Dal tortellino crudo sotto il tavolo alla cacio e pepe al parmigiano. La tradizione culinaria italiana si apre al mondo. Lara Gilmore e Massimo Bottura un amore tra Modena – New York e ritorno
Cuoco e ambasciatore del made in Italy, 3 stelle Michelin, Bottura è capace di trasformare una cacio e pepe in un mondiale risotto solidale al parmigiano.
Arte, musica e Modena trovano sintesi nella memoria riproposta in chiave moderna. Chi lo apre al mondo è sua moglie, Lara. Decodifica le ricette, lo avvicina all’arte e lo sostiene nella sfida alle convenzioni.
Il personaggio della nostra storia negli anni ’80 è uno di quelli fighi, stilosi. O, almeno è così che lo vede Lara, quando le loro vite si incrociano per lavoro in un caffè di Soho, New York. Giubbotto in pelle, pizzetto, bandana e moto stile Harley, Massimo si presenta orgogliosamente come “chef italiano”. Lei ama l’arte, ma nel frattempo è attratta anche dal fare i cappuccini e da quell’italiano sicuro di sé in cucina.
Lui viene da Modena, provincia italiana, è cresciuto tra donne – sorelle, madre e zie – armate di mattarello. Il suo regno? La cucina, precisamente sotto al tavolo, al sicuro dai fratelli maggiori e difeso dalla nonna. Da lì sotto il mondo è diverso, in quel rifugio anche il tortellino crudo rubato alla nonna ha un sapore particolare.
A Lara quel ragazzo piace tanto, è vulcanico, creativo, ed è disposta a seguirlo a Modena, ma non può reggere la concorrenza di un francese. A Montecarlo, Ducasse vuole la pasta fresca e i tortellini di Massimo. Disperatamente innamorata, a Lara non resta che tornare a New York.
Massimo, da parte sua, capisce che in quel momento doveva ripulirsi la mente oltre al pizzetto. Scendere verso l’essenza del cibo. Operazione che in seguito dovrà passare anche dalla Spagna di Adrià.
Le esperienze, la tecnica, però, non bastano. Manca Lara, la capacità di chiarire la prospettiva, allungando lo sguardo. “Mi arrendo. È finita”, si presenta così a New York. Il “costruiamo una vita insieme” ha ora la forma di un ristorante a Modena, di nuovo: l’Osteria Francescana.
È il 1995, Lara è a New York, Massimo prende il telefono e “oggi apriamo il ristorante… Ci sposiamo, vero?” “Fammi prendere il caffè prima – risponde assonnata Lara – poi ti richiamo…” Ploff.
Nasce un matrimonio a tre con l’Osteria Francescana. E nasce in salita perché si parla di Modena, terra dalle profonde radici culinarie, e i modenesi, palati esigenti tarati su quello della nonna, erano a dir poco infastiditi dalla proposta di Massimo.
Seguono anni duri, almeno fino a quando non compare L’Espresso, il suo critico migliore. È aprile del 2001, e questa è un’altra storia.