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Ricchezza Gastronomica

Ricchezza Gastronomica

“L’arte di essere ricchi nel mondo della gastronomia globale”

 

Nel mondo c’è cibo a disposizione solo per chi ha la possibilità di poter spendere grandi somme di denaro. Il denaro non sempre garantisce di avere un buon palato o avere la capacità di saper degustare correttamente, quella chiamata ricchezza gastronomica.

Ma chi non oserebbe provare quelli più costosi se ne avesse la possibilità?

Sebbene ci siano molti esempi in giro per il mondo di questa ricchezza gastronomica, alcuni prodotti più stravaganti di altri, abbiamo scelto otto prodotti che dimostreranno che per poter assaggiare certi cibi bisogna godere dell’arte di essere ricchi nel mondo della gastronomia.

 

1. CAVIALE ALMAS

Il Cavaliale Almas ha origine da un tipo di storione Beluga albino del Mar Caspio, nella zona dell’Iran. Si estima che un chilogrammo di questo venga regolarmente venduto a più di 34 mille 500 dollari.

 

2. FUNGHI MATSUKAKE

Il funghi Matsukake è di origine giapponese, cresce ai piedi dei pini. Sono difficili da raccogliere e in tutto il mondo se ne producono meno di mille tonnellate all’anno. Più forte è il suo aroma, migliore è la qualità e più alto il suo prezzo, il prezzo stimato è di 1,800 euro per mezzo kilo.

 

3. FORMAGGIO PULE

Questo formaggio di latte d’asina di colore biancastro è prodotto nei Balcani, quella razza unica da cui si ottiene il latte per realizzare il pregiato latticino. Riconosciuto come il formaggio più costoso al mondo. Il suo prezzo raggiunge, come di consueto, i 1,000 euro al chilo, ma è stato venduto fino a 5,000 euro.

 

4. POLLO NERO AYAM CEMANI

Questi polli sono una varietà originaria dell’Indonesia. I polli Ayam Cemani sono di colore nero dalle piume alla pelle e persino agli organi interni. La pigmentazione deriva dal gene dominante che altera l’aspetto dei polli. A causa della loro rarità, i pollo Ayam Cemani si vendono a più di 2,500 euro a pollo.

 

5. ANGURIA AKA DENSUKE

Il Giappone è noto per aver inventato nuove varietà di frutta. Questo frutto caratteristico richiede cure specifiche e un ambiente spazioso per prosperare. Ogni anno vengono coltivate solo centomila Angurie Aka Denuske, con un prezzo fino a 6,000 euro per anguria.

 

6. TONNO PINNA BLU

Questa varietà di tonno è tra l’alimento più costoso a livello globale al prezzo di 5,000 euro per mezzo kilo e talvolta anche di più. Il prezzo record d’asta per un tonno pinna blu (278 – kgm) è stato fissato a 3,1 milioni di dollari, al nuovo mercato ittico di Toyosu.

 

TARTUFO BIANCO

Queste Tartufo Bianco  (tuber magnatum) è soprannominato “oro bianco” per il suo colore pallido, noto anche come tartufo bianco d’Alba o tartufo del Piemonte, e in altre regioni d’Italia e stato scoperto recentemente in Francia. La diminuzione del suo raccolti negli ultimi anni ha causato un aumento significativo del suo prezzo che oscilla tra i 2,500 ei 5,000 euro al kg.

 

CHICCHI DI Caffè KOPI LUWAK

Queste è il caffè più caro al mondo, un prezzo fissato tra i 250 ei 1,200 dollari al kg. Queste è un tipo prodotto di caffe con chicchi di bacche ingerite e parzialmente digerite e poi espulsi dallo zibetto delle palme comune, poi i chicchi di caffè vengono raccolti ed elaborati lavorati per la vendita.

 

Il comportamento alimentare è un atto fortemente affiliativo, in tal senso il cibo che si mangia è strettamente legato alla classe sociale a cui si appartiene.

Le persone che fanno parte dell’alta classe sociale consumano cibi che significano esclusività e quindi avere la possibilità di degustare cibi rari e molto costosi, facendo semplicemente parte “dell’arte di essere ricchi nel mondo della gastronomia globale”.

 

by Jose Antonio Del Rivero

Il babà napoletano e la sua storia

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Il babà è un dolce da forno di origine francese,  poi diventato il dolce tipico della pasticceria napoletana.

Il Babà e le sue origini

La storia del babà ha inizio nel nord della Francia dove viveva in esilio un sovrano polacco, Stanislao Leszczynski. Si racconta che il sovrano un giorno bagnò con del liquore Madeira una fetta di kugelhopf, una torta austriaca lievitata a forma di ciambella fatta a base di farina, zucchero, uova. Probabilmente il sovrano polacco, stanco di questo dolce asciutto, decise di inzupparlo completamente nel liquore e forse anche per prolungare la sua  conservazione. Leszczynski era un grande appassionato di gastronomia e il kugelhopf da lui modificato, prese  il nome da Alì Babà, in onore alla passione per “mille e una notte” e la storia di “Alì Babà e i quaranta ladroni”. Nel tempo questo dolce austriaco fu modificato aggiungendo uva passa, canditi e addirittura dello zafferano. Questo dolce prima di approdare a Napoli dovette fare molta strada, passando per Versailles, dove il cuoco dei reali di Francia sostituì il madeira con il rum giamaicano importato dalle colonie caraibiche. In seguito fu modificata anche la forma di questo dolce, con la caratteristica forma a fungo, che è la tipica forma del babà che attualmente si trova nelle pasticcerie.

Il babà a Napoli

Arrivò a Napoli all’inizio dell’800 grazie ai Monzù, cuochi professionisti che avevano appreso la propria arte culinaria in Francia e che lavoravano nelle cucine delle famiglie più aristocratiche nel meridione d’Italia. A Napoli il babà subì delle modifiche nella lievitazione e la modifica della cosiddetta “bagna”, sempre a base di rum ma più leggera e rivisitata. Alla fine del secolo diventò un dolce da passeggio della Napoli bene. Il babà divenne uno “street food” di stile rendendolo uno dei dolci tipici napoletani più consumato. Con il passare del tempo, furono introdotte varianti nel liquore utilizzato e varianti nelle guarnizioni come crema, panna, e frutta. Ad oggi il babà è il simbolo della pasticceria partenopea, lo si trova in tutte le pasticcerie e ristoranti che offrono cucina tipica locale.

Caratteristiche

Il babà è un dolce dalla consistenza morbida. La sua origine è francese, ma oggi è uno dei dolci simbolo della tradizione napoletana insieme alle sfogliatelle, pastiera e zeppole.  Come tutte le ricette della tradizione, esistono diverse varianti di babà e ciascuna famiglia ha la sua personale versione che custodisce gelosamente. La sua forma tonda rispecchia il suo sapore pieno e corposo. Nel gergo partenopeo con la definizione “si nu’ babbà” significa “sei un tesoro”. Un tesoro proprio racchiuso nel suo delizioso sapore caratterizzato dalla morbidezza, dolcezza, profumo e aroma di liquore che lo rende unico e inconfondibile.

Sapore

Come in ogni ricetta della tradizione, esistono tanti modi di elaborazione di questo prezioso dolce. Il babà conosciuto da tutti è il famoso babà con la sua ricetta classica a base di farina, uova, lievito di birra,  zucchero e ruhm. Il sapore del babà deriva dalla sua lievitazione, la sua pasta lavorata con energia per inglobare molta aria, gli conferisce la sua morbida consistenza. Oltre alla classica forma a funghetto,  si utilizza anche la forma a ciambella in stampo ondulato, fino alle moderne versioni a forma di Vesuvio. Il babà una volta cotto, va immerso nella sua preziosa, personalizzata e segreta bagnatura a base di acqua, zucchero, rhum  e …La bontà di questo dolce è il suo impasto bagnato, che al palato sprigiona tutti gli aromi del liquore profumato.

 

Un fiore dal cuore tenero: il carciofo

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Non tutti sanno che della pianta del carciofo mangiamo il fiore, chiamato anche bocciolo o capolino, e non il frutto. Il carciofo (Cynara scolymus) appartiene alla famiglia delle Asteraceae, da Aster, proprio per riferirsi al fiore a forma di stella. È formato da una “corazza” di foglie dure e spinose che nascondono un cuore tenero e gustoso.

Il carciofo tra mito e storia

Le sue origini sono molto lontane. Si narra che Zeus, respinto dalla ninfa Cynara, la trasformò in un carciofo, un fiore verde, spinoso come il suo carattere, ma dal cuore tenero. Questo è il motivo per cui gli è stato attribuito un potere afrodisiaco. Il carciofo era noto ai Greci e ai Romani, che lo apprezzavano non solo come alimento ma anche per i suoi usi terapeutici. Nel 300 a.c. era già coltivato dagli Arabi che lo chiamavano al-karshuf, cioè spina di terra. Il suo arrivo in Italia risale agli Etruschi, ma fu intorno alla seconda metà del 1400 che cominciò a diffondersi a partire da Napoli, e ad essere sempre più richiesto, soprattutto sulle tavole dei nobili toscani. Grazie a Caterina de’ Medici, sposa del re Enrico II di Francia, il carciofo fu apprezzato anche presso le corti reali europee. Lo stesso re ne consumava grandi quantità, dato l’elevato potere afrodisiaco che gli veniva attribuito. Ne divennero grandi consumatori anche il re Luigi XIV e Enrico VIII d’Inghilterra che li fece coltivare nel suo orto personale.

ll carciofo nell’arte

Il carciofo è raffigurato nelle opere di molti pittori: nelle nature morte di Arcimboldo, in particolare nel ritratto di Rodolfo II; nell’opera “natura morta con formaggio, carciofi e ciliegie” della pittrice fiamminga Clara Peeters; nella “natura morta con bottiglia e carciofo” di Filippo De Pisis, fino al “ritratto di donna con carciofo” di Pablo Picasso o alle numerose nature morte di Renato Guttuso. Illustri scrittori e poeti ne fanno oggetto della loro arte: Pablo Neruda gli dedica un poema intitolato “Ode al Carciofo” in cui lo descrive come “un guerriero dal tenero cuore”. Grazia Deledda chiama poeticamente i carciofi “grandi boccioli di rose”.

Le proprietà

I carciofi sono ricchi di fibre, vitamine (A, B, C, E) e sali minerali, come il magnesio, il potassio, il ferro. Contengono la cinarina (dal gusto amaro), un polifenolo ricco di proprietà antiossidanti che aiuta a depurare l’organismo e ad eliminare le tossine favorendo le funzioni epatiche. Hanno un elevato potere antiossidante, proprietà antinfiammatorie e diuretiche, abbassano i livelli di colesterolo cattivo e aiutano il sistema cardiocircolatorio, oltre a favorire il metabolismo.

Il carciofo in cucina

Il carciofo in cucina è molto versatile. Si può mangiare crudo, tagliato a fettine sottili e condito con olio, sale, pepe con l’aggiunta di qualche scaglia di formaggio. Può essere consumato bollito, trifolato, fritto, ripieno, arrostito alla brace, gratinato. Può essere conservato sott’olio e poi consumato nelle insalate o negli antipasti. Ogni regione ha le sue ricette, ma non si possono non menzionare quelle della tradizione romana, in particolare i carciofi alla giudia.

Grazie agli chef stellati, il carciofo sta vivendo una nuova stagione. Pino Cuttaia, nel suo ristorante La Madia, a Licata, propone la Ninfea di carciofo spinello. Lui stesso racconta:<<come la margherita, il carciofo è un fiore e va sfogliato voluttuosamente, mangiato con le mani. Il mio piatto lega due ricordi: quello del carciofo lessato che si mangiava con le mani, foglia a foglia, con il pinzimonio, e quello dei carciofi ripieni con il cipollotto, a volte anche l’acciuga>>.

 

 

Cerca e cavatura del Tartufo in Italia

La cerca e la cavatura del Tartufo in Italia è un insieme di pratiche e conoscenze tramandate di generazione in generazione da secoli. Nel nostro Paese è un’attività molto importante poiché l’Italia è uno dei principali produttori di Tartufo al mondo.

La cerca e la cavatura del Tartufo in Italia è stata riconosciuta come Patrimonio Culturale Immateriale dell’UNESCO nel 2021 come conoscenza e pratica tradizionale tramandata da secoli.

Il Tartufo

Il Tartufo è un fungo sotterraneo appartenente alla famiglia dei tuberacei noto come fungo ipogeo. Crescono sotto terra e vivono in simbiosi con la pianta sotto la quale crescono. Differiscono di forma, colore e profumo in base alla stagionalità e maturazione. Il tartufo raggiunge la piena maturazione nel periodo autunnale.

Cerca e cavatura del Tartufo in Italia

La ricerca del Tartufo avviene principalmente dunque durante la stagione autunnale, in un periodo variabile che va da settembre a dicembre, quando le condizioni climatiche sono favorevoli per la crescita dei tartufi. I tartufai, persone specializzate nella ricerca del tartufo, utilizzano cani addestrati per individuare i tartufi i quali emettono un odore molto forte e caratteristico. I cani sono addestrati fin da cuccioli a cercare il tartufo e sono in grado di individuare i tartufi anche a decine di metri di distanza.

Una volta individuato il tartufo, è scavato delicatamente con l’ausilio di un’apposita vanga, per evitare di danneggiarlo. La raccolta del tartufo è un arte delicata, che richiede molta esperienza ed attenzione da parte del tartufaio, al fine di garantire la massima qualità del prodotto.

In Italia, la ricerca del tartufo è una pratica diffusa in molte regioni, in particolare in Piemonte, Toscana, Umbria e Marche. In queste regioni ci sono molte sagre del tartufo dove è possibile degustare i pregiati funghi ed acquistare prodotti a base di tartufo, come olio, formaggio, salumi e salse.

L’Italia è molto famosa per la qualità dei suoi tartufi bianchi, tra i più pregiati al mondo. Il tartufo bianco è raccolto principalmente sulle colline di Piemonte e Umbria. É molto apprezzato per il suo aroma intenso e il suo sapore delicato. La sua rarità e la sia pregiata qualità lo rendono uno dei prodotti più costosi della cucina Italiana.

UNESCO

La Cerca e Cavatura del Tartufo in Italia è dunque iscritta nella Lista Rappresentativa del Patrimonio Culturale Immateriale dell’UNESCO. La decisione è stata presa dal Comitato Intergovernativo per la Salvaguardia del Patrimonio Culturale Immateriale nel Dicembre 2021.

Il Comitato ha invitato l’Italia a prestare molta attenzione al rischio di una potenziale eccessiva commercializzazione e a garantire la sorveglianza e la buona gestione delle attività turistiche. Inoltre il Comitato raccomanda di tenere in considerazione il benessere del cane nell’ambito delle attività di cerca e cavatura del tartufo.

 

Greenwashing: un caso di violazione dei diritti dei consumatori

Il 15 marzo è la Giornata Mondiale dedicata ai diritti dei consumatori, ovvero: il diritto all’informazione, il diritto a scelte consapevoli, il diritto a prodotti sicuri e il diritto ad essere ascoltati. Oggi i consumatori sono sempre più attenti al tema della sostenibilità, si informano e adottano scelte sempre più consapevoli, ad esempio puntano su prodotti biologici, su packaging riciclabili, sono attratti dal colore verde perché richiama la natura. Si fidano di frasi come “impatto zero”, “meno Co2”, “plastica raccolta dai mari”, ma siamo sicuri che le aziende dicono la verità? parliamo del Greenwashing: un caso di violazione di questi diritti.

Che cos’è il Greenwashing

Treccani definisce il Greenwashing come:

una strategia di comunicazione o di marketing perseguita da aziende, istituzioni, enti che presentano come ecosostenibili le proprie attività, cercando di occultarne l’impatto ambientale negativo.

È una vera e propria presa in giro per il consumatore che, a causa di informazioni false, non può adottare scelte consapevoli e sicure. Purtroppo, questo fenomeno è ancora presente nonostante le continue segnalazioni dei consumatori che, evidentemente, non vengono ascoltati.

Esempi di Greenwashing

Per capire meglio il fenomeno, facciamo qualche esempio:

  • Agricoltura rigenerativa: come spiega la testata giornalistica AGRIFOODTODAY purtroppo non esiste una definizione univoca di ‘agricoltura rigenerativa’, forse quella più chiara è data dall’organizzazione Regeneration International. Dato che non esiste  un significato scientifico e legale, il termine è spesso utilizzato in maniera impropria al fine di promuovere falsi metodi a basso impatto ambientale o per mascherare l’uso di pesticidi sintetici e sostanze dannose. Le aziende ingannano i consumatori facendo credere di usare pratiche sostenibili, ma in realtà adottano delle scelte contrarie al principio dell’agricoltura rigenerativa che ha l’obiettivo di rigenerare il suolo e la biodiversità.
  • Il caso Innocent: azienda inglese acquisita da Coca-Cola Company che che produce frullati e succhi di frutta privi di zuccheri aggiunti e additivi. Innocent ha dichiarato di mettere in atto azioni positive per l’ambiente, quali la raccolta e il riciclo di tutte le proprie bottiglie entro il 2030. Nonostante ciò, lo stabilimento di Rotterdam produce 32 mila bottiglie di plastica ogni ora, il 35% è plastica non riciclata e l’estrazione e lavorazione delle materie prime hanno un impatto negativo sull’ambiente.

Le azioni dell’UE

Per fermare il fenomeno del Greenwashing, l’Ue ha proposto diverse modifiche della direttiva sulle pratiche sleali. In particolare, le aziende dovranno rispettare standard di sostenibilità, verranno sottoposte a controlli più serrati, dovranno inserire nella loro rendicontazione gli impatti su ambiente, società e governance e non potranno formulare dichiarazioni ambientali generiche laddove l’eccellenza delle prestazioni ambientali del prodotto non sia dimostrabile.

Riconoscere l’inganno

Di seguito piccoli consigli per riconoscere il Greenwashing:

  1. Quando leggiamo termini quali “rispetto dell’ambiente” e “naturale”, domandiamoci: quali sono i benefici ambientali che apporta il prodotto? come è dimostrabile? se l’azienda non dà risposte, allora vi ha ingannato.
  2. Attenzione al termine “biodegradabile”, ciò non significa che il prodotto può essere gettato nell’umido ma deve essere necessariamente anche compostabile.
  3. Scegliere solo prodotti con il marchio BIO perché è l’unica pratica di agricoltura sostenibile certificata a livello europeo.

Prima di acquistare un prodotto, poniti delle domande e se non trovi risposta diffida dall’acquisto. Solo così puoi sperare di non essere ingannato!

I Caffè-concerto a Napoli: nascita della Canzone Napoletana

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Nella città partenopea, la relazione tra musica e caffè è stata particolarmente accesa. Un tempo, i bar erano luoghi di ritrovo per gli attori, i poeti e i musicisti della città. 

La Birreria Monaco

Situata nell’area dell’attuale Piazza del Municipio era un luogo elegante e, nonostante il nome e il fatto che si servisse anche un ottima birra, non era altro che uno dei più famosi Caffè-concerto di fine ‘800. Qui fu organizzato, per la prima volta, uno spettacolo musicale ad opera di Luigi De Santis e Giuseppe Resi.

Caffè del Commercio

Sembrerebbe più probabile che sia stato il Caffè del Commercio, attivo centro di cultura fino al 1884, ad aprire le porte alle esibizioni canore. In un’intervista del 1913, Luigi Stellato afferma che ‘Tra i maestri che vi suonarono c’erano Francesco Paolo Tosti, Pietro Mascagni, Vincenzo Valente, Edoardo Di Capua e altri ancora.’

Proprio ai tavolini di questi Caffè-concerto sono state scritte alcune delle canzoni napoletane più famose, come ‘Marechiare’, ‘Luna Nova’, ‘Maria Mari’, ‘O Marenariello’ e ‘O Sole Mio’.

Caffè Croce di Savoia

Il Caffè Croce di Savoia, era un punto di ritrovo per cantanti, poeti e musicisti. In questo locale, si riunivano a notte fonda per parlare di spettacoli e di canzoni. Per ideare nuovi progetti e sognare il successo e la notorietà. Alfredo Falcone Fieni, autore dei testi di alcune tra le più belle canzoni napoletane, come ‘O bene cchiù d’o bbene’ e ‘A cardenia’, cercava la melodia del grande successo che lo avrebbe fatto passare alla storia della canzone napoletana.

Adolfo Narciso, nel suo libro Varietà dell’Ottocento, ricorda come Fieni raggiunse l’obiettivo con ‘Uocchie c’arraggiunate‘. Era la vigilia di Natale e il poeta era intento a leggere la sua ultima poesia, quando il musicista Vincenzo Valente si avvicinò e chiese di poterla musicare. Ecco il racconto del giornalista come testimone diretto: 

Tutti approvammo e, stringendoci di intorno al poeta ed al musicista, le congratulazioni fioccarono. Dopo un poco Falvo isolatosi in un angolo, con i versi del poeta dinanzi, leggeva e sommessamente canticchiava. Di botto si alzo e, ravvivandosi soddisfatto il ciuffo mascagnano, esclamò: «Il ritornello è bello e pronto! Ascoltatelo!!».Una curiosità gioiosa s’impadronì di noi tutti. In un attimo, quanti erano nel Caffe si alzarono e facendo circolo intorno ai due autori silenziosamente attesero. Mascagnino, con la sua voce simpatica cantò: Ecchi ve po’ scurdà, uocchie c’arraggiunate,senza parlà?

Applausi fragorosi scoppiarono nella sala… Il ritornello fu ripetuto quattro o cinque volte… Falvo e Aldredo Falcone si abbracciarono… Ed i bicchierini di rosolio e anice con la relativa tradizionale mosca furono tracannati con avidità…

Conclusione

I Caffè-concerto napoletani hanno avuto un ruolo importante nella nascita della canzone napoletana. Questi locali hanno fornito un luogo di incontro per gli artisti della città. Si potevano scambiare idee e collaborazioni nella creazione di nuovi spettacoli e canzoni. Grazie alla loro vitalità, hanno contribuito a diffondere la cultura musicale della città, delineando uno dei patrimoni musicali più importanti d’Italia.

Le origini del Pokè

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Negli ultimi anni in Italia e nel resto del mondo, sta spopolando il Pokè, quali sono le sue origini? Di cosa si tratta? Perché piace così tanto?

Origini

Questo piatto è nato alle Hawaii, inizialmente famose solo per le sue vacanze da sogno, ma ora ricordato anche per uno dei piatti gastronomici più fotografati, cucinati ordinati e mangiati negli ultimi anni. L’ingrediente principale di questo piatto tradizionale della cucina hawaiana è il pesce crudo tagliato a cubetti. Ecco che ne deriva il nome Pokè, che secondo il dizionario Hawaiano, l’Ulukau, significa affettare a pezzi il pesce.

Il Pokè Bowl ha origini molto antiche che risalgono al 400 d.C quando i polinesiani sono arrivati per la prima volta alle Hawaii. Questo popolo era solito consumare pesce crudo tagliato a cubetti sulle barche da pesca diventando poi una tradizione popolare. Ma sono state tante le popolazioni che si sono fermate su quest’isola e hanno influenzato la cucina. Infatti, della ricetta originale ne è rimasto ben poco. Ad esempio i giapponesi hanno sostituito i condimenti classici con salsa di soia e olio di sesamo, aggiungendo anche il riso.

Ingredienti

Il successo del Pokè è dovuto al gusto intenso e raffinato, ma ha anche tante proprietà nutrizionali, infatti, viene considerato un pasto healthy.

Il riso integrale è l’ingrediente tradizionale. Viene cucinato per circa 12 minuti senza mai aprire il coperchio, dopodichè va lasciato a riposo per 5 minuti.

Nella ricetta tradizionale vi sono due tipi di pesce utilizzato: il tonno e il polpo. Con il suo grande successo, però questo piatto ha visto diverse varianti che hanno visto introdurre anche altri ingredienti come il salmone o le seppie. Sono alimenti che danno un alto tasso energetico grazie alle proteine, vitamine e minerali come le B12 e la D. Successivamente, il pesce viene marinato con la salsa di soia, cipollotto, peperoncino e i semi di sesamo.

Gli altri ingredienti che fanno da contorno sono le verdure, come: l’ edamame , carote, mango o avocado, entrambe a cubetti. Il tutto va composto in una ciotola, con base di riso e un filo di salsa di soia, sopra il pesce e le verdure.

Come lo preferisci tu?

Caviale di Storione: prodotto d’Élite Italiano

Il caviale è un alimento che si ottiene attraverso la lavorazione e salatura di uova del pesce storione. Il caviale granulare ha una consistenza cremosa ed è formato da piccoli grani morbidi, di gusto delicato.

Per ottenere il caviale, gli ovari vengono estratti immediatamente dopo l’uccisione dello storione, le uova vengono separate dallo stroma connettivale e dal grasso massaggiando delicatamente porzioni dell’ovario attraverso un setaccio. Le uova separate così ottenute, o “grani”, vengono accuratamente lavate in acqua fredda. La salatura può avvenire per immersione in salamoia o a secco e la quantità di sale utilizzata dipende dalla qualità della materia prima e dal livello di controllo sanitario dell’ambiente di lavorazione.

Tipologia di Caviale

  • Beluga
  • Osetra
  • Sevruga
  • Siberian

Ma non siamo in Russia, siamo in Italia

Nelle acque Italiane vivevano in natura tre specie di storione che sono andate scomparendo a causa dell’antropizzazione dei corsi fluviali e l’eccesso di pesca illegale, destino comune in tutto il Mondo dove a causa appunto dell’eccessivo sfruttamento, tali specie ittiche sono state inserite nella Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione (Cites) al fine di favorirne la conservazione.

Ma è proprio grazie all’unicità del nostro territorio e alle sue  risorse naturali come l’acqua pura e calda, che nelle zone lombardo-venete l’allevamento dello storione in acquacoltura ha trovato  le condizioni perfette. “Mentre da noi” spiega Rodolfo Giaveri, fondatore di Caviar Giaveri “grazie a queste risorse inizialmente si allevavano le anguille, in Francia.

Precisamente in Aquitaine, con lo scarseggiare del prodotto “selvaggio” nascevano i primi allevamenti di storione per la produzione del caviale, era la loro cultura gastronomica a richiederlo, la tradizione culinaria, crearono anche un vero e proprio consorzio come per lo Champagne, per tutelarne l’origine.

L’obiettivo è quello di ottenere un prodotto di elevata qualità ed è questo che ha determinato la scelta di lavorare artigianalmente e di confezionare direttamente il caviale seguendo fedelmente la tradizione. La salatura, fase molto delicata segue una ricetta segreta di Caviar Giaveri, il metodo russo malossol (poco sale), la selezione delle uova avviene a mano con assoluto rigore e precisione, come il confezionamento. Il tutto in ambiente controllato e certificato. Un processo meticoloso che si perpetua per mantenere elevati gli standard nel tempo.

Gastronomia

Il caviale si distingue in quattro punti essenziali:

  • purezza
  • il pregio
  • il costo
  • l’aroma

Cucinare con il caviale è sconsigliabile e non permette di gustarlo appieno. In altra maniera può essere accostato, in piatti freddi o tiepidi. L’alimento, che un tempo raggiungeva il mercato senza la protezione della refrigerazione durante il trasporto, quindi caratterizzato da sapori più forti e talvolta sgradevoli, veniva spesso accompagnato da pane e burro, limone a spicchi o al cartoccio con una noce di burro o con uova alla coque

Il Made in Italy

L’Italia è oggi il primo produttore europeo di caviale e il secondo al mondo, dopo la Cina, il caviale italiano rappresenta oggi oltre il 22% della produzione mondiale con oltre 25 tonnellate annue di uova di storione prodotte e il più grande produttore nazionale si trova Brescia, ma non è il solo.

Agroittica e Italian Caviar s.r.l.. sono le due società le due società più note che si trovano in commercio con i brand Calvisius e Ars Italica. In oltre 60 ettari di vasche dedicate all’ acquacoltura vengono allevate le varietà di storione più pregiate, permettendo all’azienda di disporre di oltre il 15% della produzione mondiale del caviale d’allevamento ed esportato anche in Russia. Nel complesso si producono 6 tipi di caviale estratti da altrettante specie di storioni, sulle 26 esistenti al mondo: Calvisius lavora:

  • Tradition
  • Beluga
  • Siberian

mentre Ars Italica un allevamento più recente che si trova nel Parco del Ticino

  • l’Osetra russo
  • il Sevruga
  • l’albino Rethenus
  • il Da Vinci o storione dell’Adriatico.

Il Pesce Storione

il pesce da cui si ottiene il caviale, è da sempre una specie italiana. Ne contavamo tre specie autoctone, due si sono completamente estinte. Gli sbarramenti lungo i fiumi, l’inquinamento e la pesca indiscriminata hanno infatti portato questo animale alla completa estinzione nel nostro Paese, solo pochissimi esemplari sopravvivono nel resto d’Europa.

Lo storione adriatico è l’unica specie ancora presente, stato salvato dall’estinzione dalla famiglia Giovannini (Italian Caviar S.r.l. – Ars Italica). Da una decina di anni è in corso anche un progetto di ripopolamento delle acque da parte di Italian Caviar sia con la regione Lombardia che con la regione Veneto.

 

By Antonio Del Rivero

Lo yogurt: proprietà, caratteristiche, usi e ricette

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Lo yogurt con le sue caratteristiche, le sue proprietà, i suoi usi e le sue ricette, lo rendono un alimento prezioso nell’alimentazione.

Lo yogurt derivato del latte

Lo yogurt è un alimento ricco di molti principi nutrizionali, ottimi per il nostro organismo. Lo yogurt viene definito un alimento attivo, perché possiede  i benefici del latte fermentato. Oggi è sempre più vasta la scelta di yogurt in commercio. Esso è un ottimo alimento e può essere incluso in tutte le diete destinate a fornire un alimento “latteo” ben tollerabile, facilmente digeribile e assimilabile.

Proprietà dello yogurt

Nei trattamenti con antibiotici, che notoriamente distruggono la flora intestinale, ne aiuta il ripristino, frenando lo sviluppo di germi patogeni e agendo come disintossicante.Questo prezioso alimento favorisce inoltre la sintesi delle preziose vitamine del gruppo B, fondamentali per la pelle e il sistema nervoso. Lo yogurt è indicato inoltre per regolarizzare la motilità intestinale con i suoi fermenti lattici e a volte aiuta a digerire bene il latte. Lo yogurt viene definito un alimento attivo per il contenuto di fermenti lattici al suo interno.

Caratteristiche dello yogurt

Gli yogurt in commercio contengono normalmente fermenti lattici attivi come il Lactobacillus bulgaricus e lo Streptococcus thermophilus. Nel caso contrario in cui non sono presenti questi due componenti, significa che hanno subìto lunghi trattamenti a caldo. Il procedimento a caldo nello yogurt distrugge i fermenti lattici, in maniera tale da  prolungarne i tempi di conservazione. Lo yogurt  si trova sempre in commercio e in diversi gusti e versioni. Su tutti i vasetti di yogurt  deve essere sempre riportata  l’indicazione del contenuto. Uno yogurt che sull’etichetta riporta una quantità di grassi inferiore all’1,8%  è definito yogurt magro. Alcuni yogurt hanno un elevato contenuto di zuccheri. Oggi sugli scaffali dei supermercati è facile reperire alcuni yogurt con edulcoranti, zucchero grezzo, light, con latte Bio…

Usi in cucina

Questo prezioso alimento, può anche essere prodotto in casa e ha sapore e consistenza molto diversi, a seconda del tipo di latte usato. Lo yogurt greco normalmente è più ricco di grassi, ma non certo quanto la panna ed il suo uso spesso è un valido sostituto del burro e della panna e in particolare anche nella preparazione dei dolci da forno. Lo yogurt, infatti, grazie ai suoi fermenti lattici a contatto con il lievito in polvere favorisce la lievitazione dell’impasto. L’uso dello yogurt assoluto, a volte, può non essere piacevole visto il suo sapore fortemente acidulo e per questo si usa molto l’aggiungere pezzetti di frutta, marmellata, miele o dolcificante. Un ulteriore uso di questo alimento può essere nella preparazione di condimenti per le insalate con l’aggiunta di aromi ed altri ingredienti a proprio piacimento.

Usi cosmetici

Lo yogurt è anche un valido alleato nella cosmetica in quanto si può usare per fare delle maschere di bellezza oppure uno per uno scrub sul corpo con aggiunta di zucchero di canna e farina di cocco.

Ricette con lo yogurt

Maionese allo yogurt

  • 1 uovo
  • succo di 1 limone non trattato
  • 60 ml di olio extravergine d’oliva
  • un pizzico di sale
  • un vasetto di yogurt naturale

Procedimento:  mescolare lo yogurt bianco non zuccherato con tutti gli altri ingredienti, ottenendo così una salsa spalmabile da utilizzare su tartine, tramezzini e panini tipici delle feste oppure come condimento per verdure crude al pinzimonio.

Salsa tzatziki

  • 1 cetriolo
  • 1 spicchio d’aglio
  • 1 pizzico di sale
  • 1 cucchiaio di olio extravergine d’oliva
  • Erba cipollina facoltativa
  • un vasetto di yogurt

Procedimento:  grattugiare il cetriolo, scolare l’acqua di vegetazione e tritare l’aglio, unire il resto degli ingredienti e amalgamare il tutto.

Leggi il bando di ammissione al Master in Comunicazione Multimediale dell’Enogastronomia

Il cibo nelle tradizioni religiose

La storia e la religione  sono da sempre legate al cibo.

 Dalla religione Cristiana all’Ebraismo

Le comunità umane costruiscono le loro identità sociali  e culturali proprio intorno al cibo, su ciò che si mangia e che non si può mangiare. Nella storia diversi filosofi hanno scritto concetti sul cibo. Nell’antica Grecia gli dei venivano alimentati durante il sacrificio e anche  durante l’ultima cena, il Signore si dà in pasto, per questo il cibo viene visto come concetto di sacrificio.La quantità di cibo in abbondanza, nel senso negativo del termine, significa togliere cibo agli altri e di conseguenza l’eccesso di cibo diventa peccato.

Cibo come unità di misura

Il cibo usato in maniera smisurata viene visto come un fattore negativo. Il profeta Isaia sostiene che  il cibo è esso stesso un’ unità di misura. Dante manda coloro che mangiano troppo all’inferno e Tullio dice che  chi è magro entra più facilmente nel regno dei cieli.

Cibo e terminologia

Ci sono alcuni cibi come i cereali, la carne e il vino che sono legati ai pasti sacrificali . Nell’antica Grecia il sacerdote era anche il macellaio. Il termine democrazia nasce  proprio a tavola, come la maggior parte di altre terminologie politiche che derivano dal cibo. La stessa parola Partecipazione, significa infatti prendere parte al pasto e anche il termine Princeps deriva dal Primus catere,  ossia colui che viene servito per primo.

Cibo popoli e genere e dieta mediterranea

Il cibo determina le caratteristiche di un popolo e il suo genere, il tutto sempre in maniera religiosa. Pitagora sostiene che la donna predilige la lattuga e non la carne e che questi alimenti siano definiti come alimenti freddi e alimenti caldi. Nasce  quindi la classificazione di alimenti maschili e femminili, rappresentando proprio la differenza dei sessi. La dieta mediterranea ha origini storiche e religiose. Nella Bibbia il Signore disse a Mosè : ecco “sta per piovere il pane” ed è da qui che nasce l’origine della sacralità del pane stesso. Il Pane, l’olio e il  vino sono i tre elementi che hanno il più stretto legame con la religione. Questi tre cibi , ottengono la  denominazione DOC, ossia denominazione di origine consacrata. Il pane è il primo alimento sacro, legato  a Demetra dea della fecondità , divinità della madre terra e del grano, l’olio legato alla dea Athena ed è considerato proprio un dono divino per la sua preziosità e il vino, inteso come prosperità e  portatore di ebbrezza facendo riaffiorare lo straniero che è in noi .

Cristianesimo ed Ebraismo nel cibo

I vari tipi di religione interpretano i cibi proprio in base alla loro storia . Il Cristianesimo è molto più permissivo, l’islamismo ed ebraismo prevedono molte più limitazioni. Questi divieti li si trova proprio nei testi sacri. Nell’Antico Testamento era proibito mangiare la carne con il sangue, perché il sangue raffigurava proprio la vita. Nell’ebraismo c’è una grossa barriera sul cibo, si fa una grande distinzione tra il  puro e l’impuro. Il maiale e tutti gli animali con l’unghia spaccata non si mangiano , così come tanti altri alimenti tra i quali  i molluschi , i crostacei e non si mischia mai la carne con il latte . La tradizione ebraica è molto forte. Il popolo di Israele infatti si mantiene unito anche nella terminologia di alcuni piatti e cibi usando termini ebraici.

Alcune regole della tradizione ebraica e il suo cerimoniale

Nel cerimoniale è molto importante rispettare le regole inderogabili degli ospiti ,quindi comportarsi in maniera coerente in occasione di incontri e cerimonie in ambienti con diversa tradizione e spiritualità. Alcune regole della tradizione ebraica sono quindi fondamentali da applicare, la loro carne deve essere rigorosamente casher che significa idonea come pure il loro vino, ed è molto importante  la fermentazione dei formaggi. Violare le regole alimentari della loro religione fa sentire l’ebreo estraneo alla sua comunità e proprio la diaspora induce a condividere strettamente le regole comuni per rafforzare i legami fra chi è lontano.