Come Uma Thurman in Pulp Fiction, come John Travolta nel medesimo film che in un meraviglioso ballo sulle note di Chuck Berry citano gli Aristogatti mentre danzano. Questi sono stati Massimo Bottura ed Alain Ducasse, con il primo nelle vesti della bella Mia Wallace, ed il secondo inizialmente reticente nelle vesti di Vincent Vega.
Passo indietro, cos’è successo?
Il day two di Identità Golose 2019 ha avuto l’acme ad ora di pranzo, con l’omaggio ad Alain Ducasse (primo chef straniero a ricevere questa onorificenza) da parte di quattro dei suoi più noti allievi: Davide Oldani, Andrea Berton, Carlo Cracco e proprio Massimo Bottura.
I primi tre sono stati serafici, evangelici con il solo Oldani che ha azzardato una seduta speciale per Ducasse, prima di arrivare a Bottura.
Il piatto è stato annunciato immediatamente: ravioli con ripieno di porri, tartufo nero e foie gras. In sala si elevano i cellulari, vogliono riprendere questa scena, del Genio a lavoro ma dopo pochi secondi ci si dimentica del piatto stesso, preparato dal fido Taka Kondo.
Bottura si prende il palco e comincia a scherzare con Ducasse che fino a quel momento aveva parlato solamente in francese con una traduttrice. Bottura no, gli parla in italiano perché Ducasse lo capisce e lo parla, ci scherza e il maestro ride, seduto inerme, perché probabilmente sa cosa lo aspetta.
Lo show prosegue, con una storia, quella di una cena per degli “amici” di Ducasse a Parigi, in cui Massimo Bottura avrebbe cucinato per i 60 commensali.
La brigata del cuoco dell’Osteria Francescana è quasi solamente italiana e tra mille difficoltà tira fuori dei piatti, su tutti la pasta perché da buon italiano, ci tiene alla tradizione. Ducasse se la gode, perché anche qui, dopo l’aceto, ci mette il suo da buon francese e scherza sulla semplicità della cottura del prodotto ma Bottura risponde, a suon di aneddoti e curiosità. Ducasse, come il Signor Burns, è paralizzato dalla “rabbia e dal ritmo tribale” mentre l’Homer Bottura ci scherza su.
Gli amici di Ducasse, scopriremo essere 45 giornalisti “snob parigini, il restante erano cuochi ed allora io non ci ho visto più, dovevo fare il raviolo. Per me il raviolo è un contenitore di idee. Dovevamo presentarlo alla sala ed allora arrivo, tutto serio e dico il nome del piatto: il sogno di un cuoco francese di fare la pasta come un italiano” scherza Massimo Bottura. Ducasse ride, poi Bottura aggiunge: “Alain lo assaggia, si alza in piedi nel silenzio più totale e comincia ad applaudire, poi lo fanno tutti gli altri. E’ stata una delle esperienze più segnanti fatte con la mia squadra”.
Così conosciamo di nuovo il piatto, perché quello è l’omaggio di Bottura: “Nel mio raviolo inserisco il meglio della cucina francese, porri, foie gras e tartufo nero, mentre all’esterno c’è la perfezione della pasta fatta come solo un italiano sa fare”. Il piatto viene finito con una salsa dolce acidula a base di ristretto di Riesling.
Standing ovation. Quel piatto era lì, cucinato davanti agli occhi di centinaia di persone, perfino annunciato all’inizio ma Bottura ha sintetizzato la differenza intrinseca tra il “dire” ed il “Comunicare”, che è la stessa differenza tra il “nutrirsi” ed il “mangiare”.
Non è finita qui, mentre l’auditorium di Identità Golose 2019 è in tripudio, lo chef modenese prosegue il racconto: “Ducasse mi ha trasmesso la disciplina ancor più della scuola spagnola di El Bulli con Ferran Adrià– ha concluso Massimo Bottura -. Per me la folgorazione è stata la sua ossessione per la qualità. Ricordo ancora che, quando uscii dal Louis XV, Ducasse mi stracciò tutti gli appunti e mi disse: Hai imparato le tecniche, ora devi camminare con le tue gambe. Al momento non capii, ma oggi sono ancora qui a ringraziarlo”.
Abbracci, lacrime, sipario.