Il sabato crepuscolare di Napoli si tinge di colori e suoni che aleggiano in ogni vicolo; la via più popolata in prossimità del centro storico diventa passerella di scambi multietnici e multiculturali tra persone che, a distanza di pochi metri l’uno dall’altra, sono pronti a mettere il loro essere a disposizione dei passanti. Via Toledo mette in mostra una grande varietà di personaggi che concepiscono l’arte e le manifestazioni in modi differenti; dagli artisti che disegnano sui marciapiedi ai burattinai che fanno danzare le loro marionette, dal dolce suono del violinista al pizzicare delle corde di una chitarra.
Nel giorno della festa del papà, con S. Giuseppe e i preparativi per la Domenica delle Palme, tutta la città è in fermento. Insomma, sembra che per la ricetta “della felicità” non manchi proprio nulla; eppure un angolo della piazza si tinge di rosso.
A pochi metri dall’ingresso della metropolitana un gruppo di uomini e donne in modalità mimo stanno rappresentando quella che, secondo la loro visione di sensibilità e rispetto, deve essere la Pasqua.
Le Associazioni Animaliste, anche quest’anno, hanno cercato di raccogliere consensi per dire NO all’uccisione degli agnelli. Le parole dell’onorevole Brambilla, da sempre schierata radicalmente per la salvaguardia dei diritti degli animali, fanno scaturire innumerevoli polemiche: “La strage di agnelli e capretti a Pasqua è la più esecrabile, è un cocktail di crudeltà, arroganza e business”.
È stata lanciata inoltre una campagna di raccolta firme a sostegno del progetto di legge che vieti “l’abbattimento, la macellazione, nonché l’importazione e l’esportazione di animali che non abbiano raggiunto l’età adulta”.
Tra i passanti in piazza della Carità molti si fermano e cercano di capire cosa sta succedendo: “com’è possibile che tutti gli anni ci sono i soliti radicali che mettono scompiglio?”esplicitano alcuni; altri invece sono contenti che “fortunatamente c’è qualcuno che si batte per la categoria degli indifesi”.
Forse la domanda da porsi è: chi sta salvando chi? E cosa?
Non dimentichiamo che quello dell’agnello è un argomento di cui si parla fin dai tempi biblici, dove tutte le religioni e tutti i popoli hanno tradotto a proprio modo quest’usanza. È vero che la storia dell’alimentazione si è sempre segnata col sangue, ma è anche vero che la maggior parte delle volte “quel sangue” è stato (ed è ancora oggi) fondamentale per sfamare la gente, sia in termini nutrizionali sia per la sussistenza economica degli allevatori.
“Tutti questi problemi esistono da quando è arrivata la società del benessere e tutte le comodità sono a portata di mano”, dice una distinta signora che si guarda attorno con aria un po’ nostalgica.
Purtroppo le diverse tribù alimentari non hanno diviso solamente le persone in base a quello che mangiano, ma hanno scisso soprattutto i sentimenti. Si parla della “fiera degli assassini” solo perché alcuni mangiano la carne, oppure di “ipocrisia” solo perché altri non lo fanno.
L’esasperazione dei linguaggi del cibo si va modellando verso le dottrine modaiole che demonizzano tutto quello che è diverso; si assiste a un tira e molla tra compassione e menefreghismo, salvatori e sicari.
Alcuni ci dicono che il futuro dell’alimentazione saranno gli insetti, altri approvano che basterà “ripiantare” il mondo come se dovessimo per forza scegliere tra la cultura…o le colture.
In quest’epoca, la biodiversità e la ricerca di soluzioni alternative atte a salvare il pianeta sono di fondamentale importanza per far sì che le prossime generazioni abbiamo un futuro quanto meno accettabile. Rivalutare l’agricoltura non vuol dire solo piantare frutta e verdura ma significa anche rispettare tutto un sistema che ruota attorno alla terra.
Puntare un dito contro persone che sostengono la loro volontà di non essere carnivori, equivale ad abbandonare e sminuire i fondamenti di “libertà e rispetto dell’altro”; infondo però, un po’ di moderazione e di consumi consapevoli non hanno mai fatto male a nessuno.
Eleuteria C.