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Il FUGU : Tentare la Sorte?

Boccone di Morte:

Il pesce Fugu giapponese, noto anche come boccone di morte, è una delicata prelibatezza gourmet della cucina giapponese.

Il pesce contiene una delle più potenti tossine naturali esistenti nella natura, il Tetrodotoxina, che può essere letale per l’uomo.

La Tradizione:

La tradizione di consumare il Fugu risale a più di 2.000 anni fa. Inizialmente, era una pratica riservata solo alle classi nobiliari giapponesi, ma poi si diffuse gradualmente tra le persone comuni.

Negli ultimi anni, il Fugu è diventato ampiamente disponibile nei ristoranti giapponesi di alta fascia, ed è stato introdotto in alcuni paesi occidentali come Francia, Stati Uniti e Canada.

Fugu Forte Regolamentazione:

Anche se il Fugu viene pescato in mare aperto, il suo consumo è fortemente regolamentato dalle leggi giapponesi. Solo i cuochi professionali che hanno superato un corso di addestramento e hanno ottenuto una licenza specifica possono preparare e servire il Fugu.

Inoltre, il pesce deve essere preparato seguendo rigide procedure di sicurezza, come la rimozione accurata delle parti del pesce che contengono la tossina.

Per Ottenere la Licenza Necessaria:

Per ottenere la licenza necessaria a preparare il Fugu in Giappone, i cuochi professionisti devono seguire un rigoroso corso di apprendimento e superare un esame.

Rigoroso Corso di Apprendimento:

Questo corso è offerto solo da un numero limitato di scuole autorizzate dal governo giapponese.

Il processo di formazione di un cuoco di Fugu può durare da diversi mesi a diversi anni.

Durante il corso, gli studenti apprendono le tecniche necessarie per la preparazione del pesce in modo sicuro, evitando la tossicità.

Inoltre, imparano anche la storia, la cultura e le tradizioni legate al consumo di questo pesce.

Una volta completato il corso, i candidati devono superare un esame mirato a valutare la loro conoscenza e capacità di preparare il Fugu in modo corretto.

L’Esame Scritto:

L’esame inizia con una prova scritta, che copre sia la teoria che la pratica della preparazione del Fugu.

Successivamente, gli studenti devono dimostrare le proprie abilità pratiche nella preparazione del Fugu in modo sicuro.

L’Esame Pratico:

L’esame pratico è effettuato in uno studio di registrazione, con giudici che valutano ogni minimo dettaglio della preparazione del pesce.

Gli esami sono estremamente difficili e solo una piccola percentuale di candidati riesce a superarli con successo.

Tuttavia, coloro che superano gli esami possono ottenere la licenza per preparare e servire il Fugu nei loro ristoranti.

In Giappone, la licenza per preparare il Fugu è emessa dal Ministero della Salute, del Lavoro e del Welfare.

Il documento di licenza specifica il nome, l’indirizzo e altri dettagli del cuoco autorizzato.

La licenza deve essere esposta pubblicamente in ogni ristorante dove il Fugu viene servito, e deve essere regolarmente rinnovata.

Il processo per ottenere la licenza per preparare il Fugu in Giappone è lungo e rigoroso, ma questo è necessario per garantire che solo i professionisti più qualificati siano autorizzati a preparare e servire questo pesce.

Queste misure di sicurezza sono fondamentali per proteggere la salute dei clienti e preservare le tradizioni e la cultura legate al consumo di questo pesce pregiato.

La Preparazione:

La preparazione richiede molta cura e attenzione.

Il cuoco deve rimuovere accuratamente la carne velenosa del pesce, lasciando solo la carne sicura da mangiare.

La preparazione tradizionale prevede che la carne venga servita come sashimi (pesce crudo), zuppe o in piatti fritti.

Il sapore del Fugu viene descritto come delicato e leggermente dolce, ma il suo vero fascino risiede nella sua consistenza particolare, che viene descritta come “gommosa” o “croccante”.

Conclusione:

Il Fugu giapponese è una prelibatezza considerata molto esclusiva dalla cucina giapponese. Nonostante la sua tossicità, negli ultimi anni è stato introdotto in diversi ristoranti in tutto il mondo.

La preparazione del Fugu richiede molta esperienza e cura, e solo i cuochi professionisti che hanno ottenuto una licenza specifica possono prepararlo e servirlo nei ristoranti.

By Jose Antonio Del Rivero Yaniz

I vari tipi di cibo crudo: carpaccio, marinatura e salatura.

I crudi a tavola

In linea con la tendenza proveniente dal Giappone e che riguarda il sushi e la preparazione di altri cibi crudi, anche nel bacino mediterraneo si è manifestato un interesse per la cucina cosiddetta cruda.

Sono vari i tipi di cibo crudo. La distinzione tra i crudi è varia: il carpaccio, la marinatura e la salatura. C’è molto da discutere su questo argomento proprio per quanto riguarda il problema del crudo legato alla salute, per la presenza batterica, la scarsità di conservazione del crudo stesso, igiene e infezioni derivanti.

Il crudo preparato a carpaccio

Per carpaccio si intende un cibo completamente crudo dove l’elemento fondamentale è il taglio. Nel carpaccio il taglio è di uno spessore sottilissimo. Il carpaccio può essere fatto con carne, pesce e verdure. Il miglior condimento per il carpaccio è sempre a crudo e a base di olio di oliva nella maggior parte dei casi.

Il crudo preparato con la marinatura

La marinatura a differenza del carpaccio, è sempre un altro tipo di cibo crudo ma il procedimento avviene per effetto di una combinazione di elementi, di grassi o di alimenti acidi.

Il cibo crudo può essere marinato con l’uso di limone o di aceto, a seconda dei propri gusti o necessità e con aggiunta di spezie.

Come per il carpaccio, anche per la marinatura si preferisce usare prodotti tagliati in maniera molto sottile. Il prodotto va immerso completamente nel liquido di marinatura, lasciandolo riposare dalle due ore, all’intera notte in frigorifero. Una volta trascorso il tempo di immersione del cibo nel liquido di marinatura, il prodotto deve essere scolato, asciugato accuratamente e condito con olio e aggiunta di spezie.

Il crudo con metodo della salatura

Un altro tipo di marinatura può essere fatta con il sale, il quale asciuga, disidrata il cibo e ne facilita la conservazione .

L’alimento che meglio si presta al metodo di “cottura” a crudo con il sale, è il filetto di vitello. Per la marinatura  al sale, è necessario coprire completamente il pezzo di carne da marinare con uguali proporzioni di sale e carne. Il procedimento deve essere fatto in due volte. Una prima salatura di 12 ore.

Trascorso questo tempo, bisogna pulire il pezzo di carne e ripetere la stessa operazione per la seconda volta sempre per 12 ore. Una volta trascorse le 24 ore in totale sotto sale, è necessario pulire molto bene il pezzo di carne privarlo di eccessi di sale, tagliarlo in fettine sottilissime e condirle con olio crudo e aggiunta di ingredienti a proprio piacimento, come parmigiano, tartufo.

La Ruby Roman il Gioiello Giapponese della Gastronomia

 

La Ruby Roman il Gioiello Giapponese della Gastronomia.

La Ruby Roman il gioiello giapponese della gastronomia è un tipo di uva giapponese considerata una prelibatezza per i suoi sapori dolci e intensi, e per la sua rara disponibilità.

 

Questa varietà di uva è stata sviluppata da un gruppo di agronomi nella prefettura di Ishikawa, Giappone, e il suo nome deriva dalla sua caratteristica principale, ovvero il suo colore rosso intenso che ricorda quello dei rubini.

Lo Sviluppo della Ruby Roman:

La Ruby Roman il gioiello giapponese della gastronomia è stata sviluppata attraverso un processo di selezione di varie specie di uva. Con l’obiettivo di ottenere un frutto dalle dimensioni grandi e dal gusto dolce e intenso.

 

La Ruby Roman Coltivazione:

Il suo processo di coltivazione richiede un clima molto specifico, con una forte differenza di temperature tra il giorno e la notte.

La pianta richiede una particolare cura per garantire la sua perfetta qualità.

 

Le Regole per il Coltivo:

Gli agricoltori giapponesi che coltivano la Ruby Roman devono anche seguire una serie di regole rigide.

Per esempio, le uve devono pesare almeno 20 grammi ciascuna. Devono avere un alto contenuto di zucchero. on un grado di zucchero superiore al 18% per garantire un sapore intenso e unico.

Raccolta e Conservazione:

Inoltre, deve essere garantita la massima cura nella raccolta e nella conservazione delle uve, poiché qualsiasi danno o anomalia riscontrata può portare alla perdita del loro valore e della loro rarità.

Disponibilità della Ruby Roman:

La Ruby Roman è disponibile solo in Giappone, e solo in quantità limitate.

 

Il Costo della Ruby Roman:

In genere è venduta nelle vendite all’asta, con i prezzi che a volte possono raggiungere somme elevate come 10.000 dollari per un grappolo di 30 uve.

Questo rende la Ruby Roman la varietà di uva più costosa al mondo, e la sua rara disponibilità.

Il suo gusto unico la rendono una delle prelibatezze più ricercate dai cultori della gastronomia.

 

Diversi Utilizzi:

Questa è utilizzata come regalo di lusso. Anche come ingrediente per piatti esclusivi serviti nei ristoranti più eleganti del Giappone.

Utilizzata anche in alcune ricette di dolci di alta gamma, in cui il suo sapore dolce e intenso ed esaltato al massimo.

 

Conclusione:

La Ruby Roman è una varietà di uva giapponese molto rara e costosa, apprezzata per il suo sapore dolce e intenso e la sua rara disponibilità.

La sua coltivazione richiede condizioni specifiche e un processo di cura particolare, e la sua vendita limitata la rende una prelibatezza ricercata dai cultori della gastronomia più esclusiva.

 

by Jose Antonio Del Rivero Yaniz

Food forest: che cos’è e come funziona

Mentre la tecnologia interviene nell’agricoltura per rendere più efficiente e sostenibile la produzione, un nuovo sistema di coltivazione può ricreare la biodiversità e produrre il massimo cibo: stiamo parlando della food forest, ma che cos’è? L’esperto Stefano Soldati la definisce come “un sistema che, ispirandosi al bosco, cerca di produrre il massimo di cibo, fibre e legna da ardere, per soddisfare i nostri bisogni”: un bosco formato da alberi da frutto, erbe medicinali, cespugli di bacche e ortaggi.

Le caratteristiche

Quando si parla di food forest, si fa riferimento a un appezzamento di 800/1000 mq, altrimenti si parla di giardini commestibili, e il sistema dal quale si trae ispirazione per la sua costruzione è il bosco o la foresta, dove, in uno stesso spazio, convivono piante di diverse altezze, con funzioni complementari. In questa ‘foresta del cibo’ si trovano principalmente:

  • Alberi perenni, ovvero che non devono essere ripiantate e non hanno bisogno di lavorazioni particolari.
  • Varietà e biodiversità data dalla struttura stratificata.
  • Alberi da frutto grandi quali melo, pero, ciliegio e frutteti medi (fichi e melograni).
  • Piante cespugliose aromatiche come rosmarino, lavanda, lamponi.
  • Essenze a foglie.
  • Tuberi.

La cosa sorprendente è che non ha bisogno di trattamenti o potature perché il suolo si autogenera grazie alla presenza delle pianti perenni, delle foglie e dei frutti caduti. Molto importante per mantenere la biodiversità è non dissodare il terreno così da:

  • preservare la struttura naturale,
  • impedire la perdita di sostanze nutritive,
  • consentire ai piccoli ospiti del suolo, microbi o insetti, di svolgere in modo compiuto il loro lavoro: mantenere il terreno sano, fertile e attivo.

Come funziona la food forest

Questa tipologia di coltivazione segue i principi della permacultura secondo la quale, per aumentare la produttività, le piante in natura devono crescere in una struttura stratificata:

  1. In alto gli alberi che formano una tettoia,
  2. arbusti e piante erbacee sottostanti,
  3. piante che coprono il terreno nello strato più basso e che hanno radici coltivabili,
  4. nell’ultimo livello piante rampicanti che crescono verticalmente.

Nella food forest troviamo gli alberi da frutto in alto, scendendo gli arbusti di bacche commestibili, poi piante perenni e annuali, e infine i tuberi sottoterra. Grazie a questa stratificazione le chiome ombreggiano le piante sottostanti, i livelli più vicini a terra rimangono sempre più rigogliosi e umidi, e la profondità che raggiungono le radici di alberi alti rendono le piante più piccole resistenti alla siccità. Un vero e proprio sistema che si autogenera diventando sostenibile. Per ricreare una vera e propria foresta del cibo, però, è necessario sapere come nasce una foresta vergine e come replicarla.

Il ciclo delle foreste vergini

In terreni poveri le prime a nascere sono le erbe spontanee annuali, seguite dopo qualche anno dalle erbe spontanee perenni. Grazie alla pioggia, queste arricchiranno lentamente il suolo di materia organica, dando vita ai primi arbusti che diventano rifugio per gli uccelli e delle armature per i piccoli alberi che nasceranno qualche anno dopo. Dopo vari cicli di piante spontanee, dal bosco prende vita la foresta vergine composta da alberi che possono vivere oltre 1000 anni e che ospita tutte le forme di vita, dalla più microscopica al mammifero più grande.

Come creare la food forest da questo ciclo

Ovviamente per ricreare la food forest non è possibile aspettare 700 anni, dunque per ricreare il ciclo della rigenerazione della natura è necessario piantare lo stesso giorno frutteti, alberi, arbusti ed erbe.

Food forest e orto: le differenze

È importante sottolineare che la food forest non è un orto perché a differenza di quest’ultimo non ha bisogno né di essere coltivata e né di interventi continui e i frutteti non sono costituiti dalla stessa specie e messi in fila, ma necessitano di altre piante per creare un equilibrio e autosostenersi. A differenza dell’orto, l’obiettivo della food forest è l’autoconsumo. 

Benefici

Oltre a generare cibo e biodiversità, mitiga l’inquinamento atmosferico, genera ossigeno, le radici degli alberi contribuiscono a immagazzinare il carbonio nel suolo e a migliorare la circolazione dei nutrienti. Grazie al suolo sano come base, le foreste alimentari richiedono una minore o nessuna fertilizzazione artificiale e contribuiscono a diminuire le emissioni di CO2.

Esempi

Il paese che conta più food forest sono gli Stati Uniti e la prima è la Beacon Food Forest di Seattle. Anche l’Italia non scherza in quanto c’è:

  • la Picasso Food Forest nel quartiere di Lubiana, Parma che ospita 200 specie di piante e alberi da frutta.
  • Parco nord di Milano che occupa 10.000 mq
  • Bosco Nico in Veneto
  • Saja in Sicilia
  • Bosco Cinque Querce a Siena con alberi e arbusti da frutto, erbe medicinali e officinali, bacche e ortaggi utili sia all’uomo che alla fauna selvatica.

La Tortilla e i Tacos México

La Tortilla e i Tacos México

La tortilla e i tacos del Mexico sono diventati uno dei piatti emblematici della cucina messicana, ma quali sono le loro origini e come sono diventati così popolari in tutto il mondo?

Storia:

La tortilla e i Tacos del México hanno una storia antica e affascinante.

La tortilla messicana, a base di mais, risale a migliaia di anni fa, Le prime testimonianze di tortilla messicana risalgono all’anno 500 a.C. quando le antiche civiltà mesoamericane, come i Maya e gli Aztechi, utilizzavano il mais come alimento base della loro dieta.

Le prime tortillas messicane erano fatte a mano, schiacciando i semi di mais in una pasta, poi i materiali per creare nixtamal, che aiuta ad ammorbidire l’involucro. La pasta veniva poi stesa in piccole tortillas e cotte su una pietra calda chiamata “comal“.

Con l’arrivo dei conquistadores spagnoli, i prodotti europei come la farina diventarono disponibili in Messico, e le tortilla e i tacos del Mexico iniziarono a essere fatte con un mix di mais e farina. Questa nuova tortilla si chiamava “tortilla azteca” e divenne presto popolare in tutto il paese.

Dopo l’indipendenza del Messico ottenuta nel 1821, la tortilla diventò presto un’icona nazionale, rappresentando l’orgoglio e l’identità della cultura messicana.

Oggi, La tortilla e i Tacos del México sono ancora un alimento fondamentale in Messico e in molte parti del mondo. la Tortilla viene utilizzata per creare una vasta gamma di piatti, da tacos a quesadillas, tostadas e burritos, solo per citarne alcuni.

La tortilla è diventata un simbolo della cultura e della cucina messicana, e continua ad essere apprezzata in tutto il mondo per il suo sapore, la sua versatilità e la sua tradizione.

Tuttavia, l’utilizzo delle tortillas non era limitato solo come sostituto del pane, era anche utilizzato come piatto, ripieno di carne, formaggio e verdure fresche.

E infatti, è proprio da qui che nascono i tacos messicani, una variante delle tortillas farcite ottenute piegando la tortilla su se stessa e riempiendola con deliziosi ingredienti tradizionali messicani.

 

 

La tortilla e i tacos Mexico:

Il taco messicano, in particolare, è diventato uno dei piatti emblematici della cucina messicana, grazie alla sua portabilità e al fatto che può essere facilmente ripieno con una vasta gamma di ingredienti.

Il ripieno più popolare rimane comunque la carne, come la tradizionale carne asada, il pollo o il maiale.

Dopo la conquista spagnola nel XVI secolo, la cucina messicana iniziò a mescolarsi con quella europea, portando alla nascita di nuove ricette e preparazioni.

Tuttavia, la tortilla e i tacos rimasero un elemento permanente della cucina messicana, che continuò a svilupparsi e a innovarsi nel corso dei secoli.

La tortilla e i tacos Mexico:

Ci sono molte tipologie di tacos messicani dove , alcune delle quali variano da regione a regione nel paese. Ecco alcune delle varietà più popolari:

Tacos al pastor:

una varietà originaria della Città del Messico, tacos al pastor derive dalla tradizione di falafel arabo, portata dai migranti in Messico. Si tratta di carne di maiale marinata con spezie e cotta su una pila verticale di kebab.

Tagliato a fette e servito su una tortilla di mais con cipolla e coriandolo.

 

Tacos de carne asada:

Varietà di carne alla griglia servita a fettine sottili, su una tortilla di mais, con salsa di pomodoro, cipolle e coriandolo.

Tacos de camarones:

Piatto della costa del Pacifico del Messico, tacos de camarones sono farciti con gamberi piccanti e conditi con guacamole.

Tacos de barbacoa:

Un piatto tradizionale dello stato messicano di Hidalgo, tacos de barbacoa sono fatti di carne arrostita lentamente in un forno sotterraneo e serviti tipicamente con coriandolo e cipolle in una tortilla di mais.

 

Tacos de cochinita pibil:

Piatto tradizionale dello Yucatán, tacos de cochinita pibil sono fatti di maiale cotto lentamente in una pentola sotterranea con achiote, succo di arancio e spezie varie. Serviti con cipolle rosse marinate, questo piatto è un impressionante equilibrio di sapori dolci e piccanti.

Tacos de pescado:

Una specialità di Baja California e di altre aree costiere, tacos de pescado sono fatti di pesce fritto, tagliato a pezzi e servito su una tortilla di mais con guacamole, succo di lime e salsa.

Tacos de chicharrón:

Popolari in Messico centrale e meridionale il loro ripieno è costituito da carne di maiale fritta e speziata. Sminuzzata e servita con coriandolo e cipolle.

 

 

I Tacos de Carnitas:

I tacos di carnitas:

Sono un piatto tipico dei Messico, originario dello stato di Michoacán. Si tratta di una preparazione a base di carne di maiale cotta lentamente in pentole di rame, fino a diventare morbida e succosa. Le diverse tipologie di tacos di carnitas del Messico includono:

Tacos de carnitas al horno:

Questi tacos sono fatti con la carne di maiale arrostita al forno. Tagliata a cubetti e servita su una tortilla di mais con cilantro fresco, cipolle rosse e una salsa piccante.

Tacos de carnitas al vapor:

Spesso chiamati “tacos dorados,” questi tacos sono fatti con carne di maiale cotta in un pentola a pressione. Tagliata a fette e fritta in uno strato di olio.

Il risultato è una carne gustosa e croccante, che si sposa perfettamente con la salsa di guacamole e pomodoro.

Tacos de carnitas alla griglia:

Questi tacos sono fatti con carne di maiale cotta alla griglia, che viene poi tagliata a pezzi e servita su una tortilla di mais con una salsa di pomodoro fresco e coriandolo.

Tacos de carnitas alla tipica Michoacán:

Questi tacos sono i più tradizionali, e vengono fatti con carne di maiale cotta lentamente in pentole di rame, insieme ad aglio, cipolla e arancia amara. La carne viene poi tagliata a pezzi e servita con lime, coriandolo, una salsa piccante e cipolle cotte.

In ogni caso, i tacos di carnitas sono un piatto delizioso e molto apprezzato in Messico, e sono diventati sempre più popolari in tutto il mondo.

Negli anni ’80 e ’90, la cucina messicana si diffuse ancora di più intorno al mondo. In particolare negli Stati Uniti, dove la grande presenza di immigrati messicani favorì la nascita di ristoranti e fast food specializzati in tacos e burritos.

Queste catene di ristoranti hanno contribuito a diffondere ancora di più la cucina messicana e a portarla in tutto il mondo.

La Giornata Mondiale del Taco

Oggi, la tortilla e il taco sono ancora molto amati in Messico e nel mondo, tanto da avere una vera e propria giornata mondiale dedicata a loro, l’8 marzo.

In cui gli appassionati di tutto il mondo celebrano la loro versatilità e il loro sapore unico.

Conclusione

In conclusione, la tortilla messicana e i tacos messicani rappresentano una parte importante della storia e della cultura della cucina messicana, nati dalla tradizione degli antichi popoli mesoamericani e trasformati nel tempo dalle influenze spagnole ed europee.

La loro portabilità, la loro versatilità e il loro sapore inconfondibile hanno fatto sì che questi piatti diventassero popolari in tutto il mondo, portando un pezzo di Messico in ogni angolo del mondo.

by Jose Antonio Del Rivero Yaniz

La piadina romagnola e le sue ricette

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Con l’arrivo della primavera e l’esplosione dei suoi colori, anche a tavola cambiamo leggermente le nostre scelte e preferiamo un cibo più leggero e talvolta qualcosa da mangiare all’aperto come le piadine.

La piadina romagnola

La piadina romagnola è una ricetta tipica della Romagna che può essere gustata farcita con salumi, formaggi, rucola e molti altri ingredienti. La farcitura dipende solo dai gusti personali o dalle tradizioni di famiglia. La piadina è uno dei cibi più noti della tradizione romagnola, la si usa anche in sostituzione del pane, farla in casa è un procedimento piuttosto semplice perché è un composto di acqua farina, olio o strutto e sale.

Secondo la ricetta originale la piadina romagnola viene cotta su una piastra di terracotta (detto “teggia” in romagnolo). In casa può comunque essere preparata anche su una padella di ghisa o su un’antiaderente. La piadina può essere farcita in tantissimi modi in base ai propri gusti. La tradizione romagnola predilige il classico condimento con rucola, stracchino/ squacquerone e prosciutto crudo, ma anche qui ciò che conta è la fantasia.

La piadina è un prodotto registrato come Indicazione Geografica di Origine Protetta (IGP) sotto il nome di piadina romagnola o piada romagnola, essa può essere consumata come surrogato del pane per accompagnare i pasti o farcita con affettati, verdure o anche con crema al cioccolato.

Oggi però ci occuperemo delle piadine acquistate già pronte, ce ne sono di diversi tipi in commercio e sicuramente dal buon sapore e di semplice gestione.

INGREDIENTI PER TRE PIADINE ALLO SPECK:

1 confezione di piadine

150 gr. di speck

due pomodori grandi

rucola q.b.

150 gr. di formaggio Brie

1 avocado

PROCEDIMENTO E PREPARAZIONE:

riscaldare su una piastra o una padella antiaderente le piadine, farcitele con i vostri ingredienti, il formaggio tagliato in vari pezzi in maniera tale che fondendosi riempia la piadina in ogni suo lato e dall’altra parte della piadina adagiate lo speck, la rucola, i pomodori e l’avocado e un filo di olio di oliva, infine chiudetele a metà oppure arrotolatele e poi ripassatele sulla piastra dal lato del formaggio in maniera tale da farlo sciogliere.

Se volete potete accompagnarle con un po’ di maionese.

Diverse preparazioni:

Valtellinese: bresaola, rucola e grana.

Emiliana: prosciutto crudo, formaggio fresco, pomodoro e insalata.

Praga: prosciutto cotto, sottiletta e funghi.

Vegetariana: verdure miste grigliate, formaggio.

Mare: tonno, formaggio spalmabile, pomodori.

Alaska: salmone affumicato, scorza di limone grattugiata, burro e radicchio.

Siciliana: mortadella, crema di pistacchio e ricotta fresca.

 

 

La Stella Verde Michelin: premio alla cucina sostenibile

Dal 2020 la guida Michelin ha aggiunto un nuovo riconoscimento che premia la cucina sostenibile e l’impegno eco-responsabile dei ristoranti.

Da non confondere con la Guida Verde Michelin che è rivolta al turismo, la Stella Verde Michelin si riferisce alla combinazione tra gastronomia e sostenibilità.

Cos’è la Stella Verde Michelin

Per essere riconosciuto come una Stella Verde Michelin, un ristorante deve dimostrare di seguire sia nella scelta dei prodotti che nelle pratiche con cui lavora un impegno ecologico. Tutto questo vuol dire utilizzare prodotti locali (frutta, verdura, carne, formaggi, pesce..) rispettandone la stagionalità, o materie prime autoprodotte, riducendo al minimo gli sprechi. Con questo riconoscimento non viene premiata soltanto la gastronomia ma anche e soprattutto l’approccio che il ristoratore sceglie di seguire. Si tratta di un approccio che mette al centro di tutto l’ambiente ed ha come obiettivo unico quello di riportare il territorio e la sua cultura al centro della gastronomia. La Stella Verde Michelin dunque, premia quei ristoratori che gestiscono il loro locale nel rispetto dell’ambiente attraverso scelte sostenibili; che si fanno carico delle conseguenze ambientali della loro attività, evitando sprechi e riducendo o eliminando l’uso di materiali non riciclabili dalla loro filiera; che lavorano direttamente con allevatori, pescatori o coltivatori locali, e più in generale, con produttori e fornitori sostenibili. Meritevoli sono anche quelli impegnati in attività a favore della formazione dei giovani delle comunità locali.

I criteri di assegnazione della Stella Verde Michelin

La Stella Verde Michelin, come spiega il Direttore Internazionale delle Guide Michelin Gwendal Poullennec, «premia l’attenzione ad energia, valorizzazione delle risorse locali e territoriali, impegno sociale» e può essere assegnata anche a ristoranti che non sono inclusi nella Guida Michelin 2023. Si tratta di un premio che «va ai ristoratori che nutrono il corpo e anche lo spirito», che offrono proposte attente alle produzioni locali e incentivano un uso consapevole delle eccellenze del territorio. Le Stelle Verdi Michelin «celebrano e incoraggiano le iniziative sostenibili nel campo della gastronomia. Da ovunque la si osservi la gastronomia si sta sforzando di migliorare le proprie attività in questa chiave, perciò noi vogliamo esserne cassa di risonanza…in questo modo, gli chef hanno la possibilità di preservare il loro territorio».

Non ci sono criteri prestabiliti per l’assegnazione della Stella Verde Michelin perché «ogni ristorante e il luogo in cui si trova sono unici». Gli ispettori individuano quelle realtà che riescono meglio di altre a mettere in pratica un metodo e una filosofia che tenda alla sostenibilità. Secondo quanto riportato dalla stessa Guida Michelin, per assegnare il riconoscimento vengono esaminati alcuni aspetti, tra i quali:

– uso di ingredienti locali e stagionali
– qualità dei prodotti, compresa l’origine biologica, biodinamica ed etica
– basso impatto energetico nell’uso delle risorse
– composizione dei menu
– iniziative per la riduzione dei rifiuti, comprese le politiche zero rifiuti
– smaltimento, riutilizzo e riciclaggio dei rifiuti
– comunicazione e passione mostrate dallo chef e dal personale sull’argomento
– iniziative creative in campo ambientale
– collaborazione con la comunità locale.

I ristoranti con la Stella Verde Michelin in Italia

Diversamente dalle Stelle “classiche” che la Guida Michelin assegna ogni anno, quella verde non viene persa. I ristoranti che fino ad oggi, in Italia, hanno ricevuto la Stella Verde Michelin sono in totale quarantanove, distribuiti in tutto il territorio: tredici nel 2021, diciassette nel 2022, diciannove nel 2023.

Stelle Verdi della Guida Michelin 2021:

St. Hubertus, Alta Badia (BZ); Gardenia, Caluso (TO); D’O, Cornaredo (MI); Caffè La Crepa, Isola Dovarese (CR); Joia, Milano; Osteria Francescana, Modena;  Casa Format, Orbassano (TO); Lazzaro 1915, Pontelongo (PD); Virtuoso Gourmet, San Piero a Sieve (FI); Don Alfonso 1890, Sant’Agata sui Due Golfi (NA); Dattilo, Strongoli (KR); ‘L Ciocio-Osteria di Suvereto, Suvereto (LI); Lanterna Verde, Villa di Chiavenna (SO).

Stelle Verdi della Guida Michelin 2022:

PS Ristorante, Cerreto Guidi (FI); SanBrite, Cortina d’Ampezzo (BL); Signum, Eolie, Salina (ME); Aminta Resort, Genazzano (RM); Casamatta, Manduria (TA); La Preséf, Mantello (SO); Agritur El Mas, Moena (TN); Le Trabe, Paestum (SA); Fradis Minoris, Pula (CA); Mater Terrae, Roma; La Cru, Romagnano (VR); Antica Locanda al Cervo/Landgasthof zum Hirschen, San Genesio Atesino (BZ); Lerchner’s in Runggen, San Lorenzo in Sebato (BZ); Osteria Enoteca Gambrinus, San Polo di Piave (TV); Terra, Sarentino (BZ); 1908, Soprabolzano (BZ); Venissa, Venezia.

I ristoranti Stelle Verdi della Guida Michelin che hanno ottenuto il riconoscimento nel 2023:

Il Mirto (Forio d’Ischia, NA), Piazza Duomo (Alba, CN), Vignamare (Andora, SV),  La Tana Gourmet (Asiago, VI), Ahimè (Bologna), Poggio Rosso (Castelnuovo Berardenga, SI), El Molin (Cavalese, TN), La Bandiera (Civitella Casanova, PE), Vite (Coriano, RN), I Tenerumi (Vulcano, ME), Dalla Gioconda (Gabicce Monte, PU), La Peca (Lonigo, VI), Il Cantinone dello Sport Hotel Alpina (Madesimo, SO), D.One Restaurant (Montepagano, TE), Contrada Bricconi (Oltressenda Alta, BG), Il Colmetto (Rodengo Saiano, BS), Osteria del Viandante (Rubiera, RE), Lokanda Devetak (Savogna d’Isonzo, GO), Villa Pignano (Volterra, PI).

 

Carne Sintetica: una soluzione sostenibile per il futuro dell’alimentazione?

La carne sintetica è un prodotto innovativo che attira l’attenzione di molti consumatori e ambientalisti. Si tratta di carne prodotta in laboratorio senza dover ricorrere alla macellazione degli animali. Questa nuova tecnologia, che sembra essere uscita da un film di fantascienza, potrebbe essere una soluzione sostenibile per il futuro dell’alimentazione.

Come si produce la carne sintetica?

La carne sintetica è un prodotto che nasce a partire da cellule staminali di animali prelevate tramite biopsia, senza causare danni all’animale, e crescono in un ambiente controllato. Coltivata in laboratorio matura in una soluzione ricca di nutrienti e proteine. Una volta raggiunta la maturità, il tessuto muscolare viene raccolto e trasformato in prodotti alimentari come hamburger e bistecche.

Il risultato finale è un prodotto che ha la stessa consistenza, aspetto e sapore della carne tradizionale senza dover ricorrere agli allevamenti intensivi e al macello degli animali. Questo comporta che la produzione di carne sintetica potrebbe avere un impatto ambientale molto inferiore rispetto alla produzione tradizionale di carne. Infatti, la produzione di carne richiede grandi quantità di acqua, cibo e terreno e produce grandi quantità di gas e rifiuti.

La carne sintetica potrebbe rappresentare una soluzione per il problema della sovrappopolazione. Infatti, la crescita della popolazione mondiale sta aumentando la richiesta di carne, ma la produzione tradizionale di carne potrebbe non essere sufficiente. La carne coltivata, invece, può essere prodotta in grandi quantità, senza dover ricorrere all’allevamento intensivo di animali.

Un altro vantaggio della carne sintetica è la possibilità di ridurre il consumo di antibiotici nell’alimentazione animale. Gli animali allevati per la produzione di carne spesso ricevono antibiotici per prevenire le malattie e accelerare la crescita. L’uso eccessivo di antibiotici può portare alla resistenza di quest’ultimi, minacciando la salute pubblica. La carne sintetica viene prodotta in laboratorio e non richiede l’uso di antibiotici.

Tuttavia, ci sono anche alcuni svantaggi associati alla carne sintetica. Uno dei principali è il costo. Attualmente la carne sintetica è molto costosa ma la ricerca, negli ultimi anni, si concentra per rendere questo processo riproducibile su larga scala rendendo di conseguenza i prezzi più accessibili.

Ma quali sono le sue potenzialità?

In primo luogo, potrebbe rappresentare una soluzione sostenibile per il futuro dell’alimentazione, riducendo l’impatto ambientale della produzione di carne e garantendo una fonte di proteine più sostenibile e sicura. Potrebbe rappresentare una soluzione per il problema della sovrappopolazione, garantendo una fonte di proteine che potrebbe essere prodotta in grandi quantità.

In conclusione, la carne coltivata rappresenta una promettente alternativa sostenibile alla produzione tradizionale di carne e offre una soluzione etica e salutare per i consumatori. Con ulteriori ricerche e sviluppi, la carne coltivata potrebbe diventare una risposta affidabile e conveniente per soddisfare la crescente domanda di proteine alimentari sostenibili.

Agricoltura 4.0: che cos’è e quali tecnologie utilizza

Ondate di caldo, poi grandine, poi siccità, poi freddo: questo caos sta causando seri problemi all’agricoltura. Basti pensare che il 2021 è stato definito come “l’anno nero della frutta made in Italy” in quanto si è registrato un calo della frutta del 27%, e la perdita del 70% della produzione di nocciole a causa di gelate contrastate da siccità (report 2021 sull’effetto clima di WWF). Da questi dati viene spontaneo chiederci che futuro ci aspetta e come riportare l’agricoltura agli albori. La soluzione potrebbe essere quella di usare la tecnologia anche nel campo agroalimentare, ed è ciò che fa l’agricoltura 4.0. Ma che cos’è precisamente?

Agricoltura 4.0 che cos’è

L’agricoltura 4.0 è l’insieme di strumenti e strategie che consentono all’azienda agricola di impiegare, in maniera sinergica e interconnessa, tecnologie avanzate di informazione e telecomunicazione (ICT) nell’agricoltura, con lo scopo di rendere più efficiente e sostenibile la produzione. Una vera e propria alleanza tra le diverse tecnologie digitali quali IoT, Big Data Analytics, IA e robotica. Grazie all’uso di queste tecnologie si può:

Ridurre l’uso di pesticidi e fertilizzanti

L’uso di fertilizzanti chimici è aumentato di nove volte e a causa di ciò il suolo si sta degradando, sta diventando meno produttivo e meno capace di assorbire il carbonio. L’eccessivo uso di pesticidi, invece, causa 385 milioni di casi di avvelenamento non intenzionale e circa 11.000 morti all’anno e la perdita di biodiversità. In soccorso arriva Elaisian, un servizio di agricoltura di precisione in grado di prevenire sia le patologie dell’olivo che della vite e che è in grado di capire quando è necessario intervenire contro i patogeni e quando no, così da evitare sprechi e agire solo in punti precisi.

Ottimizzare l’utilizzo di acqua

Nel 2022 abbiamo vissuto una vera e propria crisi idrica, dunque è necessario utilizzare con intelligenza questo bene che scarseggia sempre più. In circolazioni ci sono diversi sensori collegati a un computer che permettono di misurare l’umidità e la temperatura del terreno agricolo. Nello specifico, questi sensori individuano:

  • aree con maggiore infiltrazione d’acqua
  • diversi tipi di terreno
  • aree in cui si verifica maggiore evaporazione
  • settori con deficit idrico

Individuando questi problemi, si possono prendere decisioni di irrigazione intelligenti per ottimizzare l’uso di acqua e aumentare la produttività delle colture. Inoltre, grazie a dei programmatori di irrigazione è possibile avviare e interrompere un programma di irrigazione quando l’umidità del terreno raggiunge un determinato parametro e mantenere la temperatura all’interno di un range.

Gestire le colture

Una vera e propria svolta è la mappatura dell’indice vegetazione che consente di verificare la risposta delle piante all’ambiente circostante. L’indice vegetativo è infatti un valore correlato al benessere della pianta e ad altri importanti valori, come la presenza di zuccheri nei frutti, la quantità di danni da insetti e l’attività fotosintetica. Questo valore si rileva con delle fotocamere multispettrali montati su droni capaci di separare i canali visivi e rilevare la situazione dei campi. Le mappe vengono poi caricate in terminali appositi a bordo dei trattori. Gli indici di vegetazione più utilizzati sono:

  • NDVI (Normalized Difference Vegetation Index) che descrive il livello di vigoria della coltura e riconosce immediatamente le zone dell’azienda o del campo che presentano problemi di sviluppo.
  • NDMI (Normalized Difference Moisture Index) che descrive il livello di stress idrico della coltura.

Mentre l’uomo fa passi indietro distruggendo il suo habitat, la tecnologia fa passi avanti per cercare di riportare agli albori un’attività sempre più in declino e in crisi a causa delle nostre azioni. L’agricoltura 4.0 può davvero aiutare il clima? Non ci resta che attendere e sperare, tanto peggio di così non può andare, o forse sì.

Scalata sul Monte Everest e La Dieta dell’Alpinista

Scalata su Monte Everest e la dieta dell’alpinista sulla montagna più alte del mondo, con una elevazione di oltre 8.800 metri.

La scalata del Monte Everest e la dieta dell’alpinista sono una sfida estrema che richiede una preparazione fisica e mentale intensa. Un’adeguata alimentazione è fondamentale per raggiungere l’obiettivo.

Gli alpinisti che si preparano per un’impresa del genere devono seguire una dieta equilibrata e ben pianificata, per fornire al loro corpo l’energia e i nutrienti necessari per affrontare l’altitudine estrema e le difficoltà dell’ambiente alpino.

Consumo di calorie nella dieta dell’alpinista:

Il consumo di calorie è fondamentale per gli alpinisti che si preparano a scalare l’Everest. In media, un uomo adulto brucia circa 2.500/3.000 calorie al giorno in condizioni normali.

Tuttavia, a causa delle condizioni climatiche estreme e dell’attività fisica elevata richiesta dalla scalata, gli alpinisti hanno bisogno di un apporto calorico maggiore, di circa 5.000/6.000 calorie al giorno.

La dieta:

La dieta di un alpinista professionale al Everest deve essere ricca di carboidrati, proteine e grass buoni, in modo da fornire al corpo l’energia necessaria per affrontare le condizioni estreme dell’alta quota.

I carboidrati hanno una priorità maggiore rispetto alle proteine e ai grassi buoni perché forniscono al corpo l’energia di cui ha bisogno per sostenere l’attività fisica estenuante.

Inoltre, devono prestare attenzione all’apporto calorico, poiché il corpo brucia molte calorie a causa delle basse temperature e della difficoltà dell’attività fisica.

Carboidrati:

Gli alpinisti dovrebbero consumare fonti di carboidrati complessi come cereali integrali, pasta, riso, pane, frutta e verdura.

Proteine:

Le fonti di proteine, come carni magre, pesce e uova, sono anche importanti per costruire e riparare i tessuti muscolari e mantenere il sistema immunitario attivo.

Grassi buoni:

I grassi buoni, come quelli contenuti negli oli, nelle noci e negli avocado, forniscono energia e aiutano il corpo a assorbire le vitamine e i minerali essenziali.

Integratori vitaminici e minerali:

Per completare la dieta, gli alpinisti professionisti al Everest assumono integratori vitaminici e minerali, come vitamina C e ferro, per mantenere il corpo sano e resistente agli effetti dello stress causati dall’altitudine.

Uno degli elementi più importanti della dieta degli alpinisti professionisti al Everest è l’acqua. Durante la scalata, l’organismo ha bisogno di un’adeguata idratazione per mantenere il sistema immunitario attivo e favorire la digestione.

L’acqua:

L’acqua è anche essenziale per mantenere la pelle e le vie respiratorie idratate, essenziali per affrontare le basse temperature delle alte quote.

Tuttavia, la dieta degli alpinisti professionisti al Everest non è solo about cibi sani e nutrienti. Gli atleti devono anche prestare attenzione alla quantità di cibo che assumono e all’ora dei pasti.

Le quantità devono essere moderate in quanto il digiuno prolungato durante la scalata può portare a perdita di peso, debolezza e stanchezza.

Inoltre, il momento dei pasti diventa un’importante leva dello stress per questi atleti. Per scalare l’Everest ci vogliono molte ore e addirittura giorni consecutivi.

In questa situazione gli alpinisti professionisti devono essere in grado di gestire la loro dieta in modo da fornire al corpo energia sufficiente. Durante il tempo necessario a scalare la montagna.

Conclusione:

In conclusione, la dieta di un alpinista professionale al Everest è altamente specializzata e deve fornire l’energia, i nutrienti e l’idratazione necessari per affrontare la sfida dell’alta quota.

Gli integratori vitaminici e minerali, l’idratazione e la concentrazione sulle quantità di cibo durante il pasto sono anch’essi fattori determinanti per la prestazione fisica e mentale.

by Jose Antonio Del Rivero Yaniz