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A Napoli il boom delle patatinerie e non solo

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Camminando per le strade di Napoli non si fa certo fatica a vedere file interminabili fuori ai negozi. Cosa vendono? oro? No, patatine. Sono mesi ormai che la città partenopea è stata presa d’assalto da ogni tipo di diavoleria mangereccia. Le chips, infatti, non sono sole. Ci sono yogurterie, kebbaberie, grafferie e perfino friggitorie che propongono i cuoppi fritti di mare e di terra. Secondo i dati di Confazienda Napoli, a fronte del 35% delle imprese commerciali che hanno chiuso i battenti, altri 600 negozi sono stati aperti e sono soprattutto grafferie (140), paninoteche (300), kebaberie (80), patatinerie (50) e yogurterie (30).

yogurteria

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“Cantine aperte in vendemmia”

Non sapete cosa fare per il weekend? Avete paura che il brutto tempo rovini tutto? Ho la risposta giusta alle vostre domande! Domenica 14 settembre le cantine campane aprono agli enoappassionati. Cinque aziende vinicole daranno la possibilità di fare visite guidate alla scoperta dei segreti della lavorazione del vino, fare passeggiate in vigna al tramonto e degustare il buon vino delle zone del beneventano e dell’Irpinia. Tenuta Cavalier Pepe, La Guardiense, Cantine di Solopaca, Cantina Sorrentino sono le aziende che aderiscono all’iniziativa ideata dal Movimento Turismo del Vino per tutti quelli che vogliono assistere allo spettacolo della nascita di un vino.

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LAVORARE NELL’ENOGASTRONOMIA? A Napoli c’è un Master “RESPONSIVE”

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Trovare lavoro nel settore del Food and Beverage
è il sogno di molti appassionati di gusto, territorio, Made in Italy e soprattutto dell’arte dell’accoglienza e della ristorazione. Il Master Universitario in Comunicazione Multimediale dell’Enogastronomia, ormai alla sua quinta edizione, promette di dare una mano a coloro che desiderano professionalizzarsi in questo settore.

Nato da una sinergia tra l’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa di Napoli e la Holding Gambero Rosso, il master di primo livello, si rivolge a diplomati e laureati che vogliono conoscere ed approfondire il mondo della comunicazione enogastronomica, specializzandosi in una realtà professionale nuova e ricca di possibilità. Il Master si propone anche di offrire, a quanti operano nel giornalismo enogastronomico, strumenti e conoscenze aggiornati e scientificamente fondati per poter affrontare il mondo dell’enogastronomia nonché la valorizzazione delle culture di riferimento in modo professionale e trasversale.

Iscriviti Qui

La figura professionale in uscita è quella del comunicatore esperto nel settore Food, nel turismo enogastronomico, nella promozione del Made in Italy del settore agroalimentare, nella comunicazione e valorizzazione del territorio e delle tipicità enogastronomiche locali, dell’addetto alle pubbliche relazioni e al marketing, del redattore di contenuti multimediali, ma anche dell’organizzatore di eventi enogastronomici.

La nuova edizione ( anno accademico 2014-2015) è stata ribattezzata “Responsive”, termine usato nel design che nasce con la necessità di rendere i siti web facilmente accessibili con ogni tipo di dispositivo e risoluzione: desktop, tablet, mobile… L’espressione “responsive edition” è stata utilizzata per evidenziare la forte attenzione alla formazione di “figure professionali responsive”, cioè in grado di adattare le proprie conoscenze alle esigenze di un mercato in rapida evoluzione, alle nuove possibilità della comunicazione ed al bisogno crescente da parte di piccole, medie e grandi aziende di risorse competenti e flessibili, soprattutto in vista della Fiera universale Expo 2015.

Per saperne di più: Vai alla Pagina Facebook – Leggi il bando

Plus: Residenza Universitaria per i fuorisede


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Mastroberardino: una storia lunga 130 anni

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Più di 130 anni e non dimostrarli: interni eleganti e raffinati, produzione di eccellenza anno dopo anno, attenzione sempre costante verso il territorio di appartenenza ed alla qualità. Ecco soltanto alcuni dei fattori del successo internazionale dell’azienda Mastroberardino, leader nel comparto vitivinicolo.

Fiano, Greco di Tufo e Aglianico sono la base di una produzione che ad oggi conta poco più di due milioni di bottiglie all’anno, vendute in tutta Italia ma anche nel mondo, da Tokyo a Dubai, da New York a Londra anche grazie ad eventi come il Vinitaly, dove ovviamente Mastroberardino sarà grande protagonista. Dieci generazioni si sono susseguite alla guida dell’azienda che dall’anno della sua fondazione, il 1878, è sempre rimasta ancorata alle idee di famiglia e di territorialità. Non è un caso che la sede centrale sia ancora quella scelta dal fondatore Angelo Mastroberardino al centro della cittadina di Atripalda; dagli anni ’50 fino a pochi mesi fa poi, determinante per l’azienda e per il settore tutto è stato il Cavaliere del Lavoro Antonio Mastroberardino, capace di segnare il passo di tutto un comparto in grande crisi all’epoca. Salvaguardò i vitigni autoctoni e fece si che l’intera Irpinia si auto-proclamasse “Terra dei grandi vini”. Oggi il testimone è nelle mani del professor Piero Mastroberardino che continua a credere nel tesoro di famiglia e gestisce con maestria le svariate attività. Sono 13 i territori controllati dall’azienda, tutti disseminati per la regione nel solco della lealtà verso il territorio, la valorizzazione di quest’ultimo, tutelando un’identità locale fortissima e alla base del successo pluri-secolare.

Sempre nuove sperimentazioni, progetti di recupero e di salvaguardia delle realtà autoctone, massima sinergia tra tutti i collaboratori, con una “mission” ben precisa: esportare nel mondo l’eccellenza dei vini campani e in particolar modo irpini nel rispetto della natura, sposando sempre nuove sfide (ultima il recupero di alcuni vitigni di epoca romana nella zona degli scavi di Pompei).

“Comunicate il vino con il cuore”

L’azienda vitivinicola Mastroberardino ha aperto le porte della sue strutture al Master in Comunicazione multimediale dell’enogastronomia. Appena giunti in azienda si ci è resi conto che l’aria era piuttosto frizzante. Fervono, infatti,  i preparativi per la partenza per Verona. Il Vinitaly è in procinto di esplodere ed è ora di caricare tutto il necessario per fare bella figura tra gli stand della kermesse veronese.

Accolti e guidati dalla gentilezza e dalla disponibilità della dott.ssa  Anna Esposito, si è provveduto a passare in rassegna i locali della splendida ed antica casa Mastroberardino, nel pieno centro del comune di Atripalda, Avellino.

In primis è stata ammirata la cantina. Colma di botti, tutte marchiate ed etichettate. I pavimenti sono in parte originali dei secoli passati così come alcuni archi. Notevole il soffitto dove spiccano affreschi di bucolica e georgica memoria. Il profumo di vino è inevitabile compagno della visita. Dopo è stata la volta dello scrigno prezioso della cantina: il caveau. Centinaia di preziose bottiglie, tutte in bella mostra. Viene proprio voglia di aprirne una a caso e constatare se il nettare si è ben conservato. Ovviamente non è possibile farlo ma veniamo rassicurati che qualcuno lo ha già fatto ed il risultato è stato sorprendente. Davvero ammirevole la sfilza di bottiglie di Taurasi annata 1928. Poi è giunta l’ora della degustazione. Due bianchi, Fiano Radici e Greco di Tufo ed un rosso, Taurasi Radici etichetta nera. Tutti e tre buoni. Standing ovation per il Rosso.

Congedati dalla sede storica, il gruppo ha proseguito la sua visita puntando verso il Resort di Mastroberardino, una trentina di chilometri più in alto. Il prof. Piero Mastroberardino (presidente di Mastroberardino SPA) ha fatto gli onori di casa, accogliendo il gruppo ed invitandolo a riflettere sul modo migliore di comunicare il vino. “ Fatelo con il cuore, così come noi facciamo il vino con il cuore” è stato il prezioso consiglio regalato al gruppo. Poi si è proseguito il giro. Una distesa verde con filari di vite in ogni dove e due splendide strutture, poco distanti l’una dall’altra. Spa, campo da golf, bar e camere in stile classico in quella più a valle. Ristorante e camere moderne in quella più a monte. Il giro tra le meraviglie del Resort è guidato dall’impeccabile Rocco. Una vera boccata d’aria pura immersi nella natura più vera. Davvero spettacolare la vigna. Filari a perdita d’occhio. Una vista da sogno.

50 Kalò 10 e Lode

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All’epoca di internet, della borsa fluttuante, della realtà virtuale ed aumentata, del web-marketing e del mercato online, l’artigianato alimentare paga ancora. Sia in termini economici che in termini di soddisfazione personale.

Ciro Salvo, classe 1977 e pizzaiolo di 50 Kalò in Napoli, ne è la prova provata. La sua pizzeria, di nuovissima apertura, “ha fatto il botto”. Napoli ha risposto bene alla sua nuova offerta di pizza, già collaudata in passato ed oggi proposta con la guarnizione di materie prime e ingredienti di primissima qualità.

Gli studenti del Master in Comunicazione multimediale dell’enogastronomia dovevano provarla. Invitati dalla proprietà e grazie alle indicazioni del maestro Ciro Salvo, hanno avuto la chance di compiere un viaggio gastronomico attraverso il panorama di prelibatezze di 50 Kalò.

Dai capperi di Salina al pomodoro del piennolo, dall’anduia calabrese al conciato romano, dal San Marzano Dop dell’Agro Nocerino Sarnese all’aglio irpino della Valle dell’Ufita. Un percorso gastronomico degno della migliore agenzia di viaggi ed effettuato invece attraverso le straordinarie pizze di Ciro. Tutta Italia coinvolta e tutta l’Italia è già a conoscenza della bontà della sua pizza.

Non soltanto artigianato, ma tanta passione per un alimento che a Napoli ha ancora successo affiancato da una continua richiesta di sperimentazione. La pizza è una cosa seria e l’impegno di Ciro Salvo ne è la dimostrazione.

 Leggi il Bando del Master

Scrittura emozionale. Raccontiamo attraverso i 5 sensi

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E’ innegabile per noi futuri comunicatori che la nostra Bibbia sia quel librone con più di 1000 pagine denominato vocabolario della lingua italiana. Se provassimo però a cercare la definizione della parola “cibo” troveremmo un risultato del genere: ” ciò di cui ci si nutre, necessario alla sopravvivenza”. In realtà il cibo non è solo questo, la sua definizione non è univoca. Esso si declina in molteplici accezioni e discipline. E’ così che ha esordito Massimo Roscia, scrittore e critico enogastronomico, durante la prima delle due lezioni di editoria al master del gambero rosso. Un’esperienza poco convenzionale, ma che ci ha regalato nuove prospettive.
Focalizzandoci sulla nostra presentazione, sulle nostre attitudini ed esperienze, si è svelato un “cibo” diramato in molteplici significati come: cultura,  territorio, tradizione,  religione, scienza, musica, moda, marketing, arte,antropologia e naturalmente comunicazione.

Per ottenere un buon articolo è necessario seguire le classiche regole, sintetizzabili nell’acronimo PASSACARTE:
-Plot. contenuto di senso compiuto
-Analisi, morfologia, sintassi ,ortografia
-Stile
-Sorgenti. Dirette o indirette certificate
-Attenzione. Scelta dei tempi e del loro mantenimento
-Concordanza. Rispettare i generi maschile/femminile e il numero singolare/plurale
-Azione. Ritmo, fluidità del testo
-Ricercatezza. Personalizzazione del testo con metafore o virtuosismi
-Trova il refuso, l’errore di composizione o di stampa
-Editing finale compreso di autocritica

Roscia però aggiunge “mettiamoci il nostro”, ovvero quella parola, dettaglio, quel famoso “mot juste” di cui parla Flaubert, che renda perfettamente l’idea al lettore di ciò che vogliamo comunicare.
Bisogna coinvolgere il nostro interlocutore, raccontando e creando emozioni, stimolando i cinque sensi. Regaliamo un film al lettore non vedente. E’ un po come fare marketing esperenziale, l’obiettivo è focalizzarsi sull’esperienza di fruizione più che sul prodotto.
Dunque scegliamo sempre una comunicazione multidisciplinare e multisensoriale.

Improvvisata dell’ultima ora. Vengono a farci visita i fondatori della nuova pizzeria aperta da pochi mesi a Napoli, ma che già ha riscosso un grande successo. Sono Ciro Salvo e Maurizio Cortese a presentare la loro iniziativa chiamata “50 kalò”, che tradotto in gergo dei pizzaioli significa “panetto buono”.
La ricetta è sempre la stessa: acqua, farina e lievito, ma anche qui la differenza è nell’aggiunta di un pizzico di sè e di giocare, oltre che su prodotti di alta qualità e sulla stagionalità, sulla modalità di fruizione. Offrire un ambiente elegante e accogliente, che faccia vivere una vera e propria esperienza emotiva al cliente. D’altronde come dice Maurizio “la pizza va gustata ma anche raccontata”.

Champagne per brindare a un incontro

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Qual è il modo migliore per concludere in bellezza queste tre settimane di Laboratori Sensoriali alla Città del Gusto di Napoli? Beh brindare con uno Champagne Dom Pérignon Vintage2000.

E’ proprio lui, colore giallo dorato, brillante, un’apoteosi di profumi e sensazioni che ti travolgono e ti trasportano in un mondo tutto da scoprire. Non è un “vino” ma un mito in tutte le sue accezioni, a partire dalla sua produzione che prevede alcuni elementi irrinunciabili:
• Cuvée
• Tappo a fungo
• Vetro
• Pupitres
• Giropalette

Non si può inoltre non menzionare la leggenda del suo inventore, il monaco benedettino Pierre Pérignon, colui al quale viene attribuita in modo forse erroneo la scoperta del celeberrimo nettare degli dei. In molti lo rinnegano come “inventore” e molti altri ancora sostengono non sia mai vissuto un uomo chiamato Don Pèrignon. La sola cosa certa è che lo Champagne rimane e rimarrà sempre il simbolo incontrastato di prestigio, come conferma il quadro del 1735 “Le Déjeuner d’Huitre” (il pranzo delle ostriche) del pittore francese François de Troy. Per la prima volta venne consacrato in una tela il connubio ostriche e Champagne che tutt’oggi rimane uno dei più classici abbinamenti dell’enogastronomia mondiale.

COERENZA è la regola fondamentale nell’abbinamento CIBO-VINO

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Per il terzo appuntamento del modulo sul vino, Tommaso Luongo ci introduce nel mondo degli ABBINAMENTI CIBO-VINO. Non si tratta di una scienza esatta e non esiste una griglia cui appellarsi. L’importante è che l’abbinamento sia coerente! Cioè che risponda in maniera adeguata a quanto lo chef vuole comunicare con il suo piatto e che il tutto risponda al principio dell’equilibrio complessivo. Fatta questa necessaria premessa, esistono due principi di abbinamento fondamentali: PRINCIPIO DI CONCORDANZA E PRINCIPIO DI CONTRAPPOSIZIONE. Il principio di concordanza risponde alla  dolcezza, alla struttura, all‘intensità e alla persistenza gusto-olfattiva; mentre il principio di contrapposizione risponde alla sapidità, alla tendenza dolce, acida e amarognola, infine alla grassezza, all’untuosità e alla succulenza. Il principio di contrapposizione può essere utilizzato per attenuare alcune note del cibo, oppure per esaltarle. Uno chef prepara un piatto definito, caratterizzato da un’importante nota amarognola che ne fa tutta la particolarità, in questo caso si abbinerà il piatto con un vino che risponda al principio della concordanza, viceversa, si andrebbe ad inficiare il progetto dello chef.

A lezione con Licia Granello: la Comunicazione Enogastronomica

Giornalista de “La Repubblica“. Chi legge la Domenica , la conosce bene. Scriveva di sport, ora si occupa di Food. Torinese. simpatica. Non convenzionale. Licia Granello ha tenuto oggi la sua lezione al Master del Gambero Rosso. Moltissimi i temi toccati, primo fra tutti quello della necessità di comunicare il cibo.

Quante volte ci chiediamo cosa mettiamo in tavola? Se è sano, dietetico, salutare, da dove proviene? Non se ne parla abbastanza, la gente non si informa abbastanza. Appena scoppia il caso della mozzarella blu o della terra dei fuochi, le notizie impazzano sui giornali, rimbalzano sui social media, diventando il fulcro di ogni conversazione. Ma comunicare il cibo, non deve essere solo una comunicazione di emergenza. Diventa sempre più importante saper scegliere. E per farlo è necessario documentarsi, conoscere, leggere. Dall’altra parte, anche l’offerta di informazione dovrebbe diventare più approfondita sulla stampa generalista, e non più soltanto su quella di settore. Forse ad invertire la tendenza ci sta pensando un pò il web. Ma non basta: siamo in un’ epoca in cui produciamo più cibo di quello che mangiamo e in cui contemporaneamente la biodiversità sta scomparendo, in nome dell’agricoltura industriale. Ancora, viviamo in una società in cui tra un assaggio e un altro fa da padrona l’omologazione dei palati. Il piacere del mangiare si è trasformato nel mettere un pò più di sale e tanto zucchero. Sale e zucchero che la Granello chiama “le droghe del terzo millennio“.

E’ una questione di cultura. Coltivare la cultura del cibo significa non relegarla alle sterili sfide che dominano la scena televisiva. Diventa centrale il ruolo dei comunicatori nel trasmettere la fiducia sulle cose buone del cibo. Perchè il cibo è una passione, oltre che una necessità. Un altro tema da affrontare è sicuramente quello della valorizzazione del territorio, di quello che ci caratterizza. L’Italia ha un patrimonio culinario d’eccellenza. Basti pensare al boom che il turismo enogastronomico sta conoscendo, in costante crescita e in controtendenza rispetto ai trend economici generali. Bisogna offrire il meglio, quello che ci rende unici. Diversi.