I clienti ti giudicano più per ciò che hanno mangiato che per le chiacchere fatte in sala. È così che lo chef Pasquale Palamaro ci conquista subito, ben saldo al ruolo del cuoco in cucina.
Non è la notte di San Lorenzo, ma il 10 novembre 2013 quando inaspettatamente cade una stella Michelin sul ristorante Indaco, superlativo dell’Hotel Regina Isabella di Ischia, a Lacco Ameno. Ma attenzione, qui la cucina è più uno stile di vita che una professione: pare che Pasquale abbia l’abitudine di fare un figlio per ogni stella raggiunta, dei veri figli delle stelle. Il paragone è proprio con la famiglia: un amore incondizionato verso una creazione, la soddisfazione di veder crescere un piatto così come la propria prole.
A distinguerlo è il suo essere così ancorato alla tradizione ischitana ma con uno sguardo costante sul mondo. Mediterraneo chiama mondo è, infatti, il tema della sua cucina per il 2015: un mare insuperabile è il nostrum, un pescato d’eccezione. Ma un mediterraneo che si contamina, intrecciandosi con ingredienti particolari ed elementi talvolta azzardati che danno vita a piatti anche estremi, come il pesce con foie gras o il tataki di tonno con bucce di melanzane tostate, germogli, senape e ricotta scorza nera. La cucina è vita e se non ci sono input a creare e ricrearsi diventa un posto poco vivibile. Così giunge trionfante la parmigiana, che arriva emblematica all’interno di una melanzana. E poi, per chi dimentica che un’isola non è solo mare ma anche terra, simbolo di questo legame dell’ischitano con il territorio è il coniglio di fossa. Perno della socialità ischitana, il coniglio è simbolo, momento, condivisione, anticamente solo in occasione dell’inaugurazione di una nuova casa. Da Indaco ne arriva solo un quinto quarto con friarelli, emulsione di canocchie e limone salato. E ancora, il rocco cocco: una riproduzione del cocco in falsi vesti, duro all’apparenza ma in realtà morbido al suo interno, con pezzi di cocco sbriciolato e pisto, un mix di spezie a base di cannella, chiodi di garofano, coriandolo, anice stellato e noce moscata.
In questa valle dei templi dove le stanze hanno piastrelle ancestrali dai colori più gloriosi e dove la luce entra quasi prepotente, Pasquale ci lascia raccogliendo del finocchio di mare, medium tra la salsedine marina e il piatto, erba selvatica un po’ amarognola, brulicante di iodio e vitamina C.
Sotto un cielo blu indaco una fantasia galoppante come la sua non può che galoppare verso la luce di una seconda stella, anche se per Pasquale non è un’ossessione: l’amore che provo verso il mio lavoro non cambierà. Ma per noi seconda stella a destra, questo è il cammino.