensione critiche degli “esperti”. C’è stato un tempo in cui le recensione critiche dei ristoranti creavano letture di odio cliccabili. Ma anche quelli hanno perso il loro “appeal”.

Food Blogger

Negli ultimi dieci anni, l’afflusso di food bloggers su Instagram e altri social media e piattaforme di recensione online come Google, Yelp e TripAdvisor hanno cambiato la natura di critica alimentare.

A differenza dei critici gastronomici, le recensione pubbliche online possono affermare se i commensali civili hanno trovato un pasto semplicemente buono o cattivo. Senza necessariamente spiegare, o addirittura capire, perché si sono formate tale opinioni.

In altri casi, le recensione online fungono da rapida panoramica delle offerte del menu, del servizio e dell’atmosfera del ristorante, spesso basandosi su foto senza alcuna valutazione scritta da parte di esperti del cibo reale.

Diversi Blogs pubblicano contenuti di ristoranti ricchi di decorazione che possono includere immagini di determinati piatti, ma non recensiscono il cibo stesso.

Nuova Prospettiva dei Ristoratori

I proprietari dei ristoranti sembrano sapere che i recensori apprezzano tanto l’estetica quanto il gusto, e ora progettano i loro ristoranti pensando su Instagram.

Sebbene la presentazione ponderata di cibo e bevande non sia una novità nel mondo della ristorazione, i social media stanno facendo pressione su proprietari e designer affinché pensino a ciò che è visibile intorno ai piatti di cibo evidenziati in innumerabili feed di foto.

Le Mancanze

Questo cambiamento di attenzione può essere attribuito alla mancanza di esperienza. Tutti pensano di poter scrivere di cibo e spesso non hanno il “background”. L’ esperienza ed avere studi formali in questo settore sono essenziali perché e fondamentale aver imparato una vasta gamma di abilità culinarie e competenze scientifiche.

C’è cosi tanta scienza nella tecnica alimentare e nella comprensione di come le cose funzionano insieme. Non avere quella formazione e non avendo un metodo scientifico applicabile alla ristorazione con tutte le variabili socioeconomiche e culturale, essere solo un bravo cuoco non ti porta da nessuna parte.

by

Jose Antonio Del Rivero

I fiori eduli: quali sono e come si usano

La primavera è arrivata. Proviamo a portare in tavola i suoi colori e i suoi profumi. In che modo? Usando i fiori eduli. Scopriamo quali sono e come si usano.

I fiori eduli, meglio conosciuti come fiori commestibili, possono essere usati in cucina per arricchire tanti piatti, o come ingrediente principale di tante ricette. Sono impiegati nella pasticceria per guarnire torte e dolci ma anche nella preparazione di bevande o come tocco finale nella decorazione di alcuni cocktail.

I fiori eduli: dove trovarli e come sceglierli

Non tutti i fiori sono commestibili, anzi, alcuni sono velenosi, ed è per questo che bisogna conoscerli e sceglierli attentamente. Quelli che compriamo dal fioraio non possono essere usati perché sono trattati con prodotti chimici. Nemmeno quelli che si raccolgono nei giardinetti o ai margini delle strade sono sicuri. Il metodo più semplice per trovare i fiori eduli è acquistarli on line o nel reparto frutta e verdura di molti supermercato. Chi ha il pollice verde o è appassionato può pensare di coltivare quelli che preferisce nel proprio giardino o sul terrazzo. In genere, la parte edibile dei fiori sono i petali, quindi gambi e pistilli vanno rimossi. In caso di dubbi è sempre meglio consultare una guida specifica, Internet, oppure scaricare un’applicazione. Tra le tante c’è PlantNet o Pl@ntNet che in generale, aiuta a riconoscere le piante tramite una foto da smartphone.

Le tipologie di fiori commestibili

Fare un elenco completo di tutti i fiori commestibili non è semplice. È possibile distinguerli in base alla tipologia di pianta alla quale appartengono ma anche in base al gusto che li caratterizza.

I fiori eduli dell’orto

I fiori di zucca e i fiori di zucchina sono i fiori dell’orto più conosciuti, protagonisti di tante ricette estive. Ci sono anche altri ortaggi comunemente usati in cucina dei quali, in realtà, mangiamo le infiorescenze come i broccoli, i cavolfiori e i carciofi. Il cappero è una pianta coltivata esclusivamente per i boccioli dei suoi fiori. Sono fiori commestibili anche quelli di alcune varietà di aglio, porro, erba cipollina e cipolla, che hanno un sapore prelibato e un odore caratteristico.

I fiori delle piante aromatiche

I fiori delle piante aromatiche mantengono il sapore delle foglie perché hanno gli stessi oli essenziali e, anche se piccoli, possono essere usati in cucina in tante preparazioni. È il caso di menta, rosmarino, origano, basilico, coriandolo, aneto, finocchietto, senape, salvia e lavanda. I fiori di lavanda, ad esempio, hanno un sapore molto simile a quello del rosmarino e sono usati sia nelle ricette dolci che salate, così come nella panificazione. Da non dimenticare i fiori di zafferano di cui si usano solo gli stimmi.

I fiori eduli distinti per il loro sapore

Oltre all’aspetto gradevole e colorato, i fiori eduli hanno un sapore più o meno intenso che li contraddistingue.

I fiori dal sapore dolce, sono adatti soprattutto nella preparazione e decorazione di torte, biscotti, gelati e dolci. Tra i tanti si possono elencare:

  • angelica, con un sapore simile alla liquirizia, è usata per dolci al cucchiaio;
  • bella di giorno, fiore usato crudo nelle insalate o per decorare torte;
  • camomilla, oltre che per gli infusi si usa per decorare torte;
  • finocchio, dal leggero sapore di liquirizia;
  • gelsomino, usato per aromatizzare il tè ma anche biscotti e muffin;
  • garofano, dolce e profumato come il suo aroma;
  • geranio, i cui petali sono usati per semifreddi, sorbetti, liquori, marmellate e anche per accompagnare formaggi;
  • rosa, fiore noto per i suoi petali profumati, usati per decorare tante ricette ma anche per realizzare dolci e marmellate;
  • trifoglio, dolce con una nota di liquirizia;
  • violetta, delicata e floreale, ideale per gelati, confetture e insalate, i suoi petali possono anche essere canditi;
  • fiori di agrumi – limone, arancio, pompelmo, lime – dolci e dal profumo intenso.

Fiori piccanti pungenti e pepati.  Sono usati per arricchire insalate, zuppe, risotti, salse e formaggi. Quelli più usati sono:

  • nasturzio, dolce e floreale, con una punta di piccante e pungente di peperoncino, usato per salse e composte piccanti;
  • ravanello, dal sapore pepato;
  • calendula, leggermente pepata e piccante;
  • crisantemo, dal sapore che va dal piccante al pungente;
  • lillà, dall’aroma pungente ma floreale e agrumato, usato per creme, yogurt, gelati e crostate;
  • rucola e ravanello, entrambi dal sapore pepato.

Aciduli.  Servono a creare interessanti contrasti o semplicemente ad aromatizzare alcune preparazioni. Tra questi vi sono la begonia, il cui sapore ricorda il limone ed è usato nella preparazione di gelati, sorbetti e macedonie; la verbena odorosa, dal sentore di limone meno intenso, usata per aromatizzare biscotti da tè.

Amari. Questi fiori si distinguono per il loro gusto amarognolo e danno ai piatti un sapore forte e deciso. I più conosciuti sono la cicoria e il dente di leone o tarassaco. I fiori di quest’ultimo possono essere usati crudi nelle insalate, o cotti nei risotti, nelle zuppe o torte salate. I boccioli in salamoia sono usati come i capperi.

I fiori di borragine hanno sapore caratteristico che ricorda il cetriolo. Sono usati per insaporire insalate, frittate, zuppe, vellutate e nella pasta ripiena. Questi fiori dal colore blu intenso sono aggiunti anche per decorare primi piatti, insalate e preparazioni dolci.

Fiori eduli decorativi

Ci sono fiori che non hanno un sapore spiccato e sono usati quasi esclusivamente a scopo decorativo, soprattutto per dolci e torte. Tra questi vi sono: fuchsia, impatientis, malvarosa, margherita, primula, rosmarino e malva. Per dare un tocco di originalità ai cocktail si possono preparare cubetti di ghiaccio con fiori e petali dai colori intensi e vibranti come le rose o le viole.

Le varietà, per gusto e per colore sono davvero tante. Non vi resta che dare spazio alla creatività e scegliere quelli che più soddisfano i vostri sensi.

 

 

Uova di Pasqua, una tradizione molto antica

0

La tradizione delle Uova di Pasqua è molto antica e ha origini pagane. In molte culture, le Uova rappresentano la fertilità e la rinascita, simboleggiano la primavera e l’inizio di un ciclo della vita dopo l’inverno. Quando il Cristianesimo si diffuse in Europa, la tradizione delle Uova si fuse con quella Cristiana, diventando un simbolo di resurrezione di Gesù Cristo.

Nel mondo, la tradizione delle Uova di Pasqua prevede le decorazioni con colori vivaci e disegni elaborati. Soprattutto in Europa e in America del Nord, è consuetudine scambiarsi Uova di Pasqua come segno d’amicizia e di buon auspicio.

In alcuni Paesi Europei, come Polonia e Ucraina, la tradizione delle Uova di Pasqua raggiunge livelli di grande maestria artistica, con la creazione di Uova decorate a mano molto elaborate e dettagliate, spesso utilizzano tecniche come la cera e la tintura. In alcune culture, è tradizione nascondere le Uova colorate e farle cercare ai bambini durante la festa di Pasquale.

Inoltre, ci sono molte tradizioni legate alle Uova di Pasqua in tutto il mondo. In Italia la tradizione prevede anche la preparazione di diverse pietanze a base di uova, come la colomba pasquale o la pastiera napoletana, mentre in Germania la tradizione prevede la preparazione dell’ “Osterbaum“, un albero decorato con Uova e altri ornamenti.

In generale, questa tradizione, è un importante simbolo della primavera, della rinascita e della speranza per molte culture nel mondo.

Cibo ed etichetta: le nuove proposte europee

La sostenibilità è ormai protagonista nelle nostre scelte, facciamo acquisti alimentari sempre più consapevoli per salvaguardare il pianeta. Anche l’Unione Europea vuole contribuire e ha proposto nuove diciture sull’ etichetta alimentare al fine di ridurre gli sprechi e rendere il consumatore più consapevole. Ma cosa cambierà nello specifico? scopriamolo insieme:

Nuova etichetta alimentare: spesso buono oltre

Sulle etichette siamo abituati a vedere due tipologie di scadenza:

  • Da consumare entro il: dopo la data di scadenza il prodotto può deperire e ammuffire e può essere dannoso per la nostra salute.
  • Da consumare preferibilmente entro il: in questo caso il prodotto non si deteriora e può essere consumato anche dopo la data di scadenza. Semplicemente l’alimento non  presenterà più le stesse caratteristiche qualitative, organolettiche e nutrizionali.

Purtroppo, però, la differenza tra le diciture non è chiara ai consumatori i quali gettano nell’immondizia anche gli alimenti che potrebbero essere ancora consumati, contribuendo così ad aumentare lo spreco alimentare. Le date di scadenza sono responsabili del 10% degli 88 milioni di tonnellate di cibo sprecati lungo la filiera alimentare e in Italia nel 2020 sono state sprecate più di 1.5 milioni di tonnellate di cibo a livello domestico. Per evitare tutto ciò, l’UE ha proposto di inserire affianco alla dicitura ‘da consumare preferibilmente entro’, anche le parole ‘spesso buono oltre’, ad indicare al consumatore che anche dopo la data riportata in etichetta i prodotti sono ancora commestibili. Però si sa, ‘fidarsi è bene non fidarsi è meglio’ e quindi si consiglia sempre di annusare e provare il prodotto prima di consumarlo.

Etichetta degli alcolici

Prima del 2022 per gli alcolici non c’era l’obbligo di etichetta ma da quest’anno, per rendere più consapevole il consumatore sull’acquisto di alcool, sulla bottiglia saranno indicate le calorie per 100 ml di prodotto e ci sarà l’etichetta elettronica (E-label): un QR code che permetterà di accedere alla piattaforma online U-label (https://www.u-label.com/) per verificare l’elenco degli ingredienti e il quadro nutrizionale.

Etichetta del vino

Seguendo la definizione di ingrediente del Reg. (UE) 1169/2011, nel caso del vino troveremo nella lista degli ingredienti uva e il suo succo e additivi. I coadiuvanti, invece, non saranno inseriti in quanto sono sostanze utilizzate solo durante il processo produttivo e poi allontanate dal prodotto, come i lieviti selezionati.

Questi due interventi sono un primo passo per un futuro sempre più sostenibile, piccoli gesti per scelte giuste e consapevoli.

Siccità in Italia: i danni all’agricoltura

0

Quando le temperature si alzano, il nostro umore cambia perché possiamo vivere con più serenità gli ambienti esterni. L’evidenza però inganna. Dietro a questi repentini sbalzi di temperatura, si nascondono problematiche che colpiscono la nostra salute e l’economia del Bel Paese. La siccità colpisce in primis il consumatore e spesso, ci troviamo in difficoltà anche nell’acquisto di alimenti primari.

Il cambiamento climatico sta mettendo a dura prova l’agricoltura italiana

Secondo Coldiretti, nel 2022 i danni provocati dal maltempo e dalla siccità hanno superato i 6 miliardi di euro. La scorsa estate è stata la più siccitosa degli ultimi 500 anni, influenzando anche la stagione invernale. Le precipitazioni sono state brevi ma intense, le temperature sono cambiate rapidamente e la stagionalità si è persa.

A causa di questa situazione, la produzione agricola italiana sta subendo un forte calo. Le stime Cia-Agricoltori prevedono un crollo produttivo nei campi, dal 10% fino al 30%, per mais e riso. Gli agricoltori sono costretti a spostare la loro produzione verso colture che necessitano meno acqua, come la soia e il frumento. Anche gli alimenti base della Dieta Mediterranea, come la pasta, la salsa di pomodoro, la frutta, la verdura e il mais per gli animali, sono a rischio.

Il surriscaldamento del pianeta sta causando problemi alle coltivazioni in tutta Italia. C’è uno stravolgimento delle offerte stagionali solitamente disponibili sui banchi dei negozi in questo periodo dell’anno.

L’aumento delle temperature sta impattando negativamente sulle imprese agricole, alterando i normali cicli colturali e influenzando il calendario di raccolta e le disponibilità dei prodotti. Le conseguenze ricadono anche sui consumatori, costretti ad affrontare fluttuazioni anomale dell’offerta nei propri acquisti.

Ma ci sono speranze per una soluzione a questo problema. Qualche giorno fa, si è tenuta una riunione della Cabina di Regia per la crisi idrica e si spera che le soluzioni siano imminenti e significative. Inoltre, il 28 marzo a Palazzo Chigi, verrà presentato il nuovo decreto acqua, in vista della stagione calda che si avvicina.

Un altro segnale positivo è giunto dal villaggio della biodiversità contadina a Cosenza, dove è stato presentato uno studio sulla perdita di oltre 100 milioni di piante di frutta negli ultimi dieci anni. Questo dimostra che la consapevolezza sulla necessità di proteggere l’ambiente e le sue risorse sta crescendo sempre di più.

Nonostante la difficile situazione attuale, ci sono speranze per risolvere il problema della siccità in Italia. È importante che tutti si impegnino a fare la propria parte, adottando comportamenti virtuosi per preservare le risorse naturali del nostro pianeta.