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Colazione in albergo: i differenti tipi

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La colazione è il pasto di inizio giornata e in quanto tale è considerato da tutti i nutrizionisti il pasto fondamentale per una buona alimentazione. Differenti tipi di colazione a confronto, dalla Continentale all’Americana in hotel.

Viaggi: importanza della colazione in albergo

Quando si è in viaggio molto spesso viene data molta importanza alla colazione, cosa che dovremmo fare anche durante tutto l’anno. La colazione in albergo costituisce quasi il 50% dell’esperienza di soggiorno di un ospite e per l’albergo è utile per far aumentare la ” brand reputation”.  Per questo motivo è molto importante valutare e considerare i vari aspetti che ruotano attorno a questo servizio, arricchendo e rinnovando la qualità della colazione che molte volte è uno dei principali motivi di scelta di un hotel oltre ai servizi di connessione Wi-fi e location.

Colazione in albergo: Continentale e Americana

Ci sono due tipologie di colazione in albergo, quella “Continentale” e “Americana”. Il termine colazione continentale è stato coniato dagli inglesi per indicare la tipologia di colazione più diffusa oltremanica, più leggera rispetto a quella inglese e basata su tea, caffè e latte, cappuccino, espresso o cioccolata, accompagnati da brioche, pane, burro e marmellata. La colazione Continentale è tipica degli italiani e dei francesi: semplice, veloce, leggera e dolce. A differenza della colazione Continentale che prevede molto spesso la possibilità di servirsi di un cameriere. La colazione all’Americana ha la peculiarità di un ricco buffet. La maggior parte degli alberghi , soprattutto di categoria  superiore, prevede il tipo di colazione  all’ Americana, con una vasta selezione di prodotti alimentari , dal dolce al salato composta da  uova, omelette, bacon ,patate, formaggi, salumi, funghi, fagioli, salsicce, pane tostato con burro, succo d’arancia, marmellata, latte,  cereali e tante altre preparazioni a scelta della struttura.

Colazione come pasto

Una caratteristica fondamentale in questa distinzione tra le due colazioni , sta nel fatto che la colazione americana viene considerata come il pasto principale della giornata e conseguentemente deve essere più sostanziosa. La colazione americana è ricca di proteine e carboidrati, mentre quella continentale è più leggera e soprattutto più veloce. La continentale pur essendo considerato un pasto importante non è però il più importante della giornata.

Nuovi trend

Nuove tendenze alimentari fortemente richieste a colazione  negli alberghi negli ultimi anni

  1.  cibi e prodotti per persone con intolleranze alimentari (glutee free, senza lattosio, fat free,  sugar-free…)
  2.  cibi a chilometro zero con prodotti locali
  3.  frutta fresca e cibi Bio
  4.  prodotti proteici per gli ospiti attenti alla forma fisica
  5.  prodotti etnici proprio in base ad un grosso aumento di ospiti provenienti da Medio ed Estremo Oriente.

Il maggiore cambiamento è che in molti alberghi per evitare lo spreco alimentare si sta adottando la politica del cucinare alcuni cibi solo su richiesta del cliente per evitare sprechi alimentari.

Le olive da tavola: gustose alleate della salute

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Le olive da tavola in una dieta sana ed equilibrata non possono mancare. Insieme all’olio extravergine d’oliva sono tra gli elementi simbolo della Dieta Mediterranea. Date le loro elevate proprietà nutrizionali, se consumate regolarmente apportano enormi benefici alla salute.

La differenza tra quelle verdi e quelle nere dipende dal momento in cui vengono raccolte rispetto allo stato di maturazione. Le verdi vengono raccolte a settembre, quando non è ancora iniziata la maturazione, le nere vengono raccolte a completa maturazione.

La produzione di olive da tavola in Italia

In Italia le olive da tavola (o da mensa) sono coltivate prevalentemente in Sicilia, che da sola contribuisce a metà della produzione nazionale, ma anche in Puglia e Calabria e in misura nettamente inferiore in Liguria, Lazio, Campania, Toscana, Marche e Abruzzo. Ogni regione ha le sue cultivar. Sono quattro quelle riconosciute come DOP: oliva Ascolana del Piceno, oliva di Gaeta, Nocellara del Belice, Bella della Dauna (Bella di Cerignola).  Cinque sono i presidi Slow Food: oliva Caiazzana da mensa (Campania), oliva Intosso di Casoli (Abruzzo), oliva minuta (Sicilia), oliva Salella ammaccata del Cilento (Campania), oliva infornata di Ferrandina (Basilicata).

Le proprietà nutrizionali dell’oliva

Le olive sono ricche di minerali (potassio, sodio, ferro, magnesio, fosforo, zinco, rame) e di vitamine A ed E. Sono ricche di antiossidanti (polifenoli, beta-carotene e vitamina E) che contrastano l’azione dei radicali liberi e aiutano a ridurre lo stress ossidativo delle cellule. Contengono grassi monoinsaturi che abbassano i livelli del colesterolo cattivo nel sangue favorendo i livelli del colesterolo buono, riducendo così il rischio di sviluppare malattie cardiovascolari. Sono un alimento energetico ed un valido alleato per la salute della pelle e della vista grazie alla vitamina A. Hanno proprietà antivirali e antimicrobiche e un alto contenuto di fibre che favorisce la regolare funzionalità intestinale. Le olive verdi contengono più carboidrati e sono meno caloriche rispetto a quelle nere, che invece contengono più grassi monoinsaturi. Non sono indicate a chi soffre di ipertensione arteriosa, soprattutto quelle in salamoia.

Come si consumano

Le olive, a differenza degli altri frutti, anche se mature non possono essere consumate al naturale perché hanno un forte sapore amarognolo. Per questo motivo, prima di qualsiasi utilizzo devono essere sottoposte a trattamenti di deamarizzazione.

In salamoia, al naturale, aromatizzate, essiccate, infornate, con nocciolo, denocciolate, schiacciate: ce n’è per tutti i gusti. Sono molto sono usate negli aperitivi, negli antipasti e nelle insalate. Grazie al loro sapore deciso danno un tocco in più a tante ricette della cucina tradizionale, basta pensare alla scarola ripassata con capperi e olive o al baccalà in umido.

Olive da tavola ed etichette

Anche quando scegliamo le olive dobbiamo prestare attenzione alle etichette. Soprattutto quelle nere denocciolate, spesso sono realizzate trattando le olive verdi con dei coloranti artificiali come il gluconato ferroso (E579) e il lattato ferroso (E585) che le rendono scure ed omogenee. Talvolta anche quelle verdi sono trattate con additivi a base di clorofilla e derivati rameici (E140, E141) per rendere il colore più intenso. Sono tutti additivi consentiti, ma è importante saperlo per fare una scelta consapevole.

Il Patrimonio Culturale Immateriale

Il Patrimonio Culturale Immateriale comprende tutte le tradizioni tramandate di generazione in generazione. Dunque comprende: le pratiche sociali, il know-how, le conoscenze, le rappresentazioni, tutto ciò che è intangibile ma tramandabile. È determinante per mantenere vive le tradizioni e le culture dei popoli di fronte alla globalizzazione.

Nel 2003 a Parigi è stata stabilita, nella 32° edizione della conferenza generale dell’UNESCO, una convezione per la salvaguardia del Patrimonio Culturale Immateriale e quindi, essendo trasmesso di generazione in generazione, è costantemente ricreato dalle comunità per garantire l’interazione con la natura e la storia dando un senso d’identità e di continuità e quindi promuovendo il rispetto per la diversità umana.

Per essere iscritto in questa lista un elemento deve rispondere ai seguenti requisiti:

  1. “L’elemento candidato si costituisce come patrimonio culturale immateriale, come indicato nell’art. 2 della Convenzione;
  2. L’iscrizione dell’elemento contribuirà a garantire la visibilità e consapevolezza del significato di patrimonio culturale immateriale e a favorire il confronto, riflettendo perciò la diversità di cultura e la creatività dell’umanità;
  3. le misure di salvaguardia sono elaborate in modo da poter tutelare e promuovere l’elemento;
  4. L’elemento è stato candidato sulla base del più ampio riscontro di partecipazione da parte di una comunità, gruppi o, eventualmente, persone singole coinvolte con il loro libero, preventivo e informato consenso;
  5. L’elemento deve essere inserito in un inventario del patrimonio culturale immateriale presente nel territorio dello Stato proponente, come indicato dagli articoli 11 e 12 della Convenzione.”

si manifesta nei seguenti ambiti:

  • Tradizioni ed espressioni orali come canti, leggende fiabe e linguaggio, intese come patrimonio culturale intangibile;
  • Arti dello spettacolo come musica tradizionale, canti, teatro e balli tradizionali;
  • Pratiche sociali, riti e feste come processioni, cortei e feste stagionali;
  • Conoscenza e pratiche che riguardano la natura e l’universo;
  • Artigianato tradizionale.

L’UNESCO fino ad oggi ha riconosciuto come patrimonio culturale immateriale 677 elementi sparsi in 140 Paesi nel mondo. L’Italia ha ben 16 elementi iscritti in questa Lista. Di questi 16 elementi 4 sono legati all’enogastronomia:

Consulta gli articoli sulla Ricerca e Cavatura del tartufo in Italia, Dieta Mediterranea, sull‘Arte del Pizzaiuolo Napoletano e sulla Vite ad Alberello di Pantelleria tramite i link interni.

 

Il marchio di origine europeo e italiano: quali sono le differenze?

Quante volte abbiamo letto su un prodotto italiano le scritte DOP, IGP, DOC, ma cosa sono esattamente? Non sono altro che marchi di origine, ovvero dei marchi di qualità che certificano dei prodotti che hanno determinate caratteristiche qualitative e/o che sono stati realizzati seguendo determinati procedimenti. I marchi di origine però si dividono in marchi Ue e IT, vediamo le differenze:

Marchio di origine europeo

L’Ue per promuovere e tutelare i prodotti agroalimentari ha creato con il Regolamento
CEE n. 510/06 i seguenti marchi:

  • DOP – Dominazione di origine protetta: prodotti la cui produzione, trasformazione ed elaborazione avvengono in un’area geografica specifica. Se solo uno dei processi non avviene nella stessa area, allora non si può parlare di prodotto DOP. Un esempio di prodotto agroalimentare DOP è il prosciutto di Parma che è prodotto, trasformato ed elaborato in un’area della provincia di Parma posta a sud, a 5 km dalla via Emilia e fino a un’altitudine di 900 metri, delimitato a est dal fiume Enza e a ovest dal torrente Stirone.
  • IGP – Indicazione geografica protetta: prodotti agroalimentari la cui produzione, trasformazione o elaborazione avviene in un’area geografica determinata. Basta che almeno uno degli stadi elencati avvenga in una zona specifica per ottenere il marchio IGP. Un esempio di prodotto IGP è il lardo di colonnata che viene prodotto a Colonnata, frazione del comune di Carrara, ma la carne suina proviene da altre regioni italiane.
  • STG – Specialità tradizionale garantita: valorizza una composizione tradizionale del prodotto o un metodo di produzione tradizionale, ma a differenza dei primi due non fa riferimento ad un’origine. Esempio lampante è la pizza napoletana che ha determinate fasi di lavorazione.

Marchio di origine IT

A differenza dei marchi di origine Ue, quelli di origine IT contraddistinguono solo i vini di qualità, e si dividono in:

  • DOCG – denominazione d’origine controllata e garantita: l’imbottigliamento deve avvenire nella zona di produzione e in recipienti di capacità inferiore a cinque litri. Un esempio è il Fiano di Avellino realizzato da uve del vitigno Fiano, prodotte a nord di Avellino e nella zona che si estende fino ai confini della provincia di Benevento.
  • DOC – denominazione d’origine controllata: vini di qualità originari di zone limitate richiamate nel nome del vino. Un esempio è il Sangiovese di Romagna le cui caratteristiche chimiche ed organolettiche rispettano determinati requisiti.
  • IGT – indicazione geografica tipica: vini realizzati in aree ampie come ad esempio il Vallagarina che è prodotto nella zona di Trento e nella provincia di Verona.

L’Italia trionfa come paese europeo con il maggior numero di prodotti a denominazione di origine e a indicazione geografica riconosciuti dall’Unione europea. Infatti, parliamo di 320 prodotti DOP, IGP, STG e 526 vini DOCG, DOC, IGT.

 

Food styling: prima dello scatto

Il Food styling è il lavoro di chi valuta e perfeziona ogni dettaglio. Quando osserviamo la fotografia di una ricetta, di un prodotto alimentare o di un ingrediente, ci troviamo di fronte ad una pianificazione complessa. Tutto viene effettuato a priori seguendo delle regole e delle accortezze particolari.

La prima cosa da fare è trovare ispirazione

Questo è uno dei momenti più importanti nella food styling. Guardare quello che fanno gli altri non è affatto scontato. Ci rifacciamo spesso al passato e seguiamo le tendenze del momento per approcciarci ad un mercato in continuo mutamento. Non si tratta di copiare, ma di stravolgere e sfruttare al meglio ciò che troviamo e costruire qualcosa di nuovo seguendo un percorso estetico personale.

Prendete spunto da quello che più vi piace. Non solo fotografie di cibo. Ispiratevi alla moda, all’architettura, ai libri, ad una corrente artistica oppure ad un film. Un esempio di piattaforma utile dalla quale prendere diversi spunti è pinterest.

Da dove vengono le idee? 

Lo abbiamo già accennato, le fonti di ispirazioni ci aiutano ad elaborare un nostro pensiero, un’immagine, uno schema da seguire per portare avanti quello che sarà il nostro progetto fotografico finale. Le idee si presentano grazie ad un processo di osservazione visiva ma anche fisica a 360 gradi. 

Guardatevi intorno, vivete il momento e siate curiosi. 

Sviluppo

Siamo pronti per sviluppare il processo di creazione del concept visivo. 

In questa fase vanno analizzati diversi fattori: illuminazione; trama; colore; composizione; materiale; inquadratura.

Questi saranno determinanti per la realizzazione del moodboard, ovvero la raccolta delle risorse trovate durante la fase di ispirazione, utile per delineare il percorso estetico. 

Il moodboard cambia sempre per ogni fotografia o serie fotografica. L’importante è donare una determinata sensazione ed avere le linee guida da utilizzare sul set. 

Naturalmente gli alimenti saranno la parte più importante. Il piatto dev’essere il protagonista ed è per questo che dobbiamo metterlo sempre in primo piano. Bisogna tener conto delle proporzioni, della consistenza e del raffreddamento dei piatti caldi. In alcuni casi saranno necessari alcuni trucchi e metodi da rifinire durante la post-produzione.

Arrivati a questo punto, è il momento di creare un elenco dei materiali indispensabili per scattare le foto, preparare il set e scattare!

E-commerce di prodotti ittici italiani: import-export

L’e-commerce di prodotti ittici sta prendendo il sopravvento in maniera molto positiva, offrendo ai consumatori la possibilità di poter comprare pesce di ottima qualità. Direttamente dal proprio cellulare, computer o qualsiasi altro tipo di dispositivo mobile.

Per quanto possano essere interessanti i prodotti dall’estero per l’Italia, tra i più acquistati troviamo al primo posto:

  • seppie
  • calamari
  • polipo

Le importazioni nell’e-commerce, sono diventate di fondamentale importanza dato che le richieste fatte dai consumatori diventano sempre più alte.

Perché quella degli stessi diventa una richiesta più mirata verso la specie di prodotti ittici storicamente acquistati, sapendo che quello pescato in Italia non è sufficiente a soddisfare le loro esigenze.

La “new generation” di consumatori cerca con estrema richiesta, tramite l’e-commerce.

Il loro acquisto in maniera tale da ottimizzare il rapporto qualità/tempo in cui possono ottenere i prodotti ittici che provengano dall’Italia o dall’Estero.

Specie di Pesce – Prodotti Ittici

Moltissime specie di pesce – prodotti ittici non vengono considerate perché i consumatori vogliono e richiedono un numero troppo limitato di specie non considerando il fatto che ce ne sono tantissime altre da poter eguagliare la stessa qualità riuscendo a mantenere costantemente un rapporto qualità/prezzo.

Considerando per esempio che in Italia le catture di polipo nel mediterraneo sono calate in modo notevole, circa del 37% , ragione per la quale crescono molto di più le importazioni di polipo, seppie e calamari.

Nuova Alternativa 

Importante da sapere che da una nazione come il Messico si possa verificare una grande opportunità per far crescere la percentuale calata della cattura citata in precedenza, cioè riuscire ad importare in quantità industriale di questo prodotto in Italia.

Se guardiamo l’Italia, secondo una ricerca effettuata dall’Istat, il mercato mondiale dei prodotti ittici sia freschi che congelati potrebbe arrivare addirittura ai 365 miliardi di dollari entro il 2025.

La storia è in continua crescita e il cambio di strategia di mercato vola su tutti fronti.

L’espansione diventa in notevole crescita anche per il cibo d’asporto e le strutture digitali dedicate all’enogastronomia.

Il Futuro di Prodotti Ittici

Con lo sviluppo della popolarità dell’e-commerce, si stanno evolvendo molte possibilità mirate alla vendita on-line di prodotti ittici,. Data la molteplice richiesta da parte dei consumatori.

Le società che si dedicano costantemente a questo settore iniziano ad investire in tecnologie all’avanguardia. In questo modo poter garantire una straordinaria affidabilità alimentare dei prodotti presenti sul mercato con l’obbiettivo mirato di migliorare il bisogno d’acquisto per i loro clienti.

Inoltre ci sono ancora tanti altri fattori da dover migliorare, come la logistica e il canale della distribuzione, cercando di perfezionare su tutti gli aspetti. Quello che poi diventerà l’Hi-Tech/E-commerce di prodotti ittici sia per l’economia italiana che per quella globale.

Il Parmigiano Reggiano primo nella hit parade dei formaggi nel mondo

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La competizione nel settore alimentare dei formaggi tra Francia e Italia è sempre stata una gran bella sfida. Nell’ultimo periodo il nostro bel Paese ha dominato la classifica dei formaggi, con un primato di eccellenza: il “PARMIGIANO REGGIANO”

Il formaggio italiano vincitore delle classifiche mondiali

Nel settore agroalimentare l’industria casearia è in forte crescita, tanto da portare la nostra nazione in vetta alle classifiche per la produzione di formaggio, dove fino a qualche anno fa la Francia ne deteneva il primato. Tra Francia e Italia esiste da sempre una competizione per quanto riguarda la produzione del vino, dei formaggi e della cucina, ma nell’ultimo anno non è stato così perché le esportazioni dei prodotti caseari, sono quasi raddoppiate. Il motivo di questo successo deriva soprattutto dall’eccessivo consumo di “mozzarella” rispetto all’uso del “Camembert”, uno dei simboli del formaggio francese. I francesi, pur essendo grossi produttori di formaggio, apprezzano moltissimo la nostra varietà di formaggi, dal mascarpone alla mozzarella, dal grana al  Parmigiano.

Classifica dei formaggi

Purtroppo i francesi non hanno preso molto bene la classifica “THE BEST CHEESE IN THE WORLD” dove 8 nostri formaggi sono arrivati nella top 10,  mentre il loro primo formaggio il “Reblochon”,  ha conquistato solo la posizione numero 13 nella classifica. Il primo posto lo conquista a pieni voti il “Parmigiano Reggiano”, seguito dal Gorgonzola, dalla  Burrata e dal Grana Padano.

Caratteristiche dei formaggi 

La produzione dei formaggi francesi del Camembert, Brie e Roquefort e tanti altri, è molto amata da noi italiani per la tipologia di formaggio a pasta morbida, molto diversa dai nostri formaggi. Nella maggior parte dei casi essi sono lavorati a -latte crudo- che li distingue per le proprietà organolettiche e per delle sfumature di aromi molto particolari. Il primato del Parmigiano prodotto DOP altrettanto lavorato a latte crudo si differenzia in primis da quelli francesi per la stagionatura e latte proveniente solo da alcune zone d’italia che gli fanno appunto conquistare il marchio DOP.

Il Parmigiano Reggiano e le sue caratteristiche 

Il Parmigiano è un formaggio gustoso e nutriente, ricco di proteine, vitamine, sali minerali. Per le sue proprietà è indicato nella dieta di tutti, dagli adulti ai bambini, agli anziani e donne in gravidanza. La sua stagionatura lo rende facilmente digeribile, più è stagionato più risulta digeribile e la caratteristica più importante è che non contiene lattosio. Una delle sue peculiarità è anche la grossa forma che oscilla dai 37 ai 40 kili, variabili in base alla stagionatura. Questo prezioso formaggio rafforza le ossa per la sua grossa fonte di calcio, è inoltre ricco di vitamina B, ferro, zinco ed altri elementi che aiutano il sistema immunitario. Diversi studi hanno sottolineato che nei processi di stagionatura del Parmigiano si hanno proprio tutti questi benefici. Nutrizionisti, medici, dietologi consigliano un regolare consumo di Parmigiano a tutti gli sportivi e a volte viene anche inserito in qualche dieta ipocalorica.

Stagionature del Parmigiano Reggiano

Una delle peculiarità di questo prezioso formaggio è proprio la sua stagionatura che ne fa di un solo prodotto, una varietà di sapori e possibili usi in cucina e in tavola. Differenze che,  anche per questa ragione gli fanno detenere il suo primato. Alcuni esempi di stagionatura possono semplificare la scelta per l’uso desiderato:

  • 12-19 mesi il Parmigiano Reggiano ha sentori di latte fresco, burro con note vegetali di erba dal sapore dolce molto amato dai più piccini per la sua dolcezza e delicatezza al palato.
  • 20-26 mesi il Parmigiano Reggiano raggiunge il massimo equilibrio tra dolce e salato, friabile e granuloso che si presta per tutte le occasioni, sia come condimento per i primi piatti che come snack.
  • 27-34 mesi il Parmigiano Reggiano si presenta più friabile, con consistenza più asciutta e sapore più piccante, ottimo come formaggio da aperitivo e da degustazione.
  • 35-45 mesi il Parmigiano Reggiano è molto forte all’olfatto, il suo colore è giallo intenso e con cristalli nella grana friabile, amato dagli estimatori di formaggio più consistente accompagnato da vino e frutta secca.
  • 46-79 mesi il Parmigiano Reggiano si presenta di colore ambrato con odore intenso dal sentore di funghi secchi tanto da dover essere degustato preferibilmente con confetture dolci o con miele per attutire il suo intenso sapore.

Produzione e provenienza del  Parmigiano Reggiano

Il Parmigiano Reggiano viene prodotto nelle provincie di Parma, Reggio Emilia, Modena e in parte Mantova e Bologna , prodotto con latte crudo proveniente solo ed esclusivamente da codeste zone. Le differenze di questo  formaggio che lo rendono unico sono appunto la sua  unicità di origine, di sapore inconfondibile e speciale,  tanto da poterci far vantare in tutto il mondo  per la produzione di questa “eccellenza” tutta MADE IN ITALY con marchio DOP.

 

I vini naturali: nuove tendenze enologiche

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Come in ogni ambito, anche in quello enologico si fanno strada nuove tendenze, in risposta a gusti ed esigenze sempre più diffusi. Sentiamo parlare sempre più spesso di vini biologici, vini biodinamici, vini vegan e vini naturali. 

Per i vini naturali si tratta di nuova tendenza non tanto dal punto di vista della produzione ma soprattutto dal punto di vista dei consumi, per i quali si registra una crescita costante. I consumatori sono sempre più attenti e sensibili alle tematiche relative alla salute, alla sostenibilità e alla salvaguardia dell’ambiente. In questi vini trovano la risposta alle loro esigenze.

Le origini

Il movimento dei vini naturali nasce in Francia alla fine degli anni 80 e da allora diventa un fenomeno globale. Ma è negli ultimi dieci anni che si sta espandendo in modo significativo, pur restando un fenomeno di nicchia.

I vini naturali e la filosofia green

I vini naturali sono fortemente legati al territorio dal quale hanno origine e alle scelte etiche dei loro produttori, di cui diventano espressione. I vignaioli più che seguire pratiche di produzione, abbracciano uno stile di vita attraverso il quale raccontano chi sono, il loro territorio, la loro tradizione. “Il vino è fatto in vigna”. Ogni vignaiolo infatti, coltiva la sua vigna nel rispetto del suolo e della biodiversità ambientale adottando le pratiche dell’agricoltura biologica o biodinamica, e in cantina, le pratiche enologiche che più si avvicinano a quelle di una volta. Tutto questo, senza rinunciare ad un prodotto di qualità e dalla forte personalità.

Come vengono fatti

Il vino naturale viene prodotto nel modo più “puro” e “naturale” possibile. In tutte le fasi, di coltivazione e di produzione, i vignaioli mettono in pratica le loro scelte.

In vigna: non utilizzano nessun fertilizzante, diserbante o concime chimico. Inoltre non usano processi meccanici, infatti le uve vengono raccolte e selezionate a mano per evitare di danneggiarle. Tutto viene fatto nel rispetto della terra, della pianta a del frutto.

In cantina: non utilizzano processi chimici né fisici. La fermentazione è spontanea e avviene grazie ai lieviti indigeni che si trovano sulle bucce dell’uva. L’anidride solforosa è l’unico additivo aggiunto, ma solo se ritenuto necessario e in quantità molto contenute (massimo 50mg/l). Spesso non viene aggiunta affatto. In questo caso leggeremo in etichetta “senza solfiti”.

Come sono

I vini naturali hanno un legame indissolubile con la natura, non soltanto nelle pratiche di non intervento relative alla loro produzione, ma anche nel gusto. Sono prodotti vivi, che cambiano ed evolvono. Possono presentare imperfezioni più o meno evidenti, ad esempio un colore leggermente torbido, residui in bottiglia o sentori più spinti. Sicuramente non sono adatti a lunghi invecchiamenti e anche da una bottiglia all’altra possono avere delle differenze evidenti.

Normativa

A differenza della Francia, dove esiste la denominazione “Vin méthode nature”, in Italia non c’è ancora una legislazione né un disciplinare che ne regolamenta le fasi di coltivazione e produzione. Alcuni produttori hanno stilato un manifesto dove sono riportare le regole condivise dalle associazioni di viticoltori che scelgono di seguire e applicare un particolare approccio in vigna e in cantina. Le comunità di produttori di vini naturali in Italia sono i consorzi ViniVeri, VinNatur, il movimento TripleA e le associazioni Vi.Te e VAN Vignaioli Artigiani Naturali.

 

L’arte del Pizzaiolo Napoletano

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Nel 2003 l’UNESCO riconosce l’arte del pizzaiolo Napoletano come patrimonio culturale immateriale.

Per l’UNESCO l’arte legata alla produzione della pizza è un patrimonio culturale perché la manualità del pizzaiolo è unica ed è una pratica tramandata di generazione in generazione. I pizzaioli ed i loro ospiti si impegnano in un vero e proprio rituale perché il bancone e il forno rappresentano il “palcoscenico” per la produzione della pizza.

Tutto questo si verifica in un’atmosfera amichevole dato che il contesto porta a continue condivisioni di idee. La tradizione culinaria si è profondamente radicata nella vita quotidiana di ogni napoletano.

Il riconoscimento dell’UNESCO porta la pizza nell’Olimpo della cucina nazionale ed internazionale infatti individua l’arte del pizzaiolo napoletano come espressione di una cultura che si manifesta in modo unico. Vi sono tre categorie di pizzaioli: il maestro pizzaiolo, il pizzaiolo ed il fornaio.

Fasi della produzione della pizza: un elemento indispensabile nell’arte del Pizzaiolo Napoletano

L’Associazione Pizzaioli Napoletani promuove incontri sociali e scambi tra generazioni diverse. Spesso questo momento diventa spettacolare, quando il maestro pizzaiolo al centro della sua “bottega” condivide l’arte con i pizzaioli delle nuove generazioni. L’arte del pizzaiolo napoletano comprende quattro fasi:

  • La prima fase consiste nel maneggiare i panetti di pasta (passaggio chiamato Staglio).  La formazione dei panetti di pasta deve essere fatta necessariamente a mano.
  • La seconda fase consiste nella stesura dell’impasto, questo passaggio è chiamato “ammaccatura”. Il pizzaiolo forma il famoso cornicione con un movimento molto tecnico chiamato “schiaffo”.
  • La terza fase è il passaggio in cui il pizzaiolo stende gli ingredienti sul disco di pasta. Inizia dal sugo di pomodoro il quale viene steso partendo dal centro con un movimento rotatorio in senso orario.
  • La quarta fase è la cottura nel forno a legna. Per controllare la cottura, il pizzaiolo compie dei movimenti rotatori, chiamati “mezzo giro”, utilizzando una pala speciale.

“L’Arte tradizionale del pizzaiolo napoletano” rappresenta l’ottavo riconoscimento italiano nella lista del Patrimonio Immateriale dell’UNESCO ed è la terza iscrizione nazionale nell’ambito della tradizione enogastronomica.