Apparentemente nulla. Eppure secondo la Cinegustologia (http://www.cinegustologia.it/cinegustologia.html), nova scienza di Marco Lombardi, potrebbero crearsi alcune associazioni. Andando infatti sul succitato sito leggiamo che “partendo dalla considerazione che spesso, come conseguenza di quest’istintualità, descriviamo un film come duro, acido, morbido, amaro, dolce, ruvido e profumato, proprio come se fosse qualcosa da bere o da mangiare, ecco che l’associare liberamente un film a un piatto o a un vino, e viceversa, può costituire un modo più autentico per raccontare agli altri,e anche a noi stessi, le emozioni indotte da quel tipo d’opera d’arte”.
E dunque si è pensato di creare questo legame tra una notissima specialità del giovane pizzaiolo Ciro Oliva ad un film meno noto ma sicuramente d’impatto come Boris.
Ed ecco il risultato:
Sembrano pochi (se non elementari) i colpi di genio che potrebbero caratterizzare la ristorazione “popolare” partenopea.
Arroccati tra i pilastri della tradizione secolare, le ricette che le caratterizzano non sono molto lontani da dogmi di fede, in quell’indissolubile nesso tra sacro e profano che è tanto un vanto quanto un limite per chiunque osi anche solo pensare di avvicinarsi all’argomento.
E’ per questo che l’enfant prodige della cantera pizzaiola napoletana Ciro Oliva (della pizzeria Concettina ai Tre Santi) è da apprezzare: c’entra con chirurgica precisione il punto di incontro tra questi due elementi, e lo fa in special modo con la sua versione della Frittatina napoletana.
A differenza della versione standard del piatto (con bucatini, besciamella, piselli, provola e carne macinata) la variante è quanto mai tradizionale: cipolla ramata di Montoro, carne di manzo, bucatini, Provola affumicata e pepe.
La croccantezza dell’involucro invita all’assaggio preparando il palato e la mente a tutt’altri sapori. Ma la smentita è quanto mai decisa, con il giusto contrasto agrodolce tra la cipolla ramata e l’affumicatura della provola. Una croccante e invitante novità dunque che nasconde una tradizione quanto mai torbida e anche abbastanza “scontrosa” per chi non è avvezzo a questo tipo di sapori. Quindi una innovazione all’interno di un ampio contesto solo apparentemente più quotidiano.
E’ dunque immediato il paragone che mi sovviene con il film “Boris” del 2011. Conclusione filmica di una delle migliori serie tv italiane probabilmente della storia, il film sposta l’occhio di bue dalle nevrosi, sporcizie e psicosi del background delle fiction all’ambiente cinematografico che non si dimostra da meno. Addentare la pellicola è facile, quasi immediato: vuoi per la bonarietà di uno straordinario Pannofino, vuoi per gag, battute spinte, situazioni tragicomiche è semplicissimo assaporare una scorza croccante e apparentemente tradizionale di un cinema leggero.
Ma poco dopo il morso arriva la sorpresa di impatto, dai risvolti amari: nel film si ride ma si capisce subito che è una risata dolceamara, di cui bisogna conoscere gli assets narrativi e storici del nostro paese per poterla apprezzare appieno. Una satira consueta ma piena di risvolti innovativi, che parla di sé stessa e del dietro le quinte di un film (in un gioco di metalinguaggio arzigogolato) ma senza dolci fronzoli o revisioni abituali, bensì con una forte decisione e con una amara lacrima di un nostalgico passato del bel cinema italiano che fu.
Massimiliano Guadagno