AUTOCTONI DI PUGLIA

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2014
©canva

PERCHE’ RECUPERARE LE ANTICHE VARIETA’?

– Per avere un germoplasma autentico per le prossime generazioni;

– Usi, costumi e tradizioni locali conservate ai posteri;

– L’intero settore agricolo è valorizzato attraverso marchi e prodotti;

– Aumento di conoscenza e domanda per più prodotti biodiversi;

– Utilizzare il germoplasma locale per ottenere nuove varietà;

– Sinergie con il comparto del turismo enogastronomico e tematico;

– Disponibilità di materiale di propagazione sanitariamente migliorato;

– Apertura di nuove opportunità di mercato e reddito.

La strategia per vincere la sfida della globalizzazione è senz’altro l’affermazione della “tipicità” come idea   regolativa un territorio che vuole rimanere “unico” nella sua identità.

Si tratta di un obiettivo prestigioso e di un percorso non facile, che passa attraverso la riscoperta del patrimonio autoctono che ha fatto la storia di un luogo e conduce alla valorizzazione “dell’esclusivo”.

Il concetto di “unico” è fatto di esperienze e tecniche consolidate nel tempo che non deve, però, sfociare in una concezione strettamente locale; il confronto ed il dialogo con le altre realtà vitivinicole va ricercato senza riserva. Questo perché sollecita i processi di miglioramento, arricchendo il corredo culturale e tecnico.

In generale possiamo dire che l’Italia ha, più degli altri Paesi, una grande ricchezza varietale di vigneti; la Puglia è certamente tra i territori che sono la culla di patrimoni ampelografici autoctoni tra i più complessi e variegati anche a livello internazionale.

Con l’apertura degli scambi commerciali, l’abolizione degli ingenti dazi doganali e l’apertura ad una nuova visione del settore agricolo, per un certo periodo si era persa di vista la difesa di molte varietà autoctone e minori. Questo ha fatto spazio ad un’ampia gamma di “nuove uve” provenienti dai mercati di tutto il mondo; si è registrato un incremento di vitigni quali: Cabernet Franc e Sauvignon, Merlot, Pinot Nero e Chardonnay.

La scelta di allevare vitigni internazionali veniva effettuata soprattutto per ragioni di marketing.

Oggi l’importanza maggiore è stata restituita alle viti che da sempre hanno radicato nel nostro territorio.   La lista dei vitigni tipici pugliesi spazia a dismisura e, tra le varietà di maggior prestigio ci sono: Aglianico, Bombino Nero e Bianco, Ottavianello, Moscatello Selvatico, Pedirosso, Susumaniello, Malvasia Nera di Brindisi, Malvasia Nera di Lecce, Notardomenico, Verdeca, Malvasia Bianca, ecc…

A questi si affiancano i veri e propri “simboli vinicoli” che sono diventati sinonimo di Puglia per eccellenza, portando il marchio di una regione “da bere” in tutto il mondo: Primitivo, Negroamaro ed Uva di Troia.

Il recupero delle antiche varietà, avviene anche ad opera degli innumerevoli progressi nel campo della biochimica e della genetica, che ci permettono di analizzare il DNA e tutto il patrimonio ereditario dei vitigni.

©canva

Fortunatamente per trainare le autentiche eccellenze vitivinicole, oggi si è ben deciso di allontanarsi dal concetto di standardizzazione, concorrendo anche con l’attenzione particolare verso un’agricoltura sempre migliore.aaaa

Sono nata a Mottola, in provincia di Taranto il 3 Gennaio 1990. Mi sono laureata in Beni Enogastronomici presso l’Università degli Studi di Bari nel luglio del 2015, discutendo la tesi in Viticoltura e presentando un lavoro sui vitigni autoctoni della Puglia e nuove regolamentazioni vitivinicole. Sono socia ONAV (Organizzazione Nazionale Assaggiatori Vino). Ho approfondito, attraverso seminari e progetti, anche l’aspetto microbiologico che riguarda l’igiene e la sicurezza degli alimenti. Ho sempre lavorato nel mondo della ristorazione (ristorante, bar, albergo), continuamente a contatto con il buon cibo ed il buon bere. Ho scelto di partecipare al Master in Comunicazione Multimediale dell’Enogastronomia per continuare ad arricchire la mia formazione su tutto quello che concerne l’enogastronomia e la promozione del territorio.