Classe 1967, Mariella Caputo è sommelier e titolare con il fratello Alfonso della Taverna del Capitano, ristorante stellato a Marina del Cantone / Massa Lubrense (NA). Dopo il liceo scientifico si è iscritta alla facoltà di Economia e Commercio, ha studiato pianoforte, come lei stessa ripete più volte “quasi odiavo il ristorante perché era il luogo che teneva lontano i miei genitori”. Ma il richiamo “dell’alta gastronomia e dell’eccellenza enologica finirono per conquistarla”. Inizia frequentando corsi di sommelier fino a diventare primo sommelier della Campania e finalista al concorso Primo sommelier d’Italia nel 1994. Da allora è un continuo evolversi. Oggi è considerata la Regina della sala.
Ambasciatrice del Gusto
Mariella è socia dell’associazione “Ambasciatori del gusto”, associazione senza scopo di lucro che intende rappresentare in ogni suo aspetto e declinazione l’eccellenza della ristorazione e della pasticceria italiana. Ne fanno parte cuochi, ristoratori, pizzaioli, sommelier, personale di sala, pasticcieri e gelatieri. Uno dei progetti fondamentali di questa associazione, e su cui Mariella Caputo punta, è la formazione. Come lei stessa ammette in un’intervista, “La scuola ti può dare la tecnica ma non basta, si sente il bisogno di acquisire professionalità”.
Nella seconda giornata di Identità golose 2019, nel panel Futuro e Formazione, Mariella Caputo ci ha raccontato la sua esperienza.
“Bisogna innamorarsi, anzi bisogna far innamorare. Si deve lavorare in rete, lavorare insieme e creare uno staff. Se io oggi sono qui devo ringraziare i miei collaboratori, perché loro sono al ristorante a lavorare. Per far funzionare un ristorante è importante la collaborazione tra le parti, dalla cucina alla sala. Chi va al ristorante, soprattutto di un certo livello, ci va per fare un’ “esperienza”, non semplicemente per mangiare. E quindi diventa importante anche l’accoglienza oltre al buon cibo. La prima e l’ultima persona che vedi in un ristorante è il cameriere. Avere un cameriere che sa consigliarti cosa mangiare, un sommelier che non solamente sa abbinare i vini ai piatti che hai scelto ma capisce cosa ti piace e ti aiuta nella scelta, questo fa la differenza. Ma per acquisire questa professionalità ci vuole formazione ed esperienza.”
Racconta poi una delle esperienze vissute in sala:
“Una sera al tavolo si è seduta una coppia, lei giovane e bellissima, lui un po’ più attempato. Io mi sono avvicinata, gli ho chiesto che vino preferisse, lui ha scelto un vino di un’azienda importante ma un vino di base perché voleva restare leggero.
Io prendo la bottiglia, gliela presento, stappo e il tappo è di silicone. Verso il vino, il signore si gira verso di me ed esclama:
Sa di tappo!
Chi mi conosce sa che non ho un carattere facile, sorrido ma non troppo, la mia professionalità in quel momento ha vacillato. Non sapevo cosa fare. Ero portata a dire: ma guarda che il tappo è di silicone. Il maître del ristorante mi ha vista in difficoltà e mi ha guardata come per chiedermi cosa fosse successo. Mi ha quindi consigliato, in disparte, di tornare indietro, prendere un’altra bottiglia e consegnarla al cliente.
Io l’ho fatto.
Se avessi detto al cliente, invece, che il tappo era in silicone lui avrebbe fatto una figuraccia con la persona che lo accompagnava ed io avrei perso il cliente. Avrebbe giudicato il vino cattivo, il ristorante cattivo e la serata saltata. Non sarebbe più tornato. Invece torna sempre, non sceglie più il vino e chiede a me”.