C’è la competizione, e poi c’è chi decide di intraprendere strade mai percorse prima con approcci totalmente nuovi per raccontare storie mai narrate.
È il caso di Marco Lombardi, simpatico torinese che, dopo anni di lavoro in aziende come direttore del personale, decide di mollare tutto per trasformare le sue passioni, cinema e tavola, in mestiere, ideando così un nuovo approccio, quello cinegustologico.
Raccontare il cibo vuol dire raccontare una cultura, una storia, la ricchezza di un paese a 360 gradi… e se descrivessimo tale cibo come se fosse un film? O ancora meglio, se descrivessimo un film come se stessimo descrivendo un piatto? Si potrebbero evidenziare al meglio tutte le sfumature, le consistenze e le note di ogni genere cinematografico.
Marco a lezione racconta di quanto siano forti i legami tra cinema ed enogastronomia, due arti sensuali, in grado di attraversare ogni senso, passando per i nostri ricordi, lasciando attraverso questi un’emozione: “Passiamo gran parte della nostra vita a bere e mangiare, a tavola ci si relaziona meglio, ci si conosce, si prendono decisioni..” diviene quasi impossibile evitare totalmente scene di pasti nei film.
La cinegustologia viene raccontata come neo-approccio in grado di liberarci dalle inibizioni dei linguaggi, basata su nostre personalissime associazioni e autonomia emotiva, special guest? Il cibo. Marco suddivide i film legati al cibo secondo tre categorie tematiche:
L’enogastronomia nel cinema come analisi della società. In tale categoria rientrano tutti quei film come “La grande abbuffata”, “Sette chili in sette giorni”, “La carne”, “Ratatouille” ecc, in cui le diete divengono mode, i cibi espressione di intere classi sociali o veri e propri simboli delle società.
L’enogastronomia nel cinema come discorso etico e politico raccontato tramite coltivazione, acquisto e attenzione alla terra come alla materia prima. Alcuni esempi sono “super size me”, “fast food nation”, “slow food story”ecc.
L’enogastronomia nel cinema come processo di liberazione dei sensi (sociale e individuale), dove l’esperienza di un piatto diviene un modo per raccontare un personaggio o un’emozione che come un tappo aiuta a liberarsi da ogni inibizione, esempi sono “Il pranzo di Babette”, “Come l’acqua per il cioccolato”, “Chocolat”ecc.
In tal modo ci accorgiamo di quanto e come olfatto, gusto, tatto, vista e odorato siano in grado di mescolarsi tra loro per creare nuove ed entusiasmanti visioni, in grado di stupire e sorprendere, con racconti unicamente soggettivi.