A lezione con Vito Teti: il cibo come elemento identitario

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A conclusione del modulo in “Storia e Antropologia della Gastronomia”, l’incontro con l’antropologo calabrese Vito Teti che, attraversando temi a lui cari come i processi di costruzione dell’identità, l’antropologia del viaggio, dell’emigrazione, dei luoghi e dell’abbandono, oltre che la storia e l’antropologia delle culture alimentari, ha tenuto una lezione sul cibo in riferimento al Mediterraneo e al Mezzogiorno d’Italia.

L’antropologo ci ha restituito una decostruzione della “dieta mediterranea”, spiegando che proprio negli anni in cui tendeva ad affermarsi – grazie soprattutto alle ricerche svolte da medici e nutrizionisti americani, fra cui Ancel Keys – le popolazioni del sud Italia, abbandonavano le tradizionali abitudini alimentari e che comunque queste erano diverse dal modello idealizzato. Ha inoltre evidenziato l’esistenza, in quegli anni, di almeno due modelli alimentari mediterranei, quello dei ceti ricchi e quello dei ceti poveri. I primi utilizzavano pane bianco, mangiavano carne, consumavano pesce fresco, avevano maggiori disponibilità di acqua potabile, consumavano maggiori quantità di cibo e disponevano di prodotti importati; mentre i secondi utilizzavano pane nero, mangiavano erbe, consumavano pesce conservato (quando era possibile), l’acqua potabile non era facilmente raggiungibile e ovviamente non potevano acquistare prodotti dall’estero.

Lo studioso ci spiega che gli italiani da “mangiafoglie” diventano “mangiaspaghetti” negli Stati Uniti e che quindi il processo di costruzione dell’identità italiana è avvenuta all’esterno. E’ negli USA che gli immigrati italiani del sud realizzano il sogno dell’abbondanza e l’America diventa un carnevale realizzato.

Oltre la triade mediterranea costituita dalla vite, dall’ulivo e dal grano, piatti e cibi che consideriamo tipici delle nostre cucine, vengono dall’esterno e sono in realtà relativamente giovani. Basti pensare alla fortuna dei prodotti americani come la patata, il mais, il peperone, il peperoncino, i diversi tipi di fagioli e il pomodoro che, nel corso dell’Ottocento, diventano tipici della nostra cultura alimentare.

La lezione si è conclusa con uno sguardo ai processi di omologazione in atto. Contro questo appiattimento, la diversificazione dei cibi e dei piatti diventa la forza per la fondazione dell’identità e Vito Teti suggerisce il bisogno di una “patria alimentare di riferimento” che ci protegga dalla globalizzazione. In questo quadro le memorie alimentari possono diventare risorse per il futuro.