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I piselli: legumi o verdura?

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I piselli: legume antico ricco di storia

Dagli Etruschi al giorno d’oggi

La storia dei piselli in Italia risale a centinaia di anni fa, quando questi legumi venivano coltivati soprattutto nelle regioni del Nord.

Già durante l’epoca etrusca, i piselli erano considerati tra i legumi più antichi coltivati in Italia, ma fu soprattutto durante il Rinascimento che divennero sempre più popolari.

In passato, i piselli erano considerati un alimento povero e questo era probabilmente uno dei motivi per cui erano poco diffusi nelle regioni meridionali del paese, in cui invece erano più comuni altri legumi come fave e lenticchie.

Tuttavia, con il passare del tempo e la diffusione della coltivazione in varie regioni del paese, i piselli cominciarono ad essere utilizzati sempre di più in cucina, anche nelle cucine nobiliari e aristocratiche

Aumento delle coltivazioni in Italia

Durante il periodo della prima e seconda Guerra Mondiale, i piselli furono oggetto di razionamento e diventarono ancora più preziosi, specie nelle zone del paese in cui era più difficile coltivarli.

Fu solo negli anni ’50 che la produzione di piselli in Italia ebbe una vera e propria impennata.

In questo periodo, la coltivazione avveniva soprattutto nelle regioni del Veneto e dell’Emilia Romagna, ma si estese poi anche ad altre zone del paese.

Usi in cucina

Oggi i piselli sono un ingrediente molto apprezzato in cucina per la loro versatilità.

Possono essere utilizzati come ingrediente principale in numerose preparazioni, come ad esempio in zuppe e minestre, nei primi piatti come risotti e paste, nelle insalate, nelle torte salate e addirittura in alcuni dolci.

In commercio si trovano sia freschi , durante il periodo primaverile, sia surgelati, secchi o in barattolo.

Tradizione agricola

La coltivazione dei piselli in Italia rappresenta ancora oggi una importante attività agricola, tuttavia i metodi utilizzati sono molto diversi rispetto a quelli del passato.

Oggi le tradizionali tecniche di coltivazione a mano sono  sostituite da macchinari moderni e innovativi. Inoltre, la coltivazione si effettua

su larga scala e con tecniche sempre più sostenibili.

Tradizione simbolica

Nel corso degli anni, i piselli hanno acquisito un importante valore simbolico e culturale.

Attraverso la loro coltivazione e consumo, i piselli rappresentano una delle tipiche espressioni del ciclo delle stagioni, che scandiscono il ritmo della vita e della natura, segnando l’arrivo della primavera.

Questi legumi hanno subito l’influenza di diverse epoche e culture, ma sono rimasti sempre un elemento fondamentale della nostra tradizione culinaria.

In molte tradizioni popolari del Sud Italia, i piselli sono simbolo della fortuna e della prosperità.

Grazie alla loro versatilità e alla loro bontà, i piselli rappresentano un importante patrimonio culturale e gastronomico del nostro paese.

Babà Napoletano: storia e curiosità

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Il Babà Napoletano è un dolce tradizionale della cucina partenopea amato e apprezzato in tutta Italia. Un dolce soffice, goloso e profumato. Si tratta di un impasto lievitato cotto al forno e imbevuto in una bagna al rum.

Ma qual è l’origine di questo delizioso dolce?

La storia del Babà Napoletano risale al XVIII secolo, quando il re di Polonia, Stanislao Leszczyński, in esilio a Napoli, decise di portare nella città partenopea la ricetta del dolce polacco, il Savarin.

Il Savarin è un dolce molto simile al Babà napoletano. Anch’esso è composto da un impasto lievitato cotto al forno, ma a differenza del dolce partenopeo, non viene imbevuto nella bagna al rum.

La ricetta del Savarin fu modificata dal cuoco francese di Stanislao Leszczyński, Nicolas Stohrer. Aggiunse una bagna composta da acqua, zucchero e rum rendendo il dolce più facile da conservare ma soprattutto gustoso e molto profumato. Certamente non si trattava del Babà come lo conosciamo oggi ma si può affermare con certezza che una prima versione del dolce è nata grazie al sovrano polacco.

Arrivò prima in Francia, a Versailles, nel settecento diffondendosi rapidamente nelle corti francesi. Fu la regina Maria Antonietta, moglie del re Luigi XVI, a portare la nuova versione del “Savarin” a Napoli. La prima testimonianza scritta del Babà risale al 1863 nel manuale di cucina italiana di Vincenzo Agnoletti. Ma prima che il babà sia diffuso nella borghesia partenopea bisogna aspettare la fine del secolo.

Come si prepara il Babà Napoletano?

È una preparazione che richiede molta pazienza e attenzione. L’impasto lievita per diverse ore, fino a quando non raddoppia di volume. È cotto nel classico stampo scanalato del “gugelhupfoppure in dei singoli bicchierini di alluminio per poi essere imbevuto in un’abbondante bagna al rum. C’è chi sostiene che il Babà sia ancora più gustoso se viene imbevuto in una bagna composta da acqua, zucchero e limoncello.

Il Babà Napoletano può essere gustato in diverse varianti, con aggiunta di panna montata, frutta fresca o crema pasticcera. È perfetto per concludere un pasto in bellezza o per un’occasione speciale, come una festa di compleanno o un anniversario.

Il Babà Napoletano è uno dei dolci più amati della tradizione culinaria Italiana, con una storia affascinante e delle curiosità interessanti. Se non lo avete ancora provato, vi consiglio di assaggiarlo almeno una volta nella vita, per scoprire il suo sapore unico e irresistibile.

Logistica Culinaria in Mega-Eventi Internazionali: Mondiale di Calcio e Giochi Olimpici

Logistica Culinaria in Mega-Eventi Internazionali: Mondiale di Calcio e Giochi Olimpici

La logistica culinaria sia per i Giochi Olimpici che per la Coppa del Mondo di calcio, eventi dal grande impatto sportivo e mondiale, è una parte fondamentale del loro successo e della loro efficacia. Tuttavia, ci sono molte differenze nella logistica del cibo tra questi due eventi.

MONDIALE DI CALCIO

La logistica culinaria per un Mondiale di Calcio FIFA è un’operazione di grande portata che richiede mesi di pianificazione e la cooperazione tra molti soggetti, tra cui le autorità locali, gli organizzatori del Mondiale e gli chef.

La quantità di cibo che deve essere preparata, distribuita e servita è enorme, poiché sono presenti giocatori, staff tecnico, arbitri e funzionari di squadre di tutto il mondo.

Logistica: Valutazione del Luogo

La logistica culinaria inizia con la valutazione del luogo in cui si svolgerà il Mondiale e l’acquisizione di informazioni sul cibo locale e le abitudini alimentari.

L’obiettivo è quello di creare menu che siano adeguate alle esigenze degli atleti e delle squadre e che rispettino la cultura locale.

I menu devono essere diversificati, bilanciati dal punto di vista nutrizionale e il cibo deve essere preparato in modo igienico e in condizioni di sicurezza.

La logistica del culinaria sia per i Giochi Olimpici che per la Coppa del Mondo di Calcio è necessario anche valutare e pianificare l’approvvigionamento alimentare, poiché l’acquisto di grandi quantità di cibo e bevande può essere problematico.

È importante prevedere una maggiore quantità di cibo rispetto alla normale capacità di un ristorante o di un hotel.

E negoziare con i fornitori locali in modo da ottenere le migliori condizioni per l’acquisto delle materie prime e degli ingrediente.

Logistica: Organizzazione del Personale

Inoltre, la preparazione dei pasti richiede una grande organizzazione del personale, poiché si devono prevedere centinaia di cuochi e assistenti per servire una grande quantità di persone.

È necessario anche disporre di attrezzature di cucina sufficienti e di alta qualità, poiché molte delle preparazioni richieste sono complesse e richiedono attrezzature specializzate.

Logistica della Distribuzione

Infine, la distribuzione del cibo è altrettanto importante quanto la sua preparazione. È necessario un coordinamento adeguato per garantire che i pasti siano consegnati alle squadre in modo tempestivo.

In modo che gli atleti possano nutrirsi come richiesto e prepararsi per le gare. La distribuzione deve anche essere preordinata per evitare eventuali problemi con la logistica dell’evento.

La Performance 

La logistica del cibo di una nazionale per un mondiale di calcio è un aspetto cruciale per garantire una performance ottimale dei giocatori.

Prima di tutto, è importante considerare la conformità con le norme sanitarie internazionali poiché molti paesi hanno regole molto rigide sulla preparazione, conservazione e trasporto di prodotti alimentari.

Le nazionali partecipanti al mondiale devono pianificare il loro menu in base alle abitudini e alle esigenze degli atleti. Le diete degli atleti devono essere equilibrate per garantire che gli atleti ottengano tutti i nutrienti necessari per la prestazione.

Ad esempio, gli atleti hanno bisogno di carboidrati per l’energia, proteine per la forza muscolare e un certo numero di vitamine per la resistenza.

Dietologi e Chefs

Per garantire il massimo successo, le nazionali partecipanti al mondiale lavorano con dietologi sportivi e chef di livello internazionale. Questo team si occupa di progettare il menu degli atleti, che è basato sulla quantità di calorie e nutrienti necessari per le prestazioni degli atleti.

Menu

Il menu prevede spesso piatti locali che rappresentano la cultura della nazionale, ma il cibo deve soddisfare anche i requisiti nutrizionali necessari.

Il menu di una nazionale può variare da maccheroni e formaggio italiano, a uova russe con funghi, a curry e riso indiano e così via.

Le nazionali più innovative offrono un mix nutrizionale personalizzato al gusto dell’atleta per integrare le calorie e i nutrienti necessari quando non ci sono abbastanza pentole sul fuoco per una cena completa.

Fornitori

Nella logistica del culinaria sia per i Giochi Olimpici che per la Coppa del Mondo di Calcio, il cibo che viene servito agli atleti deve essere fresco e ben conservato.

La preparazione dei pasti in loco di una nazionale è costosa e impegnativa dal punto di vista del personale. Pertanto, molte nazionali scelgono di far consegnare i loro pasti pronti da fornitori di cibo di fiducia.

La nazionale deve anche tenere in considerazione gli orari delle partite delle squadre, i giorni di recupero e l’accesso agli alimenti.

Ad esempio, in un torneo in cui una nazionale gioca due partite in quattro giorni, il cibo offerto tra le partite è fondamentale per il recupero degli atleti.

Allergeni Alimentari e Restrizioni

Una particolare attenzione deve essere rivolta anche agli allergeni alimentari. Gli atleti con allergie alimentari, come quelle al glutine, al lattosio, alla frutta secca e al pesce, devono essere presi in considerazione nella planimetria del menu al fine di garantire che non ci siano incidenti.

La nazionale deve sempre tenere in considerazione eventuali restrizioni alimentari imposte dal paese ospitante del torneo. Le restrizioni possono includere l’uso di spezie o ingredienti vietati o restrizioni sull’ingresso di cibo da un determinato paese a un altro.

In sintesi, la logistica del cibo di una nazionale per un mondiale di calcio FIFA richiede una grande pianificazione e organizzazione per garantire che gli atleti ottengano i nutrienti necessari per ottenere ottime prestazioni.

GIOCHI OLIMPICI

La logistica del cibo per i Giochi Olimpici è un compito enormemente importante e complesso, che deve essere gestito in modo efficiente per garantire la salute e la buona alimentazione degli atleti.

In un evento di questa portata, il cibo deve essere disponibile in grandi quantità e deve soddisfare le esigenze di una vasta gamma di atleti provenienti da diverse parti del mondo, con culture e gusti alimentari diversi.

Inoltre, ci sono restrizioni alimentari che devono essere affrontate e la conformità con le norme sanitarie internazionali è fondamentale.

Per i Giochi Olimpici, viene allestito un villaggio olimpico dove gli atleti possono alloggiare e mangiare. Il cibo deve essere preparato e servito in modo tale da garantire il massimo standard di igiene e sicurezza alimentare.

Ciò significa che il cibo deve essere preparato in una cucina sterile, in cui vengono utilizzati utensili e attrezzature puliti, e deve essere conservato a una temperatura costante per evitare la contaminazione.

 Logistica Culinaria: Esigenze Nutrizionale e Le Diete

Le diete degli atleti sono altamente personalizzate e devono soddisfare le loro esigenze nutrizionali specifiche.

Alcuni atleti potrebbero richiedere una dieta a basso contenuto di grassi o carboidrati, mentre altri potrebbero avere bisogno di una dieta ad alto contenuto proteico.

Il cibo deve essere anche adatto per gli atleti con allergie alimentari o intolleranze alimentari. Ciò significa che i cuochi devono seguire attentamente le esigenze nutrizionali degli atleti e preparare il cibo secondo alcune personalizzazioni.

Inoltre, ci sono molte altre considerazioni da tenere in considerazione per quanto riguarda la gastronomia olimpica, come le esigenze culturali dei vari atleti.

Ad esempio, alcuni atleti provenienti da paesi specifici potrebbero preferire piatti tradizionali del loro paese di origine. Per questi il villaggio olimpico deve essere in grado di rispondere alle loro esigenze.

Logistica Culinaria: Transporto

La logistica del culinaria alle Olimpiadi richiede anche un’organizzazione adeguata del trasporto alimentare.

Gli alimenti devono essere trasportati in modo efficace e sicuro, in modo che rimangano freschi e sani. Ciò significa che la catena del freddo deve essere mantenuta in modo sicuro, con il cibo che viene conservato a temperature adeguate durante il trasporto.

Infine, la logistica del cibo per i Giochi Olimpici richiede non solo un’organizzazione efficiente ma anche un’attenzione costante alla qualità del cibo.

Il cibo deve soddisfare le esigenze nutrizionali degli atleti e deve essere adatto alle loro restrizioni alimentari e alle loro scelte culturali.

Inoltre, la logistica del cibo richiede un’organizzazione adeguata del trasporto degli alimenti per garantire che restino freschi. E cosi la catena del freddo sia adeguatamente mantenuta.

Fornitori

I fornitori di cibo devono essere scelti con attenzione. Dopo aver verificato la loro esperienza e la loro reputazione nella fornitura di cibo a grandi eventi internazionali.

Il cibo deve essere sottoposto a rigorose ispezioni per garantire che soddisfi gli standard di sicurezza alimentare internazionali.

In sintesi, la logistica del cibo per i Giochi Olimpici richiede una pianificazione accurata, una gestione efficiente e una stretta attenzione alla qualità del cibo.  

DIFFERENZA FRA I DUE

Nella logistica culinaria sia per i Giochi Olimpici che per la Coppa del Mondo di calcio, il primo aspetto da considerare è che i Giochi Olimpici sono un evento multidisciplinare composto da numerosi sport. La Coppa del Mondo di Calcio è incentrata su un solo sport.

Questo determina una differenza significativa nella logistica del cibo. Mentre gli atleti dei Giochi Olimpici che gareggiano in discipline diverse potrebbero avere esigenze nutrizionali e preferenze alimentari distinte, i giocatori di calcio coinvolte nella Coppa del Mondo hanno esigenze simili.

In altre parole, la logistica del cibo per i Giochi Olimpici deve soddisfare le esigenze di diversi sport e di un maggior numero di atleti e squadre, mentre nel caso della Coppa del Mondo, è incentrata esclusivamente sulle esigenze delle singole squadre.

Durata dell’Evento e della Logistica Culinaria

Un altro fattore da considerare è il periodo di tempo in cui si svolgono questi eventi. I Giochi Olimpici solitamente durano due settimane (19 giorni Giochi Olimpici Parigi 2024) e gli atleti rimangono al villaggio olimpico per tutta la durata dell’evento.

La Coppa del Mondo di calcio, d’altro canto, si svolge in un periodo di tempo più lungo, di solito più di un mese (39 giorni Mondiale 2026 Messico-USA-Canada), e i giocatori possono rimanere in un unico posto o tanti altri per tutta la durata del torneo.

Questo significa che la logistica del cibo per i Giochi Olimpici deve includere una varietà di opzioni alimentari per soddisfare le esigenze e le preferenze degli atleti durante questo periodo prolungato.

Geografia della Manifestazione 

Un altro aspetto importante della logistica del cibo nei Giochi Olimpici e nella Coppa del Mondo di calcio riguarda la geografia della manifestazione.

La Coppa del Mondo verrà  organizzata in tre paesi ospitanti, mentre i Giochi Olimpici si svolgeranno in un solo paese e diverse città ospitante.

Questo significa che la logistica del cibo per i Giochi Olimpici deve essere organizzata a livello internazionale, in modo da fornire cibo fresco e sicuro per gli atleti, e richiede di sviluppare delle infrastrutture adatte.

D’altra parte, la Coppa del Mondo di calcio ha una logistica del cibo più orientata a servire squadre di calcio specifiche e non ha la necessità di organizzarsi per la presenza di atleti e delegazioni di paesi diversi.

Priorità della Logistica Culinaria

Infine, c’è una differenza nelle priorità della logistica del cibo per queste manifestazioni sportive.

Mentre la Coppa del Mondo potrebbe mirare a generare un maggiore profitto pubblicitario e commerciale, gli organizzatori delle Olimpiadi hanno il compito di garantire la salute e la sicurezza degli atleti.

Ciò significa che la logistica del cibo per i Giochi Olimpici deve includere un’attenzione particolare alla sicurezza alimentare e al servizio al cliente.

Proprio per le peculiarità dell’evento e la presenza di rappresentanti di diversi paesi, attenti alle problematiche sanitarie.

Conclusione

Nonostante siano entrambi eventi sportivi di alto livello e di portata globale, ci sono notevoli differenze nella logistica culinaria tra i Giochi Olimpici e la Coppa del Mondo di calcio. Gli eventi dipendono dalle necessità degli atleti partecipanti e dalle circostanze organizzative dell’evento sportivo.

by Jose Antonio Del Rivero

La pastiera napoletana

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La pastiera napoletana è il dolce pasquale per eccellenza, ricco di storia e di tradizione.

Le mille varianti della ricetta della pastiera

La pastiera è l’unico dolce che conserva una dimensione puramente casalinga. La si trova in vendita ovunque e fatta alla perfezione. La pastiera, quella vera di tradizione, va fatta in casa! Nessuna pastiera sarà mai uguale ad un’altra. C’è chi preferisce prepararla alta, chi bassa, chi con grano passato a metà o per intero, chi profumata con acqua millefiori. Cè chi la prepara con o senza crema pasticciera, chi con involucro di pasta frolla sottile oppure più spessa, chi con ricotta fine o più granulosa, chi con canditi. A Pasqua la pastiera proprio per le sue  personalizzazioni nella preparazione, genera veri e propri dibattiti familiari. Ogni famiglia è proprietaria del brevetto “pastiera”e della propria formula segreta . La ricetta di questo dolce pasquale infatti si tramanda generalmente in famiglia, con i suoi segreti e i suoi misteri.

Storia, mito e leggenda della pastiera

La Pastiera prima di tutto questo suo ben parlare, è il dolce più ricco di storia. La leggenda risale alla sirena Partenope, la quale trovava dimora nel golfo di Napoli e in primavera, con il suo canto deliziava il popolo. Si narra che sette fanciulle le offrirono sette doni della natura: il grano cotto nel latte, simbolo del mondo animale e vegetale, la ricotta simbolo di abbondanza , le uova simbolo di fertilità, la farina come ricchezza, l’acqua di fiori simbolo della Campania e dell’arrivo della primavera, lo zucchero simbolo della dolcezza del canto della sirena e le spezie simbolo dell’accoglienza dei popoli. L’antica leggenda sostiene che  gli Dei poi riunirono e mescolarono opportunamente tutti questi ingredienti e ne derivò questo miscuglio favoloso, dal quale nacque la “pastiera”. Esiste poi anche un’altra leggenda, quella di alcuni pescatori che, a causa dell’improvviso maltempo, sopravvissero in mare così tanto tempo, perché avevano potuto mangiare la pasta di ieri, fatta con aggiunta di ricotta, uova, grano ed aromi. La storia invece dice che l’invenzione del dolce, risale al XVI secolo, molto probabilmente come una sorta di pizza, tra il rustico e il dolce. La ricetta fu elaborata dalle monache rinchiuse nel monastero di San Gregorio Armeno a Napoli. Tra le infinite storie della pastiera, si dice anche che Maria Teresa d’Asburgo, seconda moglie di Ferdinando II di Borbone, soprannominata la regina che non sorrideva mai, assaggiando una fetta di pastiera, non poté far a meno di emanare un gran sorriso e da allora nacque il  detto napoletano “magnatell’ na risata” (ossia mangiati una risata , fatti una risata).

MuSea: Museo Vivo del Mare e Museo Vivente della Dieta Mediterranea

A Pioppi, nel Cilento, si trova il Palazzo Vinciprova, sede del Museo MuSea, il Museo Vivo del Mare e il Museo Vivente della Dieta Mediterranea. Quest’ultimo è parte integrante della rete dell’Ecomuseo della Dieta Mediterranea dichiarata nel 2010 patrimonio immateriale dell’umanità dall’Unesco

Nato nel 1998 dalla collaborazione dell’Associazione Marenostrum e dell’amministrazione comunale. Dal 2013 è gestito da Legambiente Onlus in collaborazione con l’associazione Marenostrum e il Comune di Pollica e in sinergia con il Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e degli Alburni.

La storia del Palazzo Vinciprova

Il Palazzo Vinciprova è un edificio di interesse storico tutelato dal Ministero per i Beni e le attività Culturali. Fu costruito nel XVII secolo dalla famiglia Ripoli, mercanti di origine spagnola che si stabilirono a Pioppi durante il dominio degli Aragonesi. Nell’800 il sindaco Sodano, lo cedette ai Vinciprova di Omignano. A questa famiglia apparteneva Pier Leone detto Leonino, uno degli ufficiali che prese parte alla spedizione garibaldina. Nel Museo è conservata la sua divisa, con la camicia rossa, il berretto e la spada. Nel 1986 Lidia Vinciprova cede il Palazzo al Comune.

Il Museo vivente della Dieta Mediterranea

Il Museo Vivente della Dieta Mediterranea è situato al primo piano del Palazzo Vinciprova. È dedicato allo scienziato americano Ancel Keys, che ha vissuto per 40 anni a Pioppi. Qui ha studiato il rapporto tra l’alimentazione, lo stile di vita locale e l’incidenza sulle malattie cardiovascolari dimostrando i benefici della Dieta Mediterranea. In particolare il consumo di alimenti come l’olio extravergine di oliva, pesce azzurro, legumi, verdura e frutta, soprattutto il fico bianco.

È organizzato in sei sale espositive nelle quali sono presenti video, testi ed immagini che raccontano la Dieta Mediterranea. Tra queste, la sala dedicata alla pasta fatta in casa con video-tutorial delle massaie cilentane. La sala dedicata ai sensi, nella quale ci sono delle installazioni dedicate al gusto, all’olfatto e al tatto. La biblioteca personale di Keys, che lo stesso ha donato al Comune di Pollica. Sono previste anche visite guidate negli orti didattici e sui sentieri che permettono di scoprire gli aspetti culturali e naturalistici del territorio. In particolare permettono vedere le piante spontanee autoctone della dieta mediterranea e scoprire luoghi di interesse storico.

Il Museo Vivente della Dieta Mediterranea è un esempio di Ecomuseo (museo diffuso) che si espande sul territorio. L’Ecomuseo, secondo l’archeologo Huges Vareim che ne è l’ideatore, si fonda su tre aspetti molto diversi rispetto ad un normale museo, che sono il patrimonio, il territorio e la comunità. Rappresenta dunque la sintesi tra aspetti materiali e immateriali, un intreccio di luoghi, cultura e tradizioni legati alla Dieta Mediterranea.

Il Museo Vivo del Mare

Il Museo Vivo del Mare è situato al piano terra ed è composto da tre sale e dodici vasche. Nella prima sala c’è la vasca tattile Proteus. Qui è riprodotto l’ambiente roccioso presente nei primi metri di profondità. È tattile perché è possibile toccare con mano quanto contenuto al suo interno. Un acquario ospita alcuni esemplari tipici della zona, mentre una sezione è dedicata alle tartarughe marine. È presente un’esposizione di conchiglie, spugne, carapaci e attrezzi tradizionali legati alla pesca ma anche anfore e reperti archeologici ritrovati sui fondali del luogo. Nella seconda sala ci sono sette vasche, in ciascuna delle quali è ricostruito un diverso habitat marino tipico dei fondali del Cilento, fino a 40 metri di profondità. Qui si possono osservare bavose, paguri, pomodori di mare ma anche organismi vegetali e piante endemiche del mediterraneo come la Posidonia. Due acquari ospitano un polpo e una murena. Nella terza sala vi sono le vasche dette di profondità, che riproducono fondali rocciosi costituiti da grotte e anfratti, dove ci sono pesci di grandi dimensioni come la cernia bruna o i pesci balestra. Una di esse ricrea l’ecosistema del Flysch cilentano che ospita colonie di gorgonie e spirografi.

Il MuSea come strumento didattico

Il MuSea di Pioppi è unico nel suo genere e offre ai visitatori un’esperienza immersiva nella cultura mediterranea, attraverso la storia del mare e della Dieta Mediterranea.

È una realtà molto importante anche dal punto di vista didattico, infatti è meta di visite da parte di scuole di ogni ordine e grado. La sezione del Museo Vivente della Dieta Mediterranea, offre un’esperienza interattiva sulla cucina mediterranea e sulla dieta sana ed equilibrata che caratterizza questa cultura. Gli studenti possono approfondire alcuni aspetti tematici attraverso i laboratori pratici dedicati alla Dieta Mediterranea: Cosmesi naturale, Alla scoperta delle piante tintorie, L’arte della Ceramica, Dalla piramide alimentare alla piramide ambientale e lo spettacolo “Ivo e Otto” alla scoperta della piramide alimentare, ma anche show cooking e degustazioni.

Rappresenta anche un centro di ricerca e di educazione ambientale, che promuove la sostenibilità e la tutela del mare e dell’ambiente. La sezione del Museo Vivo del Mare è un valido strumento didattico per scoprire la fauna marina del Cilento e capire come salvaguardarla. Le scolaresche possono prendere parte ai laboratori a loro dedicati, che sono: In fondo al mar, la vita sommersa, per conoscere le specie marine; Dai rifiuti al mare, per sensibilizzare alla raccolta differenziata dei rifiuti; Il mare e il mito, uno spettacolo animato per avvicinare gli spettatori al mondo marino.

Manifestazioni ed eventi

Ogni anno, da luglio a settembre, si svolge il Festival della Dieta Mediterranea, una manifestazione ricca di appuntamenti di carattere culturale e artistico. Gli eventi – incontri, dibattiti, show cooking, spettacoli per bambini, concerti musicali, escursioni guidate – si tengono principalmente presso il Palazzo Vinciprova ma si estendono a tutto il Comune di Pollica. Questo Festival punta a diffondere i principi della Dieta Mediterranea da un punto di vista antropologico e culturale ma anche pratico.

Vieni nel Cilento a visitare il MuSea di Pioppi, per scoprire la bellezza del territorio e immergerti nella cultura mediterranea.

 

Stazione Spaziale Internazionale: cosa si mangia nello spazio?

La Stazione Spaziale Internazionale (SSI) è un ambiente unico e isolato dove gli astronauti vivono e lavorano per lunghi periodi di tempo. La nutrizione è un aspetto fondamentale dell’esperienza nello spazio. Gli astronauti assumono cibi energetici e nutrienti per poter svolgere le attività quotidiane e mantenere una buona salute durante la missione.

Quindi cosa si mangia sulla SSI?

I pasti sulla SSI vengono preparati a bordo e gli astronauti hanno a disposizione una vasta gamma di cibi, sia freschi che confezionati. La maggior parte del cibo inviato è liofilizzato o surgelato. La liofilizzazione è un processo che prevede la rimozione dell’acqua dal cibo, lasciando solo sostanze secche e leggere, che possono essere conservate a lungo termine e poi reidratate in orbita. Questo riduce al minimo lo spazio necessario per il trasporto e la conservazione dei cibi.

Gli alimenti sulla SSI sono scelti per garantire la massima qualità e sicurezza. Gli astronauti non possono permettersi di ammalarsi nello spazio, dove non c’è pronto soccorso. Gli alimenti che si consumano sulla SSI sono sottoposti a rigidi controlli di qualità per garantire che siano sicuri da mangiare.

Gli astronauti hanno anche la possibilità di coltivare piante, come lattuga e zucchine, all’interno di un ambiente controllato. Questa è una delle poche fonti di cibo fresco disponibili sulla stazione spaziale. Inoltre, la coltivazione di piante offre agli astronauti la possibilità di studiare gli effetti della microgravità sulla crescita delle piante e lo sviluppo di nuove tecnologie per la produzione di cibo nello spazio.

Uno dei principali fornitori di cibo sulla Stazione Spaziale Internazionale è la NASA. Fornisce pasti progettati per soddisfare le esigenze nutrizionali degli astronauti. Questi pasti includono frutta, verdura, carne, pesce, cereali, pane e dolci. La NASA ha anche sviluppato cibi dedicati agli astronauti che hanno bisogno di diete particolari, come quelle senza glutine o per coloro che soffrono di allergie alimentari.

La dieta degli astronauti sulla SSI è essenziale per garantire il successo delle missioni spaziali. Grazie alla varietà di cibo a disposizione e alla possibilità di coltivare verdure a bordo, gli astronauti possono mangiare piatti gustosi e nutrienti, mantenendo allo stesso tempo la loro salute fisica e psicologica.

Carbonara Day: la ricetta della vera carbonara

Armatevi di uova, pecorino e guanciale: è il Carbonara Day, l’evento lanciato sette anni fa dall’Unione Italiana Food e International Pasta Organisation con lo scopo di diffondere il gusto tricolore e la cultura culinaria italiana. Dalle 12 alle 14 basterà seguire gli hashtag #CarbonaraDay e #TheRealCarbonara per condividere dirette video, opinioni, foto e consigli sui social quali Instagram, Facebook e Twitter sulla vera carbonara.

#TheRealCarbonara, un invito a tracciare un confine della ricetta originale

Quanto è consentito modificare la ricetta per poterla chiamare ancora carbonara? È la domanda che si sono posti i pastai di Unione Italiana Food, e la risposta aspetta a noi. Da uno studio condotto da AstraRicerche per il Carbonara Day è stato scoperto che il 36% dei casi le carbonare cucinate sono sbagliate: c’è chi aggiunge la panna, chi le zucchine, chi usa la pancetta al posto del guanciale; insomma, è arrivato il momento tracciare un confine invalicabile della ricetta originale, per cui se lo si supera non è più una Carbonara. Ma qual è la ricetta originale? Cerchiamo di scoprirlo.

Carbonara day: la ricetta della vera carbonara

La vera carbonara prevede 5 ingredienti: pasta, pecorino romano, guanciale, uovo e pepe nero. Quindi se usi panna, pancetta, prosciutto e parmigiano mi dispiace, ma il tuo piatto non si può chiamare Carbonara. Per realizzare la ricetta originale bisogna seguire pochi ma essenziali passaggi:

  1. Si parte dal guanciale che va tagliato a listarelle spesse e fatto rosolare in padella fino a quando il grasso diventa lucido. Una volta cotto, tenerlo da parte.
  2. Lavorare i tuorli con il pecorino e il pepe nero fino a formare una crema sostenuta, alla quale aggiungere un paio di cucchiai del grasso del guanciale e un po’ d’acqua di cottura della pasta non salata.
  3. Scolare la pasta poco salata al dente e versale nella padella dove è stato cotto il guanciale.
  4. Aggiungere la crema di tuorli e pecorino facendo amalgamare a fuoco spento con un mestolo di acqua di cottura. Alla fine unire il guanciale, impiattare la pasta e guarnire con pecorino e pepe nero.

Curiosità sulle origini della Carbonara

L’origine della Carbonara è ancora un mistero e ci sono diverse versioni sulla sua storia.

  1. Per alcuni, sarebbe stata inventata dagli americani nel 1944 dall’incontro fra la pasta italiana e gli ingredienti della Razione K di Ancel Keys (tuorlo d’uovo in polvere e bacon). Si dice che i militari americani accompagnassero la ‘Razione K’ agli spaghetti per integrare la dose di carboidrati.
  2. La seconda ipotesi è che il piatto sarebbe stato ‘inventato’ dai carbonai appenninici (carbonari in romanesco). La carbonara in questo caso sarebbe l’evoluzione del piatto detto ‘cacio e ova’, di origini laziali e abruzzesi.
  3. Terza ipotesi è quella raccontata da uno chef bolognese. Il 22 settembre 1944 per preparare un pranzo in occasione dell’incontro tra l’Ottava Armata inglese e la Quinta Armata americana nella Riccione appena liberata, lo chef Renato Gualandi unì il bacon, la crema di latte, il formaggio e polvere di rosso d’uovo, che avevano con sé gli americani, alla pasta e alla fine aggiunse il pepe.

Nonostante il dubbio sull’origine della Carbonara, questo è diventato il simbolo della cucina romana, italiana e internazionale e merita un evento in suo onore. Alla fine, come dice Marino Niola “quel che lega un cibo a una terra non è la nascita ma l’adozione. E soprattutto la dedizione che gli abitanti di un paese hanno messo nel far propri un ingrediente, una pianta, una razza animale nati altrove”.

I vini orange: la rinascita

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Nella seconda metà del I sec. d.C Plinio scrive di vino bianco, fulvo (vini orange?), sanguigno (rosso) e nero. Scopriamo le origini, l’evoluzione e l’espansione in Italia.

Ribattezzati con il nome di orange wines per il loro colore arancione, è oggi definito ‘il quarto colore del vino’. Ma oltre ad essere una moda è una riconquista di antiche tecniche che puntano alla sostenibilità.

Prima di iniziare a delineare le caratteristiche del vino orange, è opportuno analizzare le differenze tra la vinificazione in vino bianco e quella in rosso.

  • La vinificazione in rosso è quella in cui il mosto resta a contatto con le bucce per un periodo che varia da pochi giorni fino a un mese.
  • La vinificazione in bianco avviene senza macerazione, infatti le bucce vengono separate immediatamente dal liquido.

Vini orange cosa sono

  • La vinificazione in orange parte da uve bianche o grigie e segue il metodo di vinificazione in rosso. Il mosto viene lasciato a macerare con le bucce e spesso anche con i raspi per un certo periodo di tempo. La durata solitamente è a discrezione del produttore.

Il risultato finale è quello di un vino aranciato che presenta sfumature ambrate e riflessi ramati. Di un’elevata complessità e struttura, data soprattutto dalla presenza dei tannini, dei polifenoli e di sostanze aromatiche e proteiche complesse. Freschezza e sapidità si integrano col tannino facendo sì che gli orange wines tendano ad avere un profilo gustativo più orientato verso le durezze.

L’uva in genere è coltivata secondo il metodo di agricoltura biologica e quello biodinamica utilizzando sistemi eco-sostenibili e ottenendo un’elevata capacità di conservazione anche senza l’aggiunta di solfiti.

Le uve utilizzate, sono ben predisposte a subire macerazione. La buccia deve essere molto spessa e con un elevato contenuto tannico e colorante. Con queste proprietà, in Italia, troviamo la ribolla gialla in Friuli Venezia Giulia, la garganega in Veneto, il trebbiano in Toscana, il verdicchio nelle Marche e lo zibibbo in Sicilia.

L’origine degli oranges

Il nome “orange wine” è stato usato per la prima volta nel 2004 dal commerciante di vini britannico David Harvey, diventato negli anni il termine più comune. Tuttavia, il nome originale è “vino ambra” e proviene dalla culla del vino: la Georgia. Il metodo risale a circa 8.000 anni fa, grazie ad alcuni ritrovamenti archeologici, la Georgia è definito il luogo dove il vino ha origine.

Il metodo ancestrale è tradizionalmente eseguito nei qvevris o kweris: grandi anfore di terracotta che vengono sepolte e poi sigillate per ottenere la fermentazione mantenendo una temperatura stabile. Rispetto al legno, ci sono diversi vantaggi come l’assenza di sapori di tostatura e di tannini di drenaggio esogeni poco integrati.

Il vino ambra è stato aggiunto alla lista dei vini speciali dall’Organizzazione Internazionale della Vite e del Vino (OIV) e nel 2013, riconosciuto dall’Unesco fra i beni Patrimonio dell’Umanità.

I vini orange in Italia

La tradizione della macerazione, comune fino al Dopoguerra anche in Italia, era andata quasi perduta a favore delle moderne tecniche di vinificazione.

Finchè, verso la fine degli anni novanta, nacque una vera e propria scuola di Orange Wines, grazie alle sperimentazioni di alcuni produttori del Collio Goriziano al confine con la Slovenia, desiderosi di riscoprire le antiche origini del vino.

Nel 1997 Josko Gravner, fu il primo a sfidare ogni regola del mercato. Iniziò a recuperare la pratica della macerazione e nel 2000 portò dalla Georgia le prime anfore fatte di argilla senza piombo. La Ribolla Gialla è l’unica varietà che hanno a disposizione. L’uva maturata, è selezionata a mano e senza interventi chimici.

Oggi tanti giovani produttori stanno sperimentando questo metodo, più produttivo, artigianale e naturale.

Se i vini orange stanno diventando sempre più popolari, è perché si adatta a un’era moderna in cui i consumatori cercano nuovi sapori, gusti più sani e un ritorno alle fonti di vini più naturali.

Il Mondo Gourmet nello Sport della Formula Uno

Dopo aver collaborato per diversi anni all’organizzazione del Gran Premio del Messico di Formula Uno, ho potuto verificare la grande evoluzione che il mondo gastronomico ha evidenziato in questo sport negli ulti decenni.

La Novità

L’introduzione dell’aspetto del mondo gourmet nello sport della Formula Uno è stata fatta negli anni ’90, sotto la guida di Bernie Ecclestone, che è stato il responsabile della gestione del campionato di Formula Uno dal 1978 al 2017.

Un’Idea di Bernie

Ecclestone è stato un appassionato di cibo gourmet per tutta la sua vita e ha deciso di portare questa passione nel mondo della Formula Uno, ristrutturando i paddock degli autodromi di tutto il mondo per offrire una vasta selezione di cibo di alta qualità.

L‘Inizio del Mondo Gourmet 

Inizialmente, alcun delle scuderie fornivano cibo semplice, come panini o hot dog, ma Ecclestone ha deciso di cambiare questo status quo, offrendo piatti gourmet ai piloti, ai team, ai media e agli ospiti VIP. Ha iniziato collaborando con alcuni dei più famosi chef del mondo per creare piatti speciali per l’evento e ha poi creato il mondo gourmet della Formula Uno, con negozi duty-free, boutique di moda, bar, lounge e ristoranti, ognuno con il suo tipo di cibo.

Non solo un Evento Sportivo

In questo modo, la Formula Uno è diventata non solo un evento sportivo, ma anche uno spettacolo di lusso e di alta qualità, che ha attirato sempre più persone interessate alla buona cucina e all’esperienza gastronomica.

Cosa Offrire del Mondo Gourmet?

L’offerta di cibo gourmet varia da circuito a circuito e può includere ristoranti stellati, sushi bar, bistrot e lounge bar con piatti creativi e ispirati alla cucina locale. . Ad esempio, la zona VIP offre piatti a base di pesce e frutti di mare, mentre la zona Paddock offre un menu gourmet e una vasta selezione di vini e champagne.

Inoltre, la Formula Uno ha anche collaborato con alcuni dei più famosi chef del mondo, tra cui Ferran Adrià di El Bulli, Heston Blumenthal di The Fat Duck e Gordon Ramsay, per creare piatti speciali per i team e gli ospiti VIP.

Quindi, per chi ama il cibo gourmet, la Formula Uno può essere una destinazione indimenticabile poiché offre la possibilità di assaggiare piatti di alta cucina da tutto il mondo in un’atmosfera molto glamour e all’avanguardia.

Ambasciatori del Cibo 

Alcune delle scuderie possono offrire ai propri piloti e membri del team la possibilità di gustare cibi preparati su misura o piatti tipici della loro cultura d’origine, ciò è dovuto al fatto che la Formula Uno copre praticamente i cinque continenti, motivo per cui è sempre interessante per i team e piloti vivere l’esperienza gastronomica del luogo in cui si svolgerà la gara.

Ma queste iniziative sono ideate da loro stessi e non sono parte integrante del servizio di catering gourmet della Formula Uno, ma curiosamente sono loro che in qualche modo diventano ambasciatori del cibo mondiale.

In Sintesi

le zone gourmet VIP della Formula Uno sono diventate una parte fondamentale dell’esperienza di gara per i visitatori VIP, fornendo un servizio esclusivo e un’esperienza gastronomica di livello mondiale.

By Jose Antonio Del Rivero

La cucina italiana candidata all’Unesco

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La cucina italiana è candidata all’UNESCO per essere riconosciuta come patrimonio culturale immateriale dell’umanità.

Cosa è l’Unesco

La partecipazione della cucina italiana nell’elenco dei patrimoni dell’UNESCO (Organizzazione Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura), sarebbe un riconoscimento del valore culturale per il patrimonio culinario mondiale.

L’UNESCO, ha  sede a Parigi e comprende 193 stati membri e 11 associati.

Nel 1972 ci fu un accordo tra gli stati, al fine di garantire la protezione e la conservazione dei beni iscritti nella Lista del Patrimonio Mondiale.

Di questa lista fanno parte il patrimonio culturale (monumenti, agglomerati e siti), il patrimonio naturale (monumenti naturali, formazioni geologiche e siti naturali), il paesaggio naturale (creazioni congiunte dell’uomo e della natura), la ricerca scientifica e la cooperazione tra le nazioni.

I criteri delle linee guida operative per la candidatura sono dieci, occorre la corrispondenza ad almeno uno di essi,  per ottenere l’iscrizione di un bene al Patrimonio Mondiale.

Candidatura della cucina italiana

La candidatura all’UNESCO ha lo scopo di preservare e promuovere la cucina italiana per le sue tradizioni culinarie, la varietà di piatti, sapori e tecniche culinarie.

L’Italia è famosa per la sua cucina differente in ogni luogo e regione, per gli ingredienti freschi di ogni singolo territorio. La cucina italiana ha avuto molte influenze di culture straniere e influenza a sua volta, molte altre cucine nel mondo.

L’arte culinaria italiana è famosa ovunque, per la preparazione della pizza, la pasta, il risotto e il gelato.

Alcuni prodotti italiani, come il Parmigiano Reggiano, il Prosciutto di Parma e l’Olio Extra Vergine di Oliva sono amati in tutto il mondo per la loro qualità e sono diventati patrimoni gastronomici italiani.

La cucina italiana è amata e apprezzata per la sua varietà, la qualità e la capacità di rappresentare l’identità e la storia del popolo italiano.

La candidatura all’UNESCO, come patrimonio culturale dell’umanità, è un riconoscimento della sua importanza culturale e della necessità di preservare e promuovere questa eredità nell’arte di cucinare.

L’UNESCO riconosce la sua universalità come stile di vita, considerando gli usi e costumi, il territorio e la biodiversità.

La cucina italiana  non è intesa solo come cibo o un semplice ricettario. E’ come un insieme di abitudini, gesti e pratiche sociali, che portano a considerare la preparazione e il consumo del pasto, come momento di condivisione e aggregazione. Le abitudini collettive di un popolo fanno del cibo un elemento culturale.