Home Blog Page 12

Immagine coordinata. Che ruolo ha nel mondo del food&wine?

0

immàgine (letter. imàgine) s. f. [dal lat. imago -gĭnis]. – 1. a. Forma esteriore degli oggetti corporei, in quanto viene percepita attraverso il senso della vista

coordinato agg. e s. m. [part. pass. di coordinare]. – 1. agg. a. Ordinato insieme, e più spesso, in senso fig., collegato e diretto a un medesimo scopo

A cosa serve coordinare l’immagine di un’azienda?

L’immagine coordinata racconta l’azienda attraverso i suoi punti forti, trasmettendo serietà e precisione, condividendo l’idea di una mission ben definita. Di conseguenza ogni prodotto presente sul mercato sarà ricollegato immediatamente ad una determinata impresa.
Il cliente sarà attratto visivamente da gadget, manifesti, pagine social, confezioni che parlano tutti lo stesso linguaggio e avrà immediatamente l’impressione di potersi fidare.
Questo processo non farà che aumentare l’appeal del prodotto o servizio, grazie all’immagine coordinata vista dal cliente come un simbolo di stabilità e professionalità.

Come si crea un’immagine coordinata?

Tracciando veri e propri processi di progettazione di Brand Identity (logo, caratteri tipografici, palette colori) da riportare in modo chiaro, definito e coerente su tutto ciò che rende riconoscibile l’azienda enogastronomica o un determinato prodotto alimentare nel mercato.
Come l’azienda comunica con il suo pubblico in poche parole. In particolare utilizzando due tipi di comunicazione:
• tradizionale: menù, depliant, biglietti da visita, packaging…
• digitale: sito web, social media, newsletter…

Grafica coordin
Esempio di menu grafico

Che importanza ha l’immagine coordinata nel mondo del food?

La risposta, dopo le due definizioni citate all’inizio della pagina, è quasi ovvia, in particolar modo in una società come la nostra che oggi come non mai pone le sue basi sulle leggi dell’apparenza. Ed è ancora più vera se ci riferiamo al mondo del food&wine, che negli ultimi anni sta assorbendo tutte le tendenze di moda, grafica e design, mettendosi sempre di più in mostra e incuriosendo tantissimi appassionati.
E questo fenomeno riguarda non solo il cibo proposto nei ristoranti stellati, oggigiorno diventato un vero prodotto di design, ma anche quelle aziende che iniziano ad interessarsi sempre di più all’idea di vendere i loro prodotti seguendo precise regole estetiche.
La fame visiva, come viene raccontata in un questo articolo del nostro blog.

In particolare quando si parla di immagine coordinata nel mondo del food si intende “vestire” il prodotto e tutto ciò che serve per comunicarlo con una grafica che parla la stessa lingua. Questo per esempio è ben visibile nelle più grandi catene di fast food, ma anche nei nuovi format come bistrot, agriturismi, ristoranti che decidono di trasmettere al cliente un’immagine limpida della propria attività.

 

Cacao, una gioia non solo per la salute

Nominato “cibo degli dei” dagli antichi Maya e Aztechi, era considerato un cibo nobile e pregiato. Con l’evolversi della società e della cultura, il grasso corporeo è diventato l’emblema del male fisico e morale e per molto tempo, il cioccolato è stato (ingiustamente) bandito da qualsiasi dieta. Studi approfonditi hanno però fatto emergere tutti i suoi benefici e l’importanza che ricopre nella nostra alimentazione. Il cacao, diventa una gioia, anche – ma non solo – per la nostra salute!

La pasta di cacao
Una pausa, un momento di relax, un piccola gioia

Quali sono i benefici del cacao?

Le sue proprietà benefiche e nutritive erano, già note alle civiltà precolombiane che lo consumavano sciolto in acqua, realizzando una bevanda altamente energetica.

Il cioccolato ha effetti positivi sull’apparato cardio-circolatorio e su persone affette da diabete ed è un regolatore della pressione.

Primo tra gli antiossidanti naturali, le sue proprietà permettono di proteggere le cellule dai radicali liberi, contribuendo alla riduzione dei potenziali rischi di molte malattie.

Il cioccolato contiene serotonina e teobromina: due sostanze che agiscono direttamente sul cervello, favorendo il buon umore e riducendo la sensibilità al dolore. Inoltre nel cacao è presente la caffeina, che come ben sappiamo, è una vera e propria carica di energia.

Insomma, la pasta di cacao non è solo un peccato di gola, ma ci aiuta e ci permette di seguire una corretta alimentazione senza rinunciare al gusto.

La gioia di mangiare cioccolato
Che cos’è in fondo la felicità?

La Dieta Mediterranea: di cosa si tratta?

Dieta Mediterranea come stile di vita

La dieta mediterranea, non è da intendersi solamente come un suggerimento di quali ingredienti o cibi preferire a tavola. Essa invece deve essere intesa come come un vero e proprio stile di vita che ha come elementi essenziali: convivialità, cucinare insieme, stagionalità dei prodotti e dei comportamenti a tavola, zero sprechi, educazione fisica.

La nascita della Dieta Mediterranea

Agi inizi degli anni 50 un nutrizionista americano di nome Ancel Keys propone per primo questo concetto. Egli spinto dal ricercare una causa al grande tasso di malattie cardiovascolari dei pazienti americani, intuisce che ciò è dovuto alla loro dieta alimentare. L’intuizione è dettata dall’aver messo a confronto: cibi, alimenti e stile di vita della popolazione statunitense con quella del sud Italia.

Alimenti principali della dieta mediterranea
Alimenti principali della dieta mediterranea

7 Counties Study

La ricerca di Keys prende il nome di 7 Countries Study. In questo studio vengono confrontati i dati raccolti di 12000 persone di età compresa tra i 39 e 59 anni di età. Lo studio iniziato nel 1958 e terminato nel 2008, è riuscito a confrontare le abitudini “a tavola” della popolazione di 7 paesi del mondo.

  • Italia
  • Grecia
  • ex Jugoslavia
  • Giappone
  • Stati Uniti
  • Paesi del Nord Europa

La ricerca dimostra come uno stile alimentare costituito principalmente da: olio di oliva, cereali, frutta fresca, verdure debba essere preferito rispetto a quelle diete troppo ricche di grassi tipiche del Nord Europa e degli U.S.A. Questi alimenti principali devono essere accompagnati anche da un utilizzo misurato di: carne, pesce e latticini.

Per queste motivazioni, nel 2010, la dieta mediterranea è entrata a far parte parte del Patrimonio Mondiale dell’Unesco.

Archeologia della Dieta Mediterranea, a lezione con Paolo Giulierini

0

Venerdì 12 novembre 2021, in occasione dell’XI Anniversario dal riconoscimento UNESCO della Dieta Mediterranea Patrimonio dell’Umanità, si è tenuta la sesta edizione di Fico Mediterranean Lecture dedicata all’archeologia della Dieta Mediterranea.

FICO Mediterranean Lecture è un ciclo internazionale di lezioni magistrali, dedicate ad Ancel e Margaret Keys scopritori della Dieta Mediterranea come stile di vita e modello agroalimentare sostenibile, promosso dal MedEatResearch – Centro di Ricerche Sociali sulla Dieta Mediterranea dell’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli – e dalla Fondazione FICO per l’educazione alimentare e alla sostenibilità di Bologna.

Le Lectures affrontano i diversi aspetti culturali, economici, antropologici, gastronomici, medici, educativi, ecologici della Dieta Mediterranea, intesa come stile di vita, nonché come sintesi millenaria dei sistemi sociali e produttivi delle civiltà che si affacciano sul Mare Nostrum.

Il tema dell’attuale edizione della lecture ha rivolto lo sguardo al passato in cerca delle origini che hanno portato alla diffusione su larga scala di quello che è definito, dalla FAO e dall’Unesco, il regime alimentare del futuro. Ovvero il regime che può alimentare, nutrire, sostentare il pianeta senza depredarne le risorse.

In cattedra è, dunque, salito Paolo Giulierini (Direttore del Museo Archeologico Nazionale di Napoli) con la sua “Archeologia della Dieta Mediterranea” facendo luce sulle motivazioni che hanno portato questo modello ad imporsi al di là del Mediterraneo, analizzando e illustrando gli aspetti artistici ed etnografici riguardanti il legame atavico tra le abitudini alimentari dei popoli del Mediterraneo e i territori in cui tali tendenze affondano le radici.

L’evento è stato trasmesso in diretta streaming su LaRepubblica e sui canali social dell’Università Suor Orsola Benincasa, della Fondazione Fico e del Museo archeologico nazionale di Napoli.

Piramide dieta mediterranea
Piramide dieta mediterranea

A discutere dei temi dell’archeologia della Dieta mediterranea erano presenti Enricomaria Corbi, direttore del dipartimento di scienze formative, psicologiche e della comunicazione del Suor Orsola, Andrea Segrè, presidente della Fondazione Fico,  Alessandro Bonfiglioli, segretario generale della Fondazione Fico, Rosanna Romano, direttore generale del settore cultura e turismo della Regione Campania, Tommaso Pellegrino, presidente del Parco nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, Stefano Pisani, sindaco di Pollica. Le conclusioni dell’incontro sono state affidate all’intervento di Elisabetta Moro, condirettore del MedEatResearch e del Museo virtuale della Dieta mediterranea.

 

La lezione magistrale di Paolo Giulierini è entrata a far parte della galleria dei contributi didattici e scientifici del Mediterranean Diet Virtual Museum, il primo museo digitale al mondo interamente dedicato alla Dieta mediterranea, fondato proprio grazie al lavoro del MedEatResearch dell’Università Suor Orsola Benincasa, il primo centro di ricerca accademico in Italia specificamente dedicato alla Dieta mediterranea.

Il Museo mette in mostra dal 2019 anche preziose testimonianze, frutto di attente ricerche etnografiche, di produttori, chef, artigiani, scienziati, contadini, artisti, pescatori e testimonial d’eccezione anche allo scopo di contribuire in maniera rilevante alla promozione del territorio campano, alla valorizzazione culturale delle sue tradizioni, vocazioni e produzioni, nonché al plusvalore simbolico delle filiere enogastronomiche di qualità campane sul mercato globale.

Tra le sezioni più interessanti quella con le ricerche scientifiche sulla longevità e quella con i consigli del nutrizionista per seguire al meglio il regime nutrizionale e lo stile di vita previsto dalla Piramide Universale della Dieta Mediterranea progettata dal MedEatResearch.

Guarda il video dell’evento:

Scopri il bando di ammissione al Master in Comunicazione Multimediale dell’Enogastronomia

Lo stato della competitività della filiera olivicola italiana

0

È un quadro dai tratti non sempre chiari quello dell’olivicoltura italiana, dove l’innovazione tecnologica e le nuove tecniche agronomiche spesso si scontrano con le difficoltà commerciali e strutturali del settore. Ne parla ISMEA in un report dedicato che abbiamo analizzato.

Le variabili del settore olivicolo italiano e la situazione competitiva

Nel report ISMEA sull’analisi della redditività e dei fattori determinanti nella filiera olivicola, pubblicato a dicembre 2020, emerge come sia necessaria una grande attenzione alle diverse fasi della filiera al fine di orientarsi sempre più alla qualità delle produzioni per aumentare la competitività.

Sono quattro le variabili macroeconomiche caratterizzanti il settore olivicolo italiano sulle quali poter intervenire: la produzione, variabile a causa del clima, il consumo nazionale che è superiore alla produzione e per il 40% avviene tramite la GDO, le importazioni per rifornire la distribuzione italiana ed estera e le esportazioni.

La dieta mediterranea, di cui l’olio di oliva ne è un fondamento, è il fattore determinante della costante del consumo mondiale. Questa potrebbe diventare la principale leva per promuovere a livello internazionale l’olio di oliva in termini salutistici, visto che ad oggi rappresenta soli il 4-5% dei consumi mondiali di grassi. La Grecia occupa il primo posto per il consumo pro capite seguita dalla Spagna e dall’Italia e più in là dal Portogallo e dalla Siria.

La penisola italiana subisce la concorrenza dei prodotti iberici principalmente quelli di massa, come l’olio lampante, indicatore di riferimento del mercato mondiale, mentre si distacca dalle sue dinamiche di mercato per l’extravergine d’oliva di qualità. L’Italia presenta una variabilità del prezzo medio dell’extravergine in funzione dei volumi prodotti, mentre la Grecia e la Tunisia seguono l’andamento spagnolo. L’obiettivo principale della filiera è proprio quello di mantenere un prezzo adeguato che sia anche remunerativo, tenendo ovviamente ben presenti i costi.

La Puglia: com’è andata nella regione che produce la metà dell’olio italiano

olivo Puglia
©pixabay

In Sicilia, Puglia e Calabria si concentrano il 55% delle aziende e il 65% della superficie olivetata. Solo nelle ultime due sono presenti quelle pari a 30 ettari o più. Dunque, la produzione di olio di oliva si concentra nelle regioni del Meridione, lo stivale della penisola italiana da solo rappresenta oltre il 51% del totale: la provincia di Bari e la BAT sono la culla della produzione olivicola e olearia. Nel 2020 in Puglia sono state prodotte 121.161 tonnellate di olio d’oliva (stima dati AGEA).

Principalmente nel nord della regione stanno lavorando per ristrutturare gli oliveti al fine di incentivare la produzione e ridurre i costi unitari, dal momento che la Spagna riesce ad avere costi produttivi più bassi per il suo territorio più esteso e più semplice orograficamente. La qualità del prodotto italiano viene comunque riconosciuta e premiata dal mercato, nonostante le ampie oscillazioni di prezzo.

Ci sono due olivicolture caratterizzanti molti territori italiani: una più professionale, rivolta al mercato e un’altra rivolta alla vendita diretta o all’autoconsumo. Infatti, il 35% delle imprese, molte in Puglia, si limita alla raccolta e alla vendita delle olive senza seguire la fase di trasformazione.

A livello regionale il margine operativo lordo, MOL, più alto l’ha raggiunto proprio dall’olivicoltura pugliese seguito da quello siciliano e calabrese. Questa grande redditività della Puglia è dovuta al ricorso all’irrigazione che permette rese più elevate, a un aumento di processi di meccanizzazione per la raccolta che semplifica le economie di scala e all’orientamento verso la produzione di olive che consente un risparmio sui costi di molitura.

Il modello produttivo delle aziende pugliesi diventa un modello di riferimento

In particolare quello delle aziende nel nord della regione, nell’areale di Andria, che raggiungono rese elevate, contenendo i costi variabili dando vita a un’olivicoltura molto dinamica orientata all’integrazione di filiera e all’estensione degli oliveti, come quelli spagnoli.

La riforma attuata dalla PAC, con interventi sull’intera filiera, dagli oliveti alla trasformazione e successiva commercializzazione, seguendo sempre il filone della qualità e della sostenibilità, potrebbe essere la svolta per l’innovazione del settore olivicolo che ha bisogno di una visione strategica per potersi affermare sempre più all’interno del panorama internazionale.

Questa riqualificazione della filiera olivicola-olearia si spera possa far diventare l’olio d’oliva un prodotto culturale in grado di comunicare le caratteristiche del territorio italiano, amplificando il valore del Made in Italy in tutto il mondo.

Mangiare con gli occhi: il potere delle immagini e la fame visiva

0

Era Apicio, il gourmand romano del I secolo che ha coniato la frase <<Mangiamo prima con i nostri occhi>>. Mangiare con gli occhi è un’espressione d’uso comune che, solitamente, si riferisce all’attività di guardare qualcuno con desiderio, amore o avidità. Il meccanismo che lo permette è molto concreto, si trova nel cervello e stabilisce una comunicazione diretta fra i centri che controllano la vista e quelli che regolano l’appetito. Ma cosa accade quando mangiare con gli occhi non è l’unico passaggio, quando cioè l’immagine non stabilisce una relazione con il cibo ma è il cibo stesso? Che gusto ha quello che noi vediamo? La disposizione degli elementi deve costituire una sorta di mamma ai fini della degustazione, deve cioè istruire all'”uso” di ciò che mangeremo. La visione del cibo, pertanto, gioca un ruolo determinante nel giudizio che si dà al sapore di una pietanza.

Colori da bere e da mangiare

Mangiare è una delizia per tutti i sensi. Gli odori che senti mentre aspetti il tuo piatto, che fanno venire l’acquolina in bocca. I bei colori, l’aspetto del piatto e come ti viene servito. I sapori che senti quando mangi. Un buon pasto può deliziare tutti i sensi. Anche l’atmosfera nei ristoranti può cambiare il modo in cui reagisci al cibo. Sarah Browner di Innova Market Insights ha dichiarato a Food Navigator: “Il colore è un fattore chiave per l’acquisto di cibo. C’è un numero crescente di prodotti alimentari e bevande incentrati su sforzi colorati per distinguersi sullo scaffale”. A differenza di altri ambiti merceologici, il colore delle confezioni alimentari indica spesso anche la fascia di prezzo; di solito i prodotti costosi sfoggiano tinte unite e ricercate come i famosi macarons della pasticceria Ladurèe.Macarons La durèe

Image from Ladurèe

Fame visiva: Instagram e il food

Mangiare prima con gli occhi. Forse si ha fame o forse no, ma in entrambi i casi spesso si vede qualcosa e immediatamente si pensa: “lo mangerò”. Sono i nostri occhi a fare da guida, le nostre lingue semplicemente seguono. L’esposizione visiva alle immagini può anche generare sazietà.

Secondo Jan Chozen Bays, l’autrice di Mindful eating esistono 9 tipi di fame, una di queste è la fame visiva ovvero quella fame che induce a mangiare il cibo che attira lo sguardo e si presenta bene. Instagram rappresenta per il cibo un ristorante a cielo aperto: il cibo deve essere buono, catturare l’attenzione dei followers, fare tendenza ed essere instagrammabile. Viviamo nell’era del Snap it before you eat it per cui prima di scegliere un prodotto o un ristorante in cui consumare la nostra prossima cena, ci lasciamo ispirare dai contenuti che troviamo sui social. I social media hanno pressato le aziende alimentari affinchè generino prodotti che possano essere idonei per Instagram.

Instagram e food

Image from foodlifestyle.it

Identità golose 2021, tra lavoro e futuro

0

Al via a Milano, presso il Mi.Co Milano Congressi di via Gattamelata, la sedicesima edizione di Identità Golose (The international Chef Congress).

Nella tre giorni, da sabato 25 a lunedì 27 Settembre 2021, si alterneranno oltre 100 relatori provenienti dal panorama enogastronomico, nazionale e internazionale, tra dibattiti e masterclass suddivisi in 10 aree tematiche.

Identità Milano 2021“Costruire un nuovo futuro: il lavoro”. Il tema centrale della manifestazione sarà proprio il lavoro quale valore fondante del nostro vivere comune, così come sancito dall’articolo n.1 della Costituzione.

Come evidenziato da Paolo Marchi Claudio Ceroni, creatori e curatori di Identità Golose: “Se prima non risolveremo questo drammatico problema, se non restituiremo alle donne la dignità professionale persa con la crisi, se i giovani saranno ancora a lungo parcheggiati in un limbo economico, sarà inutile parlare di quale cucina avremo una volta usciti dalla pandemia, se le persone avranno più voglia di innovazione o tradizione, di pizze gourmet o pizze margherita, di dessert al piatto o torte da tagliare a fette, di pesce, carne o verdure, di gelato gastronomico o gusti classici, eternamente quelli. E anche quale vino e quale servizio, al ristorante come in albergo. Prima il lavoro!”.

Lo sguardo è chiaramente rivolto al domani, memori dell’esperienza della pandemia e dell’emergenza sanitaria ed economica che ha colpito in particolare il settore della ristorazione. Si discuterà, dunque, su quali possano essere le misure da adottare per uscire dalla crisi e ripartire, costruendo una nuova stabilità che miri al benessere, alla dignità e alla crescita che solo uno strumento fondamentale come il lavoro può offrire.

Leggi il programma completo qui

Consulta il bando di iscrizione alla XII edizione del Master in Comunicazione Multimediale dell’Enogastronomia

 

Tre Bicchieri White 2021: un brindisi con i vini bianchi premiati nel 2021.

0

Tre Bicchieri White 2021: Napoli riparte dai vini bianchi d’eccellenza

La prima e inedita edizione di Tre Bicchieri White Gambero Rosso, un evento dedicato ai vini bianchi premiati con i Tre Bicchieri nella guida Tre Bicchieri Gambero Rosso 2021. Una serata dalle mille suggestioni, la prima dopo la pandemia, in cui l’Italia con le sue eccellenze si ritrova di nuovo unita per i Tre Bicchieri Gambero Rosso, all’insegna di una quasi ritrovata normalità e soprattutto della voglia di tornare a condividere la passione e l’amore verso il buon vino. Ad ospitare uno degli incontri più prestigiosi dell’anno la rinomata cornice di Belvedere Carafa, piccolo angolo di paradiso nel cuore della città, in cui la maestosità e la raffinatezza delle sale interne ricche di arte e storia, incontra una terrazza dalla vista mozzafiato.

Tante le eccellenze enologiche che hanno impreziosito l’evento. Referenze storiche e cantine emergenti hanno costruito con i loro vini un percorso degustazione tra le migliori realtà del Bel Paese: dalla suggestiva viticoltura delle fredde montagne altoatesine, ai ricchi terreni campani passando per le bollicine della Franciacorta fino ad arrivare alle dolci colline dell’entroterra laziale; e ancora Trentino, Marche, Piemonte,Veneto, Friuli Venezia Giulia e Valle d’Aosta per un quadro sensoriale ricco e variegato.

A guidare la degustazione il gruppo servizio dell’ Ais Napoli, preciso e professionale, che con l’ esperienza che contraddistingue da sempre i suoi sommelier, ha saputo regalare al pubblico un’experience  dinamica e coinvolgente. Tanto buon vino, ma non solo.  Ospiti della serata gli esperti panificatori de La Francesina Buolangerie di Ercolano, da poco premiati con i Tre Pani della Guida Pane e Panettieri; il gusto ricercato e innovativo di Giappo Sushi Bar di Enrico Schettino, un’istituzione della cucina nipponica di qualità in Campania; Ros Fried Chicken Sauces Lab laboratorio creativo specializzato nella cucina di pollo e creazione di salse; e la storica Pasticceria Poppella del maestro pasticciere, apprezzato ormai in tutta Europa, Ciro Poppella. Ad accompagnare la degustazione, infine, l’elegante e raffinato soundset di Lunare Project di Roberto Barone Art Director di Radio Yatch.

Tre Bicchieri White conferma le aspettative di una serata magica e multiforme in cui arte, cultura, musica ed alta gastronomia dialogano con disinvoltura regalando un’esperienza senza precedenti.

Dal Web Marketing all’e-commerce per il Food & Beverage

Il master in Comunicazione Multimediale dell’Enogastronomia dedica un modulo al Web Marketing.

Modulo VI
Web Marketing

– Web Marketing
– E-commerce per il food & beverage
– Email marketing
– Search Engine Marketing (SEM)
– Social Media Marketing
– Influencer marketing
– Customer Relationship Management (CRM)
– Web: aspetti legislativi

Il web marketing grazie all’utilizzo di strumenti e tecnologie digitali ed alla corretta definizione di un piano, consente di raggiungere gli obiettivi prestabiliti anche alle piccole e medie imprese.

Le campagne su Google Ads, le attività di influencer marketing, l’email marketing, l’indicizzazione sui motori di ricerca, la creazione di inserzioni su Facebook, l’ E-commerce per il food & beverage, sono tutte attività di internet marketing che possono aiutare le aziende a raggiungere il proprio pubblico nel più breve tempo possibile, implementando il fatturato e permettendo al business di crescere anche in termini di reputazione, non solo on line.

Per studiare la strategia di web marketing più efficace è necessario comprendere le azioni necessarie per guidare il nostro utente lungo tutto il suo processo d’acquisto. Ciò è possibile utilizzando il Funnel, ossia la canalizzazione d’acquisto, un metodo incentrato sul cliente che illustra in maniera teorica ed empirica i passaggi del consumatore fino all’acquisto.

Inoltre l’emergenza COVID-19 ha amplificato il ruolo del digitale, portando cosi a far utilizzare questa leva strategica a molte aziende, che l’hanno ritenuta il metodo più efficace per restare in contatto con i propri clienti e trovarne dei nuovi.

Occorre, però, essere pronti all’innovazione, che rappresenta uno dei tasselli principali del web marketing.

LEGGI IL BANDO

Visita Guidata del Master: I Vitigni Flegrei – Cantine Babbo

0

Cantine Babbo apre le porte ai giovani studenti del master in Comunicazione Multimediale dell’Enogastronomia.

I Campi Flegrei hanno ottenuto la classificazione DOC (D’Origine Controllata) nel 1994 e la produzione vinicola si estende su sette comuni: Procida, Pozzuoli, Bacoli, Monte di Procida e Quarto, oltre a parte quelli di Marano e Napoli. Dopo nel 1998 a Bacoli nasce cantine Babbo, anche se ci sono dati risalienti al 1900 che dimostrano che il nonno di Alessia, l’attuale proprietaria, avesse già acquistato quegli ettari di terreno per destinarli alla produzione vitivinicola.

Una grande fortuna qui è che i vigneti sono immuni alla fillossera, grazie al terreno vulcanico su cui vengono coltivate le viti. La composizione del suolo, ricca di ceneri, lapilli, tufi e vari microelementi ha tenuto lontano il parassita e quindi le viti sono in gran parte ancora su piede franco.

Ad oggi cantine Babbo conta 16 Ettari di terreno ed una produzione di circa 20000 bottiglie l’anno. Producono un ottima Falanghina, dal colore giallo paglierino e dai profumi intensi e persistenti, di nome Sintema. Ma la vera novità è Malazè una Falanghina al 100% ma spumantizzata con metodo italiano in autoclavi di acciaio.

Al termine della visita fra vigne e macchinari, i ragazzi hanno concluso con una degustazione di vini, ormai pronti dopo una settimana di studio sotto le mani di Stefania Annese e Francesco.

LEGGI IL BANDO