Into the Wood*ing, Identità Naturali di Identità Golose 2016

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Abituati a scegliere il cibo dagli scaffali di un supermercato o a ordinarlo dal menu di un ristorante, pensare di nutrirsi di erbe spontanee selvatiche può sembrare un primitivismo non necessario. Ma in ottica più lungimirante è la sintesi estrema delle aspirazioni ecologiste (queste necessarie) dell’ultimo periodo. Wooding è un laboratorio di ricerca su raccolta, conservazione e utilizzo del cibo selvatico per l’alimentazione umana. Fondato a Desio nel 2011 da Valeria Margherita Mosca per mettere in pratica e divulgare il foraging, l’attività di selezione delle erbe spontanee in ambienti differenti fra montagne, argini di fiumi, spiagge e boschi. A Identità golose 2016 nella sezione Identità naturali ha presentato il suo progetto e la sua cucina.
Esistono circa 15.000 vegetali spontanei ritenuti commestibili, il laboratorio vuole studiarne le proprietà e catalogarli. Essendo alimenti mai trattati dall’uomo, sono facilmente deperibili, occorre quindi mangiarli subito oppure conservarli nel migliore dei modi. Tecniche tradizionali come affumicatura, disidratazione e fermentazione si alternano ad altre sperimentali. Nel laboratorio si verifica la tossicità per essere sicuri che il cibo raccolto sia commestibile. La ricerca è continua, esistono erbe che si possono trovare per brevissimi periodi all’anno e i loro sapori possono cambiare in base al periodo di raccolta o al terreno dove sono cresciute. La sperimentazione segue anche in cucina, Valeria Mosca oltre ad essere un’antropologa appassionata di foraging è anche chef, e da Wooding con la sua squadra realizza degli interi menu sul cibo raccolto oltre che miscelati d’ispirazione naturale.
L’alimurgia è la parola introdotta da Giovanni Targioni-Tozzetti, il primo teorico del “ritorno al foraging” per indicare le soluzioni naturali in caso di urgenze alimentari, come nel caso di carestie. Oggi questa disciplina trova una contestualizzazione diversa, soprattutto per l’occidente non legato al bisogno effettivo ma più ideale. E se Christopher McCandless ( a cui Jon Krakauer ha dedicato il libro Into the Wild poi diventato anche film con Seen Penn ) segue il percorso inverso, cioè sceglie di recuperare il rapporto con la natura, di allontanarsi dalla società e di nutrirsi di erbe selvatiche, alla fine il lettore/osservatore attraverso la sua esperienza scopre come anche la conoscenza più approfondita contro le infinite soluzioni della natura è imperfetta. Avvicinarsi al mondo della biodiversità spontanea, dell’etnobotanica è auspicabile per un uomo sempre più lontano dalla terra, consapevole però che non si vive di sola natura, ma c’è bisogno di natura per vivere.

Francesca Naccarato