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La Coltura della Vite ad Alberello di Pantelleria

Nel centro del mar Mediterraneo sorge un Vulcano, Pantelleria, lontana dalla costa Italiana e molto vicina alla costa Tunisina, conserva delle pratiche antiche, tra queste la coltura della Vite ad Alberello. Un’isola montuosa che si caratterizza per l’unicità del suo paesaggio. Si fondono elementi rurali a manufatti creati dall’uomo. Data la sua composizione vulcanica il suolo è molto fertile e favorisce la coltura.

Coltura della Vite ad Alberello

La coltivazione della vite ad alberello è una delle tecniche di coltura più antica del mondo. Una tecnica perfezionata nel tempo, tramandata di generazione in generazione, attraverso istruzioni pratiche ed orali in dialetto locale. Il compito più difficile è proteggere la pianta dal clima molto arido e ventoso.

Per coltivarla, i contadini, creano delle conche in cui piantare la vite che consentono di accumulare l’acqua piovana e tenere i grappoli di uva al riparo dal vento. Così facendo L’Alberello resiste al clima rigido. Dunque all’interno della conca si crea un microclima che permette, grazie ad una temperatura fresca ed umida, di avere la giusta maturazione dell’uva.

in Inverno si attuano due potature, una ad Ottobre, subito dopo la vendemmia quando la pianta inizia a “sfogliare”, e una seconda potatura di rifinitura che va da Gennaio a Febbraio. Tramite le potature i contadini controllano la crescita della pianta in modo da garantire che cresca nel giusto microclima. La vite germoglia fino a Marzo cosi da dare i suoi frutti d’estate e ad Agosto inizia la vendemmia. L’isola essendo montuosa ha diversi versanti, la variazione di altimetria della viticultura consente di avere condizioni differenti di maturazione dell’uva. Le zone costiere vengono dedicate alla produzione dell’uva passa mentre le zone più alte vengono dedicate alla produzione del vino da tavolo, lo Zibibbo.

Vite ad Alberello di Pantelleria diventa patrimonio UNESCO

Nel 2014, la coltivazione della Vite ad Alberello di Pantelleria, viene iscritta nel Patrimonio Culturale Immateriale dell’UNESCO. Si tratta della prima pratica agricola al mondo ad ottenere questo importante riconoscimento.

La vigna di Leonardo Da Vinci

Nel centro di Milano, a pochi passi dal Castello Sforzesco, c’è un piccolo tesoro nascosto: la vigna di Leonardo Da Vinci. Ebbene sì, l’inventore ebbe in dono da Ludovico Maria Sforza una vigna situata nel giardino della Casa degli Atellani, di fronte la chiesa di Santa Maria Delle Grazie.

La vigna di Leonardo Da Vinci e la storia travagliata

Leonardo ricevette in dono la vigna di 16 pertiche nel 1498, tre anni dopo l’incarico di dipingere l’Ultima Cena nel refettorio di Santa Maria Delle Grazie. La storia però è molto più travagliata: dopo l’arresto di Ludovico, le truppe francesi confiscarono la vigna nel 1502 e la riconsegnarono a Leonardo nel 1507. Sul punto di morte l’artista affidò metà lotto al Salaì e l’altra metà al servitore che lo seguì in Francia. Da lì in poi la casa degli Atellani passò da famiglia in famiglia e si ebbero notizie sulla vigna solo nel 1920, anno in cui l’architetto Luca Beltrami riscoprì questo piccolo gioiellino. Purtroppo un incendio nel 1923 ridusse la vigna in cenere.

Il Malvasia di Candia Aromatica

Dopo la riscoperta, nel 2007 ci si pone l’ obiettivo di scoprire la tipologia di vitigno coltivata da Leonardo. La domanda che ci si pone è: come fare se la vigna era solo un ammasso di cenere? grazie allo studio condotto dal genetista Serena Imazio e il professor Attilio Scienza, massimo esperto del DNA della vite, che iniziarono a studiare la componente ipogea della vigna, ovvero le radici ancora presenti sotto le macerie. Nel 2014 si ha la risposta definitiva: Leonardo coltivò il Malvasia di Candia Aromatica, un vino dal colore giallo paglierino con riflessi dorati, dal sapore di moscato e ricco di aromi di arancio, cedro, limone, con note di pesca e albicocca. Il vitigno è coltivato principalmente sui colli Piacentini ed è caratterizzato da foglia media, bacca bianca e buccia spessa.

La malvasia di Milano

Grazie all’Expo Milano 2015 i nipoti di Portaluppi, attuali proprietari della casa, decisero di ricreare il vigneto di Leonardo con l’aiuto dell’enologo Luca Maroni e dell’Università di Scienze Agrarie di Milano. Per riprodurre la stessa tipologia di vino, due quintali e mezzo di acini sono stati lasciati  fermentare a buccia intera in antiche anfore in terracotta. Il 12 settembre 2018 nasce il Malvasia di Milano anno 1, oggi custodito in una teca di vetro ispirata agli schizzi di Leonardo.

Oggi sia la vigna che la Casa degli Atellani sono visitabili e facilmente raggiungibili con i mezzi; quindi, perché non andarci?

Biodiversità alimentare italiana: una sfida da vincere

La perdita di biodiversità alimentare in Italia è un problema che sta assumendo un’importanza sempre maggiore. Ciò è dovuto al fatto che diverse varietà genetiche vegetali e animali, sia domestiche che selvatiche, stanno scomparendo. 

Le cause principali sono le monoculture intensive, l’uso di pesticidi, il cambiamento climatico e la globalizzazione.

Questa perdita si traduce nella scomparsa di alimenti, tradizionalmente coltivati in Italia, che rappresentano un importante patrimonio culturale ed economico.

Perchè la biodiversità alimentare è importante?

La biodiversità alimentare è importante da salvaguardare per diverse ragioni:

  1. Patrimonio culturale: L’Italia ha una ricca storia culinaria e molte delle specialità italiane sono create utilizzando ingredienti locali, coltivati ​​e selezionati da secoli. La conservazione della biodiversità alimentare significa mantenere anche la tradizione culinaria italiana.
  1. Sostenibilità: La diversità delle colture alimentari garantisce una maggiore resilienza dell’agricoltura, in grado di far fronte a malattie, parassiti e cambiamenti climatici. Inoltre, può ridurre la dipendenza da piante e animali ad alto consumo di risorse, contribuendo a una maggiore sostenibilità del sistema alimentare.
  1. Salute: Una maggiore biodiversità alimentare può fornire una dieta più sana e varia, con una ricca varietà di nutrienti.
  1. Economia: La biodiversità alimentare può essere un’importante risorsa economica per le comunità locali. La produzione di prodotti alimentari, utilizzando varietà di piante e animali locali, può creare posti di lavoro e promuovere lo sviluppo economico delle aree rurali.

Questi punti chiariscono in parte la decisione presa nel 2010 dal Comitato Intergovernativo della Convenzione Unesco. Il comitato, infatti, ha ritenuto opportuno riconoscere ‘La Dieta Mediterranea’, Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità: 

‘[…] Si tratta di un sistema radicato nel rispetto per il territorio e la biodiversità, e garantisce la conservazione e lo sviluppo delle attività tradizionali e artigianali […]’

C’è chi coltiva la diversità

Per contrastare il problema, sono stati promossi diversi progetti, come per esempio la creazione di banche del germoplasma, la promozione dell’agricoltura biologica e la sensibilizzazione del pubblico sull’importanza della diversità alimentare e delle specie locali.

Rete Semi Rurali è un’associazione di secondo livello fondata nel 2014 con l’obiettivo di promozione dell’agricoltura sostenibile, la conservazione della biodiversità, la valorizzazione del patrimonio storico e culturale. L’obiettivo è quello di dare valore alla Biodiversità, divulgando consapevolezza alle comunità.

‘La diversità agricola non si può mantenere senza gli agricoltori. E la comunità rurale non può salvarsi senza salvare la diversità. La diversità, come le musiche e i dialetti, è parte integrante della comunità che l’ha prodotta.’

Svolgono attività di sensibilizzazione e formazione, organizzano eventi e attività per promuovere il dialogo collettivo e lavorano con le autorità locali, regionali e nazionali per attuare politiche e strategie di sviluppo sostenibile. Le attività si dividono in: ricercAZIONE, case delle sementi, comunità e strategie per il cambiamento.

La ‘Casa delle Sementi’

Un esempio concreto è la ‘Casa delle Sementi’ a Scandicci, in provincia di Firenze è una tra le tante sedi dove è possibile identificare, selezionare e conservare, mettendo a disposizione semi resilienti.

La struttura è aperta al pubblico e organizza attività di formazione e divulgazione sulla conservazione e diffusione delle sementi antiche, promuovendo la biodiversità agricola e la salvaguardia del patrimonio genetico vegetale.

7 Marzo: La Giornata dei cereali

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Il 7 marzo si festeggia la giornata internazionale dei cereali. I cereali rappresentano gli alimenti in assoluto più consumati in tutto il mondo: non solo sono fonte di sostentamento per le popolazioni povere in Asia, Africa e Sud America, ma costituiscono la fonte principale di carboidrati nella dieta nei paesi ricchi.

I cereali fanno parte di un ampia varietà di prodotti agricoli. Con il termine cereale si intende ogni pianta erbacee , appartenente alla famiglia delle Graminacee, produce semi o chicchi. Tra i principali abbiamo: grano, riso,  mais, orzo, avena e segale, e cereali minori come miglio o la quinoa. Contengono amido, quindi sono la principale fonte di carboidrati, ricchi di fibre, vitamine e minerali. Sono utilizzati sia nell’ alimentazione umana, animale e anche nella produzione industriale di vari prodotti come: farina, pane e pasta. Andrebbe assunto quotidianamente, ma l’ideale sarebbe variare così da assumere tutte le sue diverse proprietà. Infatti, ognuno ha le sue caratteristiche nutrizionali come:

  • Frumento: il frumento è un cereale ricco di selenio, magnese, fosforo e antiossidanti.
  • Riso: è tra i più diffusi al mondo, è meno ricco di fibre e ha un indice glicemico più elevato rispetto ad altri cereali, ma ha vitamine del gruppo B.
  • Mais: ricco di magnesio, zinco, fosforo e magnese.
  • Orzo: ricco di vitamine B1, fibre, rame e antiossidanti.
  • Avena: ricca di fibre, proteine, antiossidanti e magnesio.

I cereali hanno un basso costo e si possono usare in tantissimi modi in cucina. Possono essere utilizzai a colazione, come primi, insalate miste con verdure ecc.. Ogni tipologia di grano ha una cottura diversa.

Negli ultimi tempi il costo del grano è aumentato, dopo l’inizio della guerra Russo- Ucraina. L’Ucraina è il paese con la più grande produzione di grano, infatti viene considerato il granaio d’Europa.

 

 

Bacco: mito, arte e cultura occidentale

Il vino è un dono della divinità Dioniso, noto anche come Bacco per i Romani. Insieme al grano e all’ulivo, costituisce il terzo alimento della ‘triade della dieta mediterranea.

Mito

Nel mito greco, Dioniso è il dio che diventa liquido, esattamente come il vino che veniva servito nelle coppe. Considerato un dio straniero, perché non di origine greca, attraverso l’ebrezza indotta dal vino, fa emergere il lato nascosto di ciascuno di noi. Per alcuni popoli, il bere diventa un modo per socializzare e allentare i freni inibitori che spesso impediscono la socializzazione.

Arte

Nell’arte e nella storia, Bacco è stato spesso rappresentato come un dio dalla figura atletica, con un diadema di foglie di vite in testa e una coppa di vino in mano. Un esempio è il dipinto ‘Bacco’ di Caravaggio.

Il dio viene raffigurato in mezzo a feste e banchetti. E’ circondato da donne e satiri che ballano e suonano tamburelli e altri strumenti musicali. La rappresentazione del dio e delle sue feste è stata spesso associata al caos ed alla liberazione dei desideri.

Cultura occidentale

La figura di Bacco è stata celebrata anche nella letteratura, in particolare nell’opera di Ovidio ‘Le Metamorfosi’. Qui il dio viene rappresentato come un personaggio ambiguo, che rappresenta sia la gioia e l’ebbrezza del vino. Platone, nel suo dialogo ‘Simposio’, descrive la bevanda come un esercizio di equilibrio, lo scopo del bere non è mai esagerazione fino all’ebbrezza. 

Gli anziani insegnano ai giovani come bere il vino correttamente, a bere poco diluendo il vino con l’acqua, come si faceva una volta nella società tradizionale.

Bacco è quindi sempre stata una figura importante nella cultura occidentale.

In sintesi, la figura di Bacco rappresenta la dualità del vino come fonte di piacere e liberazione, ma anche di pericolo e abuso. Il suo mito e la sua rappresentazione artistica e letteraria sono stati influenti nella cultura occidentale, sottolineano l’importanza di calibrare l’intensità dei piaceri della vita e la necessità di godere appieno della libera espressione di sé.

Cibo e Religioni: partiamo dal mito di Demetra e Persefone.

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Nel corso dei secoli il cibo e le religioni sono da sempre legati a tradizioni culinarie. Il mangiare non ha tanto a che fare con la soggettività, quanto al desiderio di appartenenza a gruppi sociali o religiosi. I Fondamenti Sacrali della dieta mediterranea sono il pane, l’olio e il vino. Tanti sono i racconti che hanno il cibo, come riferimento dall’ antica mitologia greca e romana, ai vecchi testamenti ebraici, cristiani e islamici. Tra questi c’è il mito di Demetra e Persefone che racconta come sia nato il ciclo del grano, dalla semina al raccolto.

Il mito di Demetra e Persefone

Il mito di Demetra (dea della terra, in Romano Ceres, cioé cereali) e di Persefone. Diventò la dea del mondo sotterraneo quando Ade la rapì dalla terra e la portò con sé nel suo regno. Tutti i raccolti sulla terra si fermano e Demetra comincia a cercare la figlia perduta. Alla fine Zeus, pressato dalle grida degli affamati e dalle altre divinità che avevano anche ascoltato la loro angoscia, costrinse Ade a riportare Persefone. Prima che Persefone viene rilasciata a Hermes (che era stato mandato a recuperarla), Ade l’inganna invitandola a mangiare dei semi di melagrana (sei o quattro secondo il racconto). Costringendola a tornare negli inferi per alcuni mesi all’anno. Così fu costretta a rimanere nell’Ade per sei o quattro mesi (un mese per seme), vivendo sulla terra con sua madre per il resto dell’anno. Da quando Demetra e Persefone furono di nuovo insieme, la terra rifiorì e le piante crebbero rigogliose ma solo per sei mesi all’anno. Quando Persefone è costretta a tornare nel mondo delle ombre, la terra ridiventa spoglia e infeconda. Questi sei mesi sono chiaramente quelli invernali.

Nei prossimi articoli troveremo anche per le altre religioni come il cibo influisca sulla vita quotidiana

Cibo e religione: un rapporto ormai dimenticato

Il cibo è da sempre ritenuto il ritratto di una società e segno di condivisione, ma non si pensa affatto al binomio cibo e religione: un rapporto ormai dimenticato ma da cui parte la cultura del cibo. Infatti, sono le religioni che dettano le regole del consumo, indicano ciò che è proibito e ciò che si può mangiare, ed è attraverso il cibo che si costruisce il sacro. Esempio lampante è l’ultima cena dove il corpo si trasforma in pane che acquista un plus spirituale in quanto unisce corpo e anima.

Cibo e abbondanza: un peccato divino

Filo conduttore delle religioni è il concetto di abbondanza che, nella maggior parte dei casi, è visto come un peccato. Gli ebrei, ad esempio, raccolgono  e conservano le briciole dalla tavola perché rappresentano l’abbondanza, il testo Sacro di San Paolo invita a mangiare tutto senza esagerare e anche il profeta Amos se la prese con coloro che mangiavano troppo e che, quindi, privavano gli altri di cibo. Stesso la parola ‘cibo’ richiama l’abbondanza perché il termine deriva dal greco Kàbos, che nell’antichità era lo strumento utilizzato per misurare la giusta quantità di cibo.

Cibo e religione: la sacralizzazione del cibo

Anche il nostro credo nutrizionale deriva da un credo religioso e non è un caso che alla base della dieta mediterranea ci sono 3 alimenti sacri: il pane, l’olio e il vino. In particolare, nella religione cristiana:

  • il pane viene dato in dono da Mosè il quale fa piovere pane dal cielo
  • il vino viene associato al sangue di Cristo
  • l’ulivo simbolo di pace e rappresenta la riconciliazione di Dio con gli uomini

Curiose sono anche le etimologie delle parole Betlemme e Cristo che in ebraico significano ‘casa del pane’ e ‘unto’.

Cibo e religione: proibizioni alimentari

Ogni religione impone delle regole da seguire e tra queste ci sono anche le proibizioni alimentari. Mentre noi cristiani siamo più liberi, gli ebrei  definiscono alcuni cibi puri e altri impuri, ovvero cibi che possono o non possono essere consumati. Sulle tavole ebraiche non troviamo mai il maiale, il cammello, i crostacei ed è vietato il binomio latte/carne in quanto il latte dà la vita, mentre la carne rappresenta qualcosa di crudele. A differenza degli italiani, inoltre, gli ebrei mangiano la carne senza sangue in quanto rappresenta la vita.

Ogni cibo è una storia, ogni cibo è religione e volendo richiamare la frase del fisiologo Jakob Moleschott “l’uomo è ciò che mangia”, possiamo dire che anche Dio è ciò che mangia in quanto, attraverso il cibo, ogni popolo costruisce l’immagine non solo di sé, ma anche della divinità.

Cibo e Religione: I’ Uomo è ciò che mangia

“L’uomo è tutto ciò che mangia”

Ludwig Feuerbach scrisse queste parole, sosteneva che è impossibile credere nel dualismo anima corpo perché siamo fatti della materia che ci circonda.

L’antropologia nella gastronomia, rappresenta  il cibo come elemento culturale  e identitario.

Il cibo è una parte fondamentale della pratica religiosa di molte fede diverse, tra cristianesimo. ebraismo ed islamismo.

L’utilizzo della dieta mediterranea con elementi poveri ma più sana che quelle del cibo francese.

Comprendere il ruolo del cibo nella pratica culturale e religiosa è un atteggiamento importante che mostra rispetto e risponde alle esigenze delle persone di diverse comunità religiose.

L’uomo è tutto ciò che mangia ma esistono regole morale che rappresentano un retratto profondo della società, cosi come mangiare implica ciò che Dio mangia, cioè rappresenta l’immagine della divinità.

Il Cibo e Religione

Il Cibo etimologicamente è una misura di quantità, e vieni sacralizzato, il cibo a un legame fondamentale dell’uomo al divino ( I Dei). Dovrebbe esistere una giustizia distributiva che non esiste per questo Dante mette al goloso al inferno.

Il profeta Amos no se la prende tanto con il grasso, ma semplicemente utilizza il naso come metafora per dire che voi ingrassate perché mangiate più del necessario diceva togliete il cibo agli altri che  quindi a come contrapartita l’utilizzo della sale che va incontra del vostro eccesso alimentarie.

Nel cristianismo si mangia tutto a differenza degli altri religioni come l’ebraismo o l’islamismo.

Cibo Ebraico

Nel cibo Ebraico ci sono molte regole da seguire e incluso esiste un organismo internazionale che da la certificazione sul cibo ebreo (O.U). Il mangiare con cortezza e un sinonimo dell’ottimo controllo sul cibo ebreo. Attualmente a Roma il 80% della cucina è ebraica.

Nella cucina ebraica se parala della importanza tra i latte che rappresenta la vita invece il sangue che rappresenta la cosa più crudele, cosi come la categorizzazione del diversi cibo. che viene considerato dentro dello considerato come cucina kosher.

 

L’Uomo è ciò che mangia

Le comunità nel mondo costruiscono le loro identità sociali e culturali attorno al cibo e dunque possiamo affermare che l‘uomo è ciò che mangia. Il cibo è il ritratto di una Società.

Il cibo è religione, dunque anche Dio è ciò che mangia poiché gli dei vengono venerati attraverso il cibo.  In tutte le religioni il cibo è considerato un dono di Dio o degli Dei e l’atto di cibarsi, un atto sacro, diventa un modo per ringraziare la Divinità.

Il banchetto Sacro nell’Antica Grecia

Nell’Antica Grecia la cucina legata alla carna è di natura religiosa, infatti, una delle pratiche più antiche è il sacrificio ad una divinità. La figura più importante in quest’atto è il Mageiros, elemento che svolge tre mansioni: Sacrificatore (conduce l’animale sull’altare), Macellatore ( si occupa di dividere l’animale in pezzi) e Cuoco (cucina l’animale). Con questo sacrificio gli Dei si nutrono di fumi e vapori che derivano dalla cottura dell’animale, il quale una volta cotto viene mangiato dai fedeli in ricchi banchetti. Ed è proprio da questi banchetti sacri che nasce la società, la sfera pubblica. Tutte le nostre scelte legate al cibo derivano da un credo religioso. Il sacrificio determina la società di un Popolo.

Il Proibizionismo Alimentare

Islam e Ebraismo hanno molte proibizioni alimentari. I loro testi sacri proibiscono diversi cibi, invece, nel Nuovo Testamento non è specificato nulla sui divieti alimentari. Anzi, il fedele Cristiano viene esortato a mangiare di tutto ma con limite, per non peccare di Gola.

Nell’Antico Testamento è enunciato ciò di cui l’Ebreo può e non può nutrirsi.

“Non mangerete la carne con la sua vita..” (Ovvero il sangue) IX capitolo della Genesi.

L’Antico Testo Sacro vieta il sangue in memoria dell’assassinio primordiale di Abele. Nel libro del Livitico viene distinto ciò che è commestibile da ciò che non lo è.

Non si può mangiare il maiale, il cammello, gli invertebrati e soprattutto non si può mischiare il latte e la carne. Il latte è legato alla vita, la carne ha sempre qualcosa di crudele alle spalle, non si può mangiare carne senza aver ucciso un animale, ed è legata alla morte.

Lo Storytelling del cibo

Nell’ebraismo il cibo è collante della loro identità e c’è una cura maniacale degli ingredienti. Ogni pietanza ha una sua storia. In occasione dello Shabbat si mangia un delizioso manicaretto, La Ruota di Faraone. Si dice che questo piatto ricordi la fuga dall’Egitto.

Questa cura maniacale del cibo sta conquistando anche consumatori non Ebrei. In Nord America i supermercati sono ricchi di prodotti Ebraici nonostante la popolazione Ebraica nel Nord America sia composta da circa l’1%. Vengono acquistati perché i prodotti kosher passano per filiere molto controllate dando un senso di sicurezza maggiore. Non si mangia più in base alla fede ma alla fiducia. Il consumatore non si fida delle certificazioni ma si fida delle religioni. Le pubblicità dei prodotti kosher vertono molto su questo concetto

Il racconto religioso è una parte fondamentale dello storytelling del cibo. Il cibo diventa la nuova religione del nostro tempo. L’Uomo è ciò che Mangia.

Relazione Commerciale Italia – Messico

Relazione Commerciale tra Messico e Italia

“Import – Export Seconda parte”

RAPPORTO COMMERCIALE

L’Italia è il terzo partner commerciale del Messico tra i paesi dell’Unione Europea (UE), dopo Germania e Spagna. A livello globale l’Italia si colloca all’11° posto nel commercio totale del nostro Paese. Da parte sua, il Messico è il secondo partner commerciale dell’Italia in America Latina, dopo il Brasile.

ACCORDI BILATERALI

L’Accordo tra l’Unione Europea ed il Messico entrato in vigore nel 2000 è stato aggiornato, segnando una nuova tappa nelle relazioni tra l’Unione ed il paese appartenente al Nord America.

In termini generali oltre alle già previste misure e norme che danno la possibilità agli operatori economici dei paesi firmatari un trattamento preferenziale idoneo a competere e collaborare nei mercati in maniera più aperta e favorevole, permettendo l’ingresso della quasi totalità dei prodotti europei in Messico senza dazi.

Sono state varate una nuova serie di misure che prevedono la protezione di 340 diversi prodotti alimentari dal rischio di imitazione nel Messico, la possibilità di vendere con più facilità servizi finanziari e di altro tipo da parte di aziende europee nel mercato di riferimento e la possibilità di partecipare in maniera più semplice alle gare d’appalto.

L’Accordo comprende un insieme di temi d’interesse quali una clausola anticorruzione e una clausola di tutela dei diritti umani che potrebbe portare alla sospensione del trattato in caso di violazione degli stessi.

Sono peraltro previste dei punti di accordo per il rispetto dei diritti del lavoro e un chiaro riferimento agli accordi di Parigi per quanto riguarda la lotta al cambio climatico

OPPORTUNITÀ DI ESPORTAZIONE DAL MESSICO ALL’ITALIA

Nuove opportunità di esportazione di vantaggiose tariffare per il Messico rispetto ai principali fornitori italiani, in settori principali dello sviluppo quali:

  • Prodotti ittici
  • alimenti freschi
  • alimentari di vario tipo
  • bevande

OPPORTUNITÀ DI PRODUZIONE.

Ci sono diverse opportunità di esportazione per i prodotti messicani all’interno del mercato italiano. Per i prodotti Messicani, l’Italia può significare una buona opportunità di business, le opportunità di esportazione per tali stati sono all’interno di settori come   alimenti trasformati; prodotti ittici; fiori ornamentali.

Va notato che si tratta di settori poco esplorati la cui promozione è considerata una priorità nell’ambito delle relazioni commerciali tra Messico e Italia. Per gli stati del sud-est, il settore che più si avvicina al suo sfruttamento è quello dei prodotti ittici, questo per la sua posizione geografica. Secondo la piattaforma “Made in Mexico b2b” alcuni dei frutti di mare che attualmente stanno avendo maggiore richiesta in Italia sono:

  • polipo, calamari, pesce surgelato, lombo di tonno, squalo, cernia nera, gambero, cernia rossa.

Tenendo conto di quanto sopra, è possibile sviluppare un piano di esportazione per uno qualsiasi dei prodotti menzionati

DIMENSIONE DEL MERCATO ITALIANO

La produzione totale di prodotti della pesca in Italia (ISTAT) nel 2009 è stata di 468.000 tonnellate, rispetto alle 465.000 tonnellate dell’anno precedente.

Le importazioni hanno raggiunto le 913.000 tonnellate, rispetto alle 133.000 tonnellate esportate, determinando un saldo commerciale negativo per l’Italia di 780.000 tonnellate.

Facendo riferimento al pesce surgelato, anche la bilancia commerciale italiana è orientata verso le importazioni; Secondo i dati 2019 pubblicati dall’Istituto Italiano di Statistica (ISTAT), le importazioni totali di pesce, crostacei e molluschi surgelati ammontavano a 1,4 miliardi di euro, corrispondenti a 435.116 tonnellate di prodotto.

DOMANDA DEL MERCATO ITALIANO

Il consumatore italiano, in generale, si caratterizza per essere esigente e con un marcato carattere geografico nelle proprie abitudini di acquisto di prodotti provenienti dal mare. Così, nel nord, i consumatori tendono ad acquistare prodotti con un valore aggiunto più elevato, un alto livello di servizio (facilità di preparazione), mentre nel sud, il consumatore preferisce il pesce fresco.

La Dieta Mediterranea

Per quanto riguarda la tipologia preferita dai consumatori italiani nella dieta mediterranea, la maggior parte di loro preferisce il pesce surgelato al pesce naturale, con un fatturato di 520 milioni di euro, seguito da bastoncini e ready-made.

A differenza di quanto accade con il pesce fresco, il consumatore di pesce surgelato basa la sua decisione, nella maggior parte dei casi, sul prezzo. Motivo per cui i marchi della distribuzione vedono crescere costantemente la loro quota negli stabilimenti della grande distribuzione.