Greenwashing: un caso di violazione dei diritti dei consumatori

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Greenwashing: un esempio di violazione dei diritti dei consumatori
Scritta Greenwashing e icone di questo fenomeno

Il 15 marzo è la Giornata Mondiale dedicata ai diritti dei consumatori, ovvero: il diritto all’informazione, il diritto a scelte consapevoli, il diritto a prodotti sicuri e il diritto ad essere ascoltati. Oggi i consumatori sono sempre più attenti al tema della sostenibilità, si informano e adottano scelte sempre più consapevoli, ad esempio puntano su prodotti biologici, su packaging riciclabili, sono attratti dal colore verde perché richiama la natura. Si fidano di frasi come “impatto zero”, “meno Co2”, “plastica raccolta dai mari”, ma siamo sicuri che le aziende dicono la verità? parliamo del Greenwashing: un caso di violazione di questi diritti.

Che cos’è il Greenwashing

Treccani definisce il Greenwashing come:

una strategia di comunicazione o di marketing perseguita da aziende, istituzioni, enti che presentano come ecosostenibili le proprie attività, cercando di occultarne l’impatto ambientale negativo.

È una vera e propria presa in giro per il consumatore che, a causa di informazioni false, non può adottare scelte consapevoli e sicure. Purtroppo, questo fenomeno è ancora presente nonostante le continue segnalazioni dei consumatori che, evidentemente, non vengono ascoltati.

Esempi di Greenwashing

Per capire meglio il fenomeno, facciamo qualche esempio:

  • Agricoltura rigenerativa: come spiega la testata giornalistica AGRIFOODTODAY purtroppo non esiste una definizione univoca di ‘agricoltura rigenerativa’, forse quella più chiara è data dall’organizzazione Regeneration International. Dato che non esiste  un significato scientifico e legale, il termine è spesso utilizzato in maniera impropria al fine di promuovere falsi metodi a basso impatto ambientale o per mascherare l’uso di pesticidi sintetici e sostanze dannose. Le aziende ingannano i consumatori facendo credere di usare pratiche sostenibili, ma in realtà adottano delle scelte contrarie al principio dell’agricoltura rigenerativa che ha l’obiettivo di rigenerare il suolo e la biodiversità.
  • Il caso Innocent: azienda inglese acquisita da Coca-Cola Company che che produce frullati e succhi di frutta privi di zuccheri aggiunti e additivi. Innocent ha dichiarato di mettere in atto azioni positive per l’ambiente, quali la raccolta e il riciclo di tutte le proprie bottiglie entro il 2030. Nonostante ciò, lo stabilimento di Rotterdam produce 32 mila bottiglie di plastica ogni ora, il 35% è plastica non riciclata e l’estrazione e lavorazione delle materie prime hanno un impatto negativo sull’ambiente.

Le azioni dell’UE

Per fermare il fenomeno del Greenwashing, l’Ue ha proposto diverse modifiche della direttiva sulle pratiche sleali. In particolare, le aziende dovranno rispettare standard di sostenibilità, verranno sottoposte a controlli più serrati, dovranno inserire nella loro rendicontazione gli impatti su ambiente, società e governance e non potranno formulare dichiarazioni ambientali generiche laddove l’eccellenza delle prestazioni ambientali del prodotto non sia dimostrabile.

Riconoscere l’inganno

Di seguito piccoli consigli per riconoscere il Greenwashing:

  1. Quando leggiamo termini quali “rispetto dell’ambiente” e “naturale”, domandiamoci: quali sono i benefici ambientali che apporta il prodotto? come è dimostrabile? se l’azienda non dà risposte, allora vi ha ingannato.
  2. Attenzione al termine “biodegradabile”, ciò non significa che il prodotto può essere gettato nell’umido ma deve essere necessariamente anche compostabile.
  3. Scegliere solo prodotti con il marchio BIO perché è l’unica pratica di agricoltura sostenibile certificata a livello europeo.

Prima di acquistare un prodotto, poniti delle domande e se non trovi risposta diffida dall’acquisto. Solo così puoi sperare di non essere ingannato!