Le aspirazioni non possono che essere “esplosive” per chi fa di un territorio vulcanico la propria cifra identitaria. Lo ha dimostrato lo chef-patron di “Taverna Vesuviana”, Alfonso Crisci, il quale ha recentemente deciso di partire alla volta di Nola con gli obiettivi di innalzare gli standard di accoglienza e di ampliare le prospettive di crescita. La città dei gigli è stata infatti scelta per coniugare la necessità di una realtà urbana con maggiore ricambio nell’utenza al bisogno di rifornirsi in maniera diretta dalla fertile agricoltura del Vesuvio. Dal pomodoro del piennolo all’albicocca pellecchiella, passando per le nocciole, i vitigni e le tante verdure tipiche, l’area che si estende ai piedi del vulcano campano ha nei fatti un valore inestimabile per chiunque ricerchi nella propria cucina pienezza dei sapori, alti valori nutrizionali ma anche e soprattutto identità di un luogo storicamente di grande interesse.
«Per il tipo di ristorazione a cui sono abituato, quella fatta di freschezza degli ingredienti e stagionalità delle proposte in carta, il contatto in prima persona con la campagna, i contadini, i prodotti della terra è fondamentale. Una città come Nola lo permette, con la sua vicinanza all’area agricola del parco vesuviano – espone con enfasi Alfonso Crisci, il quale sembra non poter proprio fare a meno di scegliersi le materie prime da sé. Basti pensare che sono ben tre le volte a settimana in cui, a fine serata, si reca personalmente al mercato ittico di Volla in compagnia dei membri della brigata. «Dopo il servizio, io e i ragazzi mangiamo un panino a Pomigliano, e poi intorno alle 2 tutti al mercato del pesce. Ormai è diventato un vero e proprio rito, e lo viviamo con entusiasmo, come una specie di gioco. È molto divertente, c’è perfino gente che chiede di accodarsi ogni qual volta ci andiamo».
In effetti, tralasciando la severità, l’ordine e la disciplina richiesti dal suo ruolo, ciò che realmente contraddistingue Alfonso è la genuinità d’animo, l’umanità e l’indole ludica. A differenza di tanti colleghi, ad esempio, lui non ama definirsi chef: «Quello è un termine francese. Io sono un cuoco». E di quelli che si atteggiano a star dandosi delle arie pensa semplicemente che non sappiano cosa sia la gavetta. Nel parlare della sua quotidianità, rivela che nel poco tempo libero ama starsene a guardare i cartoni alla tv insieme ai suoi figli, Lucia di 8 anni e Giuseppe di 4. Ed è talmente affezionato ai due piccoli da avergli dedicato i nomi dei menù degustazione: Lulù quello da 6 portate, Josè quello da 8 (pare addirittura che i bambini al rincasare del papà chiedano curiosi «Chi di noi ha vinto stasera?»). Tra l’altro, in un’era di comunicazione digital e social, lui è uno dei pochissimi che ancora confida nel potere del passaparola. Decisamente il medium più umano che ci sia.
La voluta distanza dal mondo mediatico non sta però a significare arretratezza o inadeguatezza. Anzi. La modernità del format di “Taverna Vesuviana” la si nota in primo luogo dall’approccio alternativo alla tradizione gastronomica campana, con cui Alfonso affronta anche le ricette più antiche del repertorio al fine di riproporle in modo più gustoso e salutare. Le tecniche innovative abbondano: si parte dall’oliocottura, con cui riesce a cuocere un gambero sotto i 50°C preservandone il gusto e gli aspetti nutrizionali, fino ad arrivare all’uso di azoto liquido per congelare la mozzarella di bufala da grattugiare a mo’ di parmigiano sulle paste.
Come se non bastasse, ad arricchire l’atmosfera di freschezza del locale c’è anche la sala con tutto il suo giovane staff: il bartender Pasquale Carotenuto, che dà il benvenuto agli ospiti del ristorante offrendo loro cocktail a base di estratti freschi di frutte e verdure di stagione; il preparato direttore di sala Gianluigi Ercole, il quale non manca mai di spiegare dettagliatamente i piatti, elencandone gli ingredienti e chiarendone la tecnica di esecuzione; la sommelier Carmela Simonetti (nonché moglie di Alfonso), che aiuta nella scelta del vino più adatto, potendo contare su una carta delle bevande ricca e molto curata. Insomma, tutto qui fa presagire che l’obiettivo “stella” sia davvero molto, molto vicino.