Perché il peperoncino?
È primavera inoltrata, sei dal vivaio per la classica scorta di erbe aromatiche, quando affianco al banco di basilico, timo e maggiorana scorgi piantine con strani nomi allegati: Chupetiño, Acrata, Pimenta da Neyde, Jamaican Scotch Bonnet, Trinidad Scorpion, il peperoncino in tutto il suo splendore. Non fai in tempo ad ammirarne la varietà che la mente è già all’altro mondo. Tra esotismo dei nomi e frutti dai colori più disparati ti ritrovi in casa una ventina di piante che disperatamente non sai dove mettere.
Inizia così una breve, ma intensa storia d’amore. Breve perché scoprirai che il piccante incontra i favori di solo una parte minoritaria dei componenti della casa e le scorte fino al 2025 ti indurranno a sospendere la produzione. Intensa, perché ti ritroverai a contemplare ossessivamente un disidratatore in funzione da 48 ore appositamente comprato.
Per la nostra storia incominciamo col dire che i peperoncini sono i frutti colorati della pianta del peperoncino, il cui nome latino è Capsicum. Sono “cugini” dei pomodori e melanzane, ma non sono parenti del pepe bianco o nero (specie Piper) nonostante ne richiami il sapore, piccante e speziato. Provengono dalle zone tropicali e temperate delle Americhe e la loro diffusione è testimoniata dalle 10.000 varietà disponibili per colore, forma, dimensione e piccantezza.
Perché i peperoncini sono così speciali?
La varietà ci fornisce un indizio sul dato che il peperoncino è l’ingrediente più diffuso e amato al mondo. Se pensiamo all’India, al Messico, alla Thailandia, alla nostra Calabria, comprendiamo come il peperoncino sia diventato una componente essenziale della cucina. Cucinati e usati nei modi più diversi, dai curry infuocati indiani alle salse quasi dolci dell’Estremo Oriente passando per l’affumicatura dei Jalapeño chipotles messicani, è il gusto intenso dei peperoncini ad esaltare le pietanze.
Perché il peperoncino nel mondo?
Ritrovamenti archeologici testimoniano l’uso dei peperoncini nella cucina messicana già 6000 anni fa. Con Cristoforo Colombo inizia il grande viaggio per il mondo: prima tappa dai Caraibi alla Spagna. In Europa furono coltivati essenzialmente come curiosità botanica prima di scoprirne il potenziale in cucina e in medicina.
Le navi spagnole di ritorno dalle Americhe facevano spesso scalo a Lisbona, ed è così che il testimone della diffusione può passare al Portogallo che introdusse il peperoncino in Asia. A partire da Goa, loro colonia indiana, il peperoncino giunge fino in Giappone passando dalla Cina e dall’Indonesia o risale le vie commerciali attraverso l’Asia centrale fino alla Turchia e oltre.
Perché gli uccelli si e i mammiferi no?
Oltre a Colombo, per la diffusione dei peperoncini dobbiamo ringraziare gli uccelli. Nella competizione come migliori diffusori di semi quest’ultimi battono i mammiferi 2 a zero. Il transito dei semi nell’intestino degli uccelli è infatti liscio e senza danni e i semini possono essere liberati efficacemente in volo.
Per i mammiferi non è così. Questi scomporrebbero nell’intestino non solo i frutti, ma anche i semi segnandone la fine. Ciò induce a credere che la capsaicina si sia evoluta per proteggere i peperoncini “bruciando” i mammiferi e inducendoli a stare alla larga.
Perché sono così piccanti?
Lacrime e naso che cola? Bocca in fiamme? Sudore sulla fronte e battito cardiaco accelerato? Prendetevela con il cervello e i ricettori del dolore nelle mucose, che si fanno ingannare immaginando chi sa quale pericolo dalla famigerata capsaicina, un alcaloide che in realtà non brucia né danneggia ma ha la capacità di attivare i vari “sistemi di allarme”.
Tra questi, il cervello scatena anche il rilascio di endorfine, antidolorifici naturali che ci fanno sentire rilassati e felici: al sudore, al singhiozzo, alle lacrime e all’eccitazione ecco che subentra una sensazione di grande euforia e infine di rilassatezza. Ecco spiegato perché la dipendenza dal cibo piccante è dietro l’angolo e perché l’assunzione regolare di peperoncino aumenta gradualmente la tolleranza alla piccantezza.
Perché una scala di piccantezza?
Per mettere ordine in un mondo dal piccante molto variabile a seconda della tipologia della pianta e della sensibilità individuale, dobbiamo ringraziare il signor Wilbur Scoville e la sua unità di misura – shu (Scoville heat unit) – ideata nel 1912. Questa unità di misura esprime il contenuto di principio attivo dei frutti e indicava in origine la diluizione necessaria per annullare la piccantezza di 1 ml di estratto di peperoncino.
Il valore varia da 0 per i peperoncini dolci ai 1.000-4.000 per il Jalapeno Pasilla o fino a 10.000 per la versione Chipotle (Messico). Tra 10.000-20.000 troviamo i più potenti frutti di Calabria, diavoletti piuttosto mansueti rispetto ai parametri – 30.000-50.000 – del peperoncino di Cayenne (Guiana francese). Dopo di ché possiamo salire decisamente ai 250.000-580.000 dell’Habanero Red Savina (USA), passare tra i 500.000 fino alla vetta del milione per il terribile Bhut Jolokia (India) per arrivare a oltre 1.000.000 per i temibili “Naga”, una intera categoria di peperoncini super-hot coltivati nel nord-est dell’India, e per le varietà ultra piccanti di Trinidad. In questo caso possiamo dire che si arriva a maneggiare peperoncini con guanti e occhiali protettivi.
Perché coltivarli?
Potremmo rispondere “perché no?” Se ci piacciono, consideriamo che i peperoncini sono piante davvero facilissime da coltivare, non necessitano di attrezzature particolari e sono poco soggette a parassiti e malattie. Occorre solo un po’ di pazienza, un po’ di tempo e un posto luminoso e caldo. Sarete ricompensati da piante dalle dimensioni e forme più varie, ma soprattutto da frutti dai colori più incredibili. Produzioni impressionanti da metà estate a fine autunno a fronte di pochissimi problemi. Quindi piante splendide e gratificanti, spesa minima per un sacchetto di semi per avere un ingrediente speciale lì a disposizione. Che dite, si può andare al vivaio?
Perché utilizzarli?
Non siete ancora convinti? E allora non considerate solo la piccantezza, perché i peperoncini fanno anche bene. Da secoli usati come farmaci in Sud America, i benefici effetti sulla salute sono evidenziati anche dalla medicina moderna. Con elevati livelli di calcio e vitamina C e ricchi di beta-carotene, i peperoncini possono contribuire a prevenire il diabete, curare l’artrite e accelerare il metabolismo. Non basta? Considerate allora che la collezione di farfalle non è più di moda oggi, con quella di peperoncini, invece, il successo è assicurato.